«Concretezza» è stata più volte annunciata dal Papa come parola-chiave del summit sugli abusi. E ieri, giorno di inizio dell’incontro mondiale, Francesco ha blindato la concretezza dei lavori, evitando che, come alcuni temevano, ci si potesse perdere nella vastità del tema e delle sfaccettature. Bergoglio ha fatto distribuire, a sorpresa, ai 190 vescovi e cardinali partecipanti al vertice un elenco di 21 «punti di riflessione» per orientare le discussioni di questi tre giorni.

Spiccano la delicata questione della collaborazione con le autorità civili, lo «spretamento» dei colpevoli, i trasferimenti-copertura di preti accusati, una «valutazione psicologica» per i candidati al sacerdozio. E anche la richiesta di uno stop alle «spose-bambine». In pratica è il piano del Papa, una road map per giungere al grande obiettivo: avviare e applicare strategie e iniziative per debellare la piaga della pedofilia nella Chiesa. In tutti e cinque i continenti.

La concretezza parte dalla road map

La gente «ci guarda e attende da noi non semplici e scontate condanne, ma misure concrete ed efficaci», ha invocato ieri mattina Bergoglio all’inizio della conferenza. «Ci vuole concretezza», ha affermato alzando gli occhi dal testo scritto e guardando dritto in faccia i prelati davanti a lui.

Ed è per primo Francesco ad essere concreto, fornendo queste linee-guida, frutto e sintesi delle riflessioni inviate dalle conferenze episcopali, degli argomenti da affrontare in questi giorni, anche se questo elenco «non toglie la creatività che ci deve essere in questo incontro». È il passo in avanti verso un’azione più globale e coordinata.

Alcuni temi interessano problematiche e sensibilità specifiche di alcuni Paesi e culture, per esempio l’età minima del matrimonio da elevare a 16 anni. O il punto 21, che riprende un suggerimento dei vescovi statunitensi: quello di istituire un panel di laici e consacrati, esperti in materia, al quale le vittime di abusi possono rivolgersi.

Il Pontefice parte dal bisogno di un «vademecum pratico sui passi da compiere» da parte dell’autorità ecclesiastica nell’emergenza di un caso. Scrive che bisogna poi definire i termini dell’informazione alle autorità civili e alle «autorità ecclesiastiche superiori nel rispetto delle norme civili e canoniche».

Lo spretamento diventa una sanzione

Questione dimissione dallo stato clericale («spretamento»): occorre che si «osservi il tradizionale principio della proporzionalità della pena rispetto al delitto commesso» e «deliberare che i sacerdoti e i vescovi colpevoli di abuso sessuale su minori abbandonino il ministero pubblico».

Partire dai seminari

Francesco ribadisce la necessità di «strutture di ascolto», composte da persone preparate ed esperte, «dove si esercita un primo discernimento dei casi delle presunte vittime». Bisognerà stabilire i criteri per il coinvolgimento «diretto del vescovo o del superiore religioso», e serviranno protocolli specifici «per la gestione delle accuse» contro esponenti del clero. E per l’esame delle accuse, le procedure dovranno essere «condivise», così come per la protezione delle vittime e il diritto di difesa degli accusati.

Sarà utile anche facilitare la partecipazione «degli esperti laici nelle investigazioni e nei diversi gradi di giudizio dei processi canonici». C’è da migliorare il rapporto con i media, «per poter riconoscere e discernere i casi veri da quelli falsi, le accuse dalle calunnie, evitando dicerie e diffamazioni».

Nella sfida della prevenzione, urgono norme «riguardanti i seminaristi e i candidati al sacerdozio o alla vita religiosa», con «programmi di formazione iniziale e permanente per consolidare la loro maturità umana, spirituale e psicosessuale», come pure «le loro relazioni interpersonali e i loro comportamenti». Di più: si potrà e dovrà «effettuare una valutazione psicologica».

Altra dinamica che spesso ha creato scandali e che va scardinata: il trasferimento di preti accusati di molestie da una diocesi all’altra, metodo troppo spesso usato per coprire o insabbiare.

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