Norme per regolare i trasferimenti di sacerdoti da una diocesi all’altra o le migrazioni di aspiranti sacerdoti da un seminario all’altro; disposizioni per facilitare la partecipazione di laici in investigazioni e processi canonici; una «valutazione psicologica» per i candidati a sacerdozio e vita consacrata. E poi, ancora, indicazioni su: protocolli specifici per le accuse ai vescovi, età minima per il matrimonio, percorsi di cura nelle diocesi, rapporto con i media e via dicendo.

Papa Francesco chiedeva «concretezza», questa mattina, nel suo discorso introduttivo del grande summit sugli abusi, al via oggi in Vaticano fino a domenica 24 febbraio. E quindi ha fatto distribuire ai 190 partecipanti al vertice un elenco di ventuno «punti» - o, meglio, «spunti» - di lavoro per orientare e rendere concrete le discussioni di questi tre giorni. Una “road map” per arrivare all’obiettivo di formulare strategie per il futuro applicabili nelle Chiese dei cinque continenti.

«Linee guida per aiutare le nostre riflessioni», così le aveva presentate il Pontefice questa mattina. Esse sono il frutto delle richieste e istanze inviate dalle diverse Commissioni e dalle Conferenze episcopali di tutto il mondo ai membri del comitato organizzatore del summit. Si nota infatti, leggendo i vari punti, come alcuni temi interessino problematiche e sensibilità specifiche di alcuni Paesi e culture - ad esempio l’età minima del matrimonio elevata a 16 anni per contrastare il fenomeno delle “spose-bambine” -, oppure ricalchino proposte avanzate già nei mesi scorsi da alcuni episcopati. 

Il ventunesimo punto, ad esempio, ricorda il suggerimento dei vescovi statunitensi di istituire un panel di laici e consacrati, esperti in materia, al quale rivolgersi le vittime di eventuali abusi. «È necessario - si legge nel testo distribuito dalla Sala Stampa vaticana - che si istituisca, laddove non si è ancora fatto, un organismo di facile accesso per le vittime che vogliono denunciare eventuali delitti. Un organismo che goda di autonomia anche rispetto all’Autorità ecclesiastica locale e composto da persone esperte (chierici e laici), che sappiano esprimere l’attenzione della Chiesa verso quanti, in tale campo, si ritengono offesi da atteggiamenti impropri da parte di chierici». 

Altri punti rilevanti riguardano il trasferimento di preti, seminaristi e aspiranti religiosi rispettivamente in altre diocesi, seminari o congregazioni. Un modo per scardinare quell’antico meccanismo di «cover up» di chierici accusati credibilmente di abusi. «Indicare le norme che regolano il trasferimento di un seminarista o di un aspirante religioso da un seminario a un altro; come pure di un sacerdote o religioso da una diocesi o congregazione ad un’altra», recita il testo fatto distribuire dal Papa. 

A proposito di seminaristi si chiede di «introdurre programmi di formazione iniziale e permanente per consolidare la loro maturità umana, spirituale e psicosessuale, come pure le loro relazioni interpersonali e i loro comportamenti». E anche di effettuare su candidati a sacerdozio e vita consacrata «una valutazione psicologica da parte di esperti qualificati e accreditati». 

Bisogna poi «formulare codici di condotta obbligatori per tutti i chierici, i religiosi, il personale di servizio e i volontari, per delineare limiti appropriati nelle relazioni personali», afferma il diciannovesimo punto. E «specificare i requisiti necessari per il personale e i volontari, e verificare la loro fedina penale». 

In un altro punto dell’elenco si parla di «stabilire disposizioni che regolino e facilitino la partecipazione degli esperti laici nelle investigazioni e nei diversi gradi di giudizio dei processi canonici concernenti abuso sessuale e/o di potere». Una indicazione espressa dall’arcivescovo Charles Scicluna, membro del comitato organizzativo, nella sua relazione di questa mattina. 

Altri spunti di riflessione sono quelli di «elaborare un vademecum pratico nel quale siano specificati i passi da compiere a cura dell’autorità in tutti i momenti-chiave dell’emergenza di un caso»; di «dotarsi di strutture di ascolto, composte da persone preparate ed esperte, dove si esercita un primo discernimento dei casi delle presunte vittime»; di «attuare procedure condivise per l’esame delle accuse, la protezione delle vittime e il diritto di difesa degli accusati» e «stabilire i criteri per il coinvolgimento diretto del vescovo o del superiore religioso» e «protocolli specifici per la gestione delle accuse» contro i presuli.

Tra i punti viene ribadita anche l’indicazione ad «informare le autorità civili e le autorità ecclesiastiche superiori nel rispetto delle norme civili e canoniche». Come pure quella di «fare una revisione periodica dei protocolli e delle norme per salvaguardare un ambiente protetto per i minori in tutte le strutture pastorali; protocolli e norme basati sui principi della giustizia e della carità». 

Alla base di tutto c’è la volontà di «accompagnare, proteggere e curare le vittime, offrendo loro tutto il necessario sostegno per una completa guarigione», come sempre richiesto dal Papa. Sulla stessa scia si chiede di «preparare percorsi di cura pastorale delle comunità ferite dagli abusi e itinerari penitenziali e di recupero per i colpevoli». E, di pari passo, di «incrementare la consapevolezza delle cause e delle conseguenze degli abusi sessuali mediante iniziative di formazione permanente di vescovi, superiori religiosi, chierici e operatori pastorali».

In virtù delle parole espresse dal Papa nel discorso alla Curia romana, quando ringraziava i giornalisti per aver fatto emergere con il loro lavoro d’inchiesta storie di abusi altrimenti sommerse, si domanda di «consolidare la collaborazione con tutte le persone di buona volontà e con gli operatori dei mass media per poter riconoscere e discernere i casi veri da quelli falsi, le accuse dalle calunnie, evitando rancori e insinuazioni, dicerie e diffamazioni».

Un cenno anche al «Diritto alla difesa»: «Occorre salvaguardare anche il principio di diritto naturale e canonico della presunzione di innocenza fino alla prova della colpevolezza dell’accusato - si legge nel quattordicesimo punto -. Perciò bisogna evitare che vengano pubblicati gli elenchi degli accusati, anche da parte delle diocesi, prima dell’indagine previa e della definitiva condanna». 

Infine si chiede di «osservare il tradizionale principio della proporzionalità della pena rispetto al delitto commesso» e, accogliendo una delle richieste invocate dalle associazioni di vittime, «deliberare che i sacerdoti e i vescovi colpevoli di abuso sessuale su minori abbandonino il ministero pubblico».

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