«Voi siete i medici dell’anima, ma in alcuni casi vi siete trasformati in assassini dell’anima». I capi della Chiesa riuniti nel summit anti-pedofilia hanno ricevuto, tra silenzio e lacrime, anche questa pesantissima e disperata accusa. È di una persona abusata da un prete e poi liquidata come «bugiarda». 
Papa Francesco aveva invitato i leader religiosi ad ascoltare «il grido dei piccoli che chiedono giustizia», per «curare le gravi ferite dello scandalo pedofilia». E ieri, cardinali e vescovi hanno incassato questi «schiaffi morali», senza riuscire a trattenere la commozione di fronte alle testimonianze - proiettate in video - di cinque vittime, uomini e donne, abusati da sacerdoti.


Il primo, un cileno, vuole soprattutto parlare di sé «in quanto cattolico. Una volta che ho preso coraggio la prima cosa che ho pensato è stata: vado a raccontare tutto a Santa Madre Chiesa, dove mi ascolteranno». Invece, «mi hanno trattato da bugiardo». 


C’è poi un’africana, che racconta: «Dall’età di 15 anni ho avuto relazioni sessuali con un prete. Questo è durato 13 anni. Sono stata incinta tre volte e mi ha fatto abortire tre volte, perché non voleva usare metodi contraccettivi». Aveva paura «di lui e ogni volta che mi rifiutavo di avere rapporti, mi picchiava». 


Il terzo, un sacerdote est-europeo, svela che «da adolescente andavo dal prete perché mi insegnasse come leggere la Scrittura durante la Messa; e lui toccava le mie parti intime. Ho anche passato una notte nel suo letto». 


Uno statunitense prova «ancora dolore per la disfunzione, il tradimento, la manipolazione che quell’uomo malvagio, che all’epoca era il nostro prete, ha inflitto alla mia famiglia e a me». Un asiatico è stato «molestato sessualmente per tanto tempo, e oltre cento volte, e queste molestie mi hanno provocato traumi e flashback per tutta la vita». 


L’angoscia ieri era già evidente nel volto del cardinale filippino Louis Tagle, che ha tenuto la sua relazione con un evidente groppo in gola, affermando: «Coprire lo scandalo per proteggere gli abusatori e l’istituzione ha lacerato la nostra gente». Il tormento dei prelati lo conferma l’arcivescovo di Malta monsignor Charles Scicluna, segretario aggiunto della Congregazione per la Dottrina della Fede: «Siamo stati tutti colpiti da queste voci potenti». 


Dopo le testimonianze ci sono stati due minuti di silenzio, durante i quali, dice il padre gesuita Hans Zollner, uomo-macchina del vertice, «potevi sentire che le persone erano in sintonia con quanto avevano appena ascoltato». Anche il moderatore dell’Incontro, padre Federico Lombardi, si è detto «molto toccato» da queste storie drammatiche. Così come monsignor Jean-Claude Hollerich, arcivescovo di Lussemburgo.


Altri presuli hanno definito l’esperienza «cruda», «inquietante», arrivata «al fondo del cuore», capace di «far riflettere». «Avevo già incontrato dei sopravvissuti, ma devo dire che sono stato turbato molto più del solito», ha riferito l’arcivescovo di Brisbane (Australia), Marc Coleridge. 


Per il resto, i prelati definiscono «buono e produttivo» il clima del primo giorno: si è meditato e dibattuto in modo «pratico e concreto», dicono all’uscita dall’aula del Sinodo, su vari aspetti relativi alla responsabilità delle figure ecclesiastiche. Tra i dialoghi, quello più particolare sarebbe stato sull’eventualità - già capitata - di un prete abusatore che disobbedisce alle direttive del suo vescovo, magari fuggendo o comunque non rispettando le sanzioni che ha ricevuto. Dunque, per dirla con il portavoce ad interim del Vaticano, Alessandro Gisotti, è stato compiuto «il primo passo di una dolorosa Via Crucis, durante la quale la parola trasparenza deve entrare nel Dna della Chiesa».

Questo articolo è stato pubblicato nell'edizione odierna del quotidiano La Stampa

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