Oggi la Chiesa cattolica, per volere del suo capo, si ferma. E resterà «in ginocchio» per quattro giorni. Metterà in gioco, consapevole dell’attenzione mediatica planetaria su piazza San Pietro, gran parte della sua credibilità. Alla presenza di papa Francesco, in una prima volta assoluta, 190 leader ecclesiastici da tutto il mondo - a cominciare da 114 presidenti delle conferenze episcopali, insieme con cardinali, prefetti, superiore e superiori religiosi - si riuniscono per riflettere, pregare, discutere e poi agire contro la piaga più grossa che affligge il clero: pedofilia e abusi. La linea indicata dal Pontefice è inequivocabile: fermezza assoluta. Con alcune parole chiave: consapevolezza, concretezza, responsabilità, trasparenza. Bergoglio vuole innanzitutto che i presuli prendano coscienza della sofferenza delle vittime. E poi, blindare ogni prelato alla propria responsabilità di fronte a voci o denunce di comportamenti criminali o inappropriati. L’obiettivo è che ogni vescovo torni a casa avendo chiaro che cosa bisogna fare (e non fare) di fronte a questi casi: quali siano le procedure, i compiti che ai diversi livelli devono essere seguiti.

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La corresponsabilità

Ecco un altro tema decisivo: l’accountability, il «rendere conto». Si dovrà trovare un sistema di «corresponsabilità» fra chiese locali e Santa Sede. In teoria infatti i vescovi rispondono - rendono conto - al Papa, ma al lato pratico il Pontefice non può approfondire tutto in tempi ragionevoli, perciò bisognerà capire come strutturare i vari gradi di intervento e decisione. E certamente, anche il vescovo dovrà rendere conto delle proprie azioni, o non azioni. Tutto questo insieme di scopi suppone «la trasparenza su compiti, procedure e modi», riconoscono dalla Santa Sede.

Trasparenza che troppo spesso è mancata. Anche per questo Oltretevere si avverte particolare pressione, con la Sala stampa piena di giornalisti quasi come nei giorni della rinuncia di Benedetto XVI, e con continue manifestazioni di associazioni di vittime. Ieri ha protestato a ridosso del Colonnato l’organizzazione Ending clergy abuse, perché non è stata ricevuta insieme ad altri sopravvissuti dal comitato organizzatore del summit. Ma anche chi è stato ricevuto non è soddisfatto, e racconta di un clima teso con l’entourage vaticano: «La prima cosa che abbiamo chiarito è che siamo delusi dall’assenza del Papa».

E il fiato sul collo lo mettono soprattutto dagli Stati Uniti, paese segnato da vari scandali, come quelli emersi dal «rapporto Pennsylvania» o dall’inchiesta del The Boston Globe, “Il caso Spotlight”. Nei giorni scorsi poi la diocesi di Brooklyn ha reso pubblici i nomi di oltre cento preti credibilmente accusati di molestie sessuali su minori. E prima era stata la diocesi del New Jersey a rendere noti circa 200 nomi. Inoltre, una accusa pesante è arrivata dal Washington Post, in cui si legge che «la Chiesa di papa Francesco» avrebbe coperto presunti abusi su bambini nell’istituto religioso per sordomuti Antonio Provolo, con sedi in Italia e Argentina. Sia figure ecclesiastiche, sia lo stesso Papa, sarebbero stati avvertiti sul gruppo che commetteva abusi. Ma nessuno avrebbe mai preso provvedimenti. Peraltro, fonti della Santa Sede consultate da La Stampa affermano che non è vero che Francesco abbia ignorato le richieste delle vittime, né da Papa, né da arcivescovo di Buenos Aires. I fatti inoltre sono avvenuti in un’altra diocesi argentina, Mendoza, lontana centinaia di chilometri. In un caso Francesco non sapeva, in un altro la lettera che gli venne consegnata è stata inoltrata alla Cei e ha avuto un seguito. Nel 2017 l’istituto è stato commissariato e due preti argentini coinvolti sono stati processati sia civilmente che canonicamente, e arrestati.

L’opposizione

E poi, gli Usa sono anche il Paese in cui è forte la rete politico mediatica in opposizione a Francesco. Il circuito conservatore-tradizionalista si è fatto sentire molto in questi giorni, definendo la Chiesa alla deriva, e riaccendendo la polemica sull’omosessualità, vista come la vera piaga da sradicare. Rimbalza così il dubbio per cui omosessualità e pedofilia sarebbero comportamenti devianti conseguenza della stessa radice. Su questo, ha replicato il cardinale Blaise Cupich, scelto dal Papa come guida del comitato organizzatore: molti abusi sui minori coinvolgono bambini maschi, è importante riconoscerlo - ha detto - ma è altrettanto importante slegare le due realtà, perché l’omosessualità non è una causa della pedofilia, «i due fenomeni non sono collegati». Questi giorni potranno diventare l’avvenimento simbolo del pontificato. E lasceranno il segno nella storia della Chiesa.

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