La Chiesa deve affrontare la questione degli abusi sessuali sui minori «in modo più diretto, trasparente e coraggioso»: è l’esortazione rivolta da suor Veronica Openibo, nigeriana, superiora generale della Società del Santo Bambino Gesù, ai presidenti delle conferenze episcopali di tutto il mondo convocati in questi giorni in Vaticano dal Papa. La religiosa si è rivolta anche al Pontefice, chiamandolo «fratel Francesco» per «essersi preso del tempo, da vero gesuita, per discernere» sul caso cileno «e per essere abbastanza umile da cambiare idea, chiedere scusa e agire: un esempio per tutti noi».

Suor Openibo, una delle tre donne che intervengono in assemblea su nove interventi nel corso dei tre giorni e mezzo di vertice, ha sottolineato il prezioso contributo femminile nella risposta agli abusi ed ha sottolineato che si tratta di un problema globale presente, nonostante alcuni fatichino a riconoscerlo, anche in Africa. Al vertice è intervenuto stamane anche il cardinale Reinhard Marx, presidente della Conferenza episcopale tedesca, che ha denunciato il fatto che nel corso degli anni nella Chiesa è accaduto che i dossier sugli abusi siano stati «distrutti o nemmeno creati» ed ha proposto che venga cambiata la normativa relativa al segreto pontificio.

«Possiamo dire che la Chiesa ora sta adottando misure per arrestare la situazione, ma anche per essere più trasparente riguardo a tutto quanto fatto privatamente per oltre due decenni, come incontrare le vittime di abusi sessuali, denunciare i casi alle autorità civili competenti e istituire commissioni», ha detto suor Openibo, vestita di blu, un sorriso aperto, in un discorso a tratti emozionato. «La domanda oggi – ha proseguito – riguarda più il come affrontare la questione degli abusi sessuali sui minori in modo più diretto, trasparente e coraggioso come Chiesa». Alcuni vescovi, ha detto, «hanno fatto, altri non hanno fatto per paura o per insabbiare», ma in generale «dobbiamo riconoscere che sono la nostra mediocrità, ipocrisia e compiacenza ad averci condotto in questo luogo vergognoso e scandaloso in cui ci ritroviamo come Chiesa», ha affermato la religiosa nigeriana.

Suor Openibo, che ha ricordato di aver vissuto a Roma per quindici anni ed avere studiato in America per tre anni, ha raccontato di avere «versato lacrime di dolore» dopo aver visto il film Spotlight, sugli abusi svelati nella diocesi di Boston nel 2001, il primo scandalo della pedofilia scoppiato a livello mondiale, ed ha poi voluto precisare: « Probabilmente, come molti di voi, ho sentito alcuni africani e asiatici dire “non è una questione che riguarda noi, nei paesi dell’Africa e dell’Asia, è un problema dell’Europa, delle Americhe, del Canada e dell’Australia”. Tuttavia, per nove anni ho lavorato in tutta la Nigeria nel campo dell’educazione sessuale e – ha affermato suor Openibo – ho sentito le storie e consigliato molte persone. Mi sono resa conto di quanto fossero – e tuttora sono – gravi i problemi», ha proseguito la religiosa nigeriana, raccontando alcuni di questi casi: un sacerdote che ha denunciato gli abusi sessuali avvenuti nei conventi e nelle case di formazione in Nigeria, gıà all'inizio degli anni Novanta, un altro sacerdote che nei Duemila ha denunciato l’incesto, «un anziano morente mi ha rivelato di comportarsi in modo strano a causa degli abusi sessuali subiti da adolescente da parte di un sacerdote nella sua scuola», «una ragazza aggredita da un sacerdote all’età di tredici anni, dopo venticinque anni l’aveva rincontrato e lui non l’aveva neppure riconosciuta...».

Nel discorso pronunciato in apertura del terzo giorno di incontro vaticano, dedicato alla trasparenza – dopo il primo giorno sulla responsabilità e il secondo giorno sulla accountability – suor Openibo ha indicato diversi atteggiamenti da assumere («Troppo spesso vogliamo stare tranquilli finché la tempesta non è passata»), ha indicato iniziative concrete da assumere, dai programmi educativi alla questione della prostituzione, dal coinvolgimento della industria cinematografica e televisiva alla questione della formazione sacerdotale («Mi preoccupa quando a Roma e altrove vedo i seminaristi più giovani trattati come se fossero più speciali di chiunque altro, incoraggiandoli in tal modo ad assumere sin dall’inizio della loro formazione, idee esaltate riguardo al loro status»).

La religiosa africana si è rivolta, concludendo il suo discorso, direttamente al Papa: «Ho letto con grande interesse molti articoli sulle reazioni del Papa nel caso dei vescovi cileni, dalla negazione delle accuse alla rabbia per l’inganno e l’insabbiamento, all’accettazione delle dimissioni di alcuni vescovi», ha detto, per poi aggiungere: «L’ammiro, Fratel Francesco, per essersi preso del tempo, da vero gesuita, per discernere e per essere abbastanza umile da cambiare idea, chiedere scusa e agire: un esempio per tutti noi». Suor Openibo ha ringraziato il Papa gesuita anche «per aver offerto alle religiose, attraverso l’esecutivo dell’Unione delle Superiore Generali (Uisg), l’opportunità di partecipare a questa conferenza. Le donne hanno acquisito molta esperienza utile che possono mettere a disposizione in questo campo, e hanno già fatto molto per sostenere le vittime e anche per lavorare in modo creativo sul loro uso del potere e dell’autorità».

Il discorso della religiosa nigeriana, molto emozionale, è stato seguito da un intervento del cardinale Reinhard Marx, arcivescovo di Monaco di Baviera e presidente della conferenza episcopale tedesca, che ha analizzato le procedure amministrative della Chiesa in materia di abusi, e sottolineando la necessità di rispettare crıteri di «trasparenza e tracciabilità», a partire da una chiara denuncia: «L’amministrazione non ha contribuito ad adempiere la missione della Chiesa ma, al contrario, l’ha oscurata, screditata e resa impossibile», ha detto il porporato che ieri ha incontrato a Roma un gruppo di vittime dell’associazione Ending Clergy Abuse. 

«I dossier che avrebbero potuto documentare i terribili atti e indicare il nome dei responsabili sono stati distrutti o nemmeno creati. Invece dei colpevoli, a essere riprese sono state le vittime ed è stato imposto loro il silenzio. Le procedure e i procedimenti stabiliti per perseguire i reati sono stati deliberatamente disattesi, e anzi cancellati o scavalcati. I diritti delle vittime sono stati di fatto calpestati e lasciati all’arbitrio di singoli individui. Sono tutti eventi – ha rimarcato il cardinale Marx – in netta contraddizione con ciò che la Chiesa dovrebbe rappresentare. Il modo in cui l’amministrazione della Chiesa è stata strutturata e svolta non ha contribuito a unire tutto il genere umano e ad avvicinare di più gli uomini a Dio ma, al contrario, ha violato tali obiettivi».

Da qui una serie di indicazioni procedurali pratiche, a partire dalla «definizione del fine e dei limiti del segreto pontificio» invalso nei processi canonici sui «delicata graviora» come l’abuso sessuale, un tema sul quale hanno peraltro insistito diversi protagonisti del vertice in questi giorni, dal cardinale di Boston Sean O’Malley alla sottosegretaria vaticana Linda Ghisoni a Juan Carlos Cruz, vittima cilena che ha pıù volte incontrato il Papa: «I mutamenti sociali del nostro tempo sono sempre più caratterizzati da modelli di comunicazione in cambiamento», ha detto oggi il presidente dei vescovi tedeschi. 

«Nell’era dei social media, in cui è possibile per tutti e ognuno di noi stabilire quasi immediatamente un contatto e scambiare informazioni attraverso Facebook, Twitter, e così via, è necessario ridefinire la confidenzialità e il segreto, e distinguerli dalla protezione dei dati. Se non ci riusciremo, sprecheremo l’opportunità di mantenere un livello di autodeterminazione riguardo all’informazione oppure ci esporremo al sospetto di insabbiare». le altre indicazioni del cardinale Marx sono «stabilire norme procedurali trasparenti e regole per i processi ecclesiastici», comunicare al pubblico i dati del numero degli abusi («La diffidenza istituzionale porta a teorie cospirazioniste relative a un’organizzazione e alla creazione di miti sulla stessa. Lo si può evitare se i fatti vengono esposti in modo trasparente»), pubblicare gli atti giudiziari: «Il persistere di dubbi su una condotta appropriata delle procedure processuali non fa altro che danneggiare la reputazione e il funzionamento di un’istituzione. Questo principio si applica anche alla Chiesa».

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