«Quante volte mi è toccato ascoltare che lo scandalo degli abusi è “colpa della stampa, che è un complotto di certi mass media per screditare la Chiesa, che dietro ci sono poteri occulti, per mettere fine a questa istituzione”…». Giornalista messicana, corrispondente a Roma per Televisa dal 1974, un’autorità tra i vaticanisti e una star nel suo Paese, Valentina Alazraki ha concluso il vertice convocato dal Papa da giovedì a domani – terza donna su nove relatori a prendere la parola in assemblea – con un discorso asciutto ma impegnativo per i 114 presidenti delle Conferenze episcopali di tutto il mondo: «Noi abbiamo scelto da quale parte stare. Voi, lo avete fatto davvero, o solo a parole?».

«Se siete contro quanti commettono abusi o li coprono, allora stiamo dalla stessa parte», ha detto Alazraki, che si è presentata come «rappresentante dei giornalisti, ma anche delle madri, delle famiglie, della società civile». «Possiamo essere alleati, non nemici. Vi aiuteremo a trovare le mele marce e a vincere le resistenze per allontanarle da quelle sane. Ma se voi non vi decidete in modo radicale di stare dalla parte dei bambini, delle mamme, delle famiglie, della società civile, avete ragione ad avere paura di noi, perché noi giornalisti, che vogliamo il bene comune, saremo i vostri peggiori nemici».

 

Non è stato l’unico pungolo offerto ai presuli di tutto il mondo da questa giornalista televisiva che copre il Vaticano dall’ultimo scorcio di pontificato di Paolo VI e che proprio Francesco, il «suo» quinto Pontefice, ha voluto festeggiare sul recente volo di ritorno da Abu Dhabi perché era il 150esimo volo papale che ha seguito. Valentina Alazraki è intervenuta nella terza giornata dell’incontro, che, dopo la «responsabilità» del primo giorno e la sua assunzione nel secondo giorno («accountability») ruotava attorno alla parola-chiave della «trasparenza».

Una comunicazione trasparente, ha spiegato la giornalista, è «indispensabile per combattere gli abusi sessuali sui minori da parte di uomini della Chiesa». «Chi non informa, incoraggia un clima di sospetto e di sfiducia e provoca la rabbia e l’odio verso l'istituzione», ha detto Alazraki, spiegando di averlo visto con i propri occhi nel viaggio di Papa Francesco in Cile nel 2018: «Non c’era indifferenza: c’erano indignazioni e rabbia per l’occultamento sistematico, per il silenzio, per l’inganno ai fedeli e il dolore delle vittime che per decenni non sono state ascoltate, non sono state credute».

«Noi giornalisti - ha detto - sappiamo che ci sono informatori più rigorosi di altri, e che ci sono mass media più o meno dipendenti da interessi politici, ideologici o economici. Ma credo non si possa in alcun caso colpevolizzare i mass media per aver rivelato gli abusi o informato su di essi. Gli abusi contro i minori – ha scandito implicitamente riecheggiando le lamentele di un cardinale alcuni anni fa – non sono pettegolezzi né chiacchiere, sono crimini».

La telegiornalista messicana ha voluto soffermarsi sul «caso forse più terribile che sia accaduto all’interno della Chiesa», quello di Marcial Maciel, il fondatore messicano della Legione di Cristo: «Sono stata testimone di questo triste caso dall’inizio alla fine. Al di là del giudizio morale sui crimini commessi da quell’uomo, che per alcuni è stato una mente malata e per altri un genio del male, vi assicuro che alla base di quello scandalo, che tanto male ha fatto a migliaia di persone, fino a macchiare la memoria di chi ora è santo, mi riferisco a Giovanni Paolo II, c’è stata una comunicazione malata. Non bisogna dimenticare che nella Legione c’era un quarto voto secondo il quale se un legionario vedeva qualcosa che non lo convinceva di un superiore, non poteva né criticarlo né tanto meno commentarlo. Senza questa censura, senza questo occultamento totale, se ci fosse stata trasparenza, Marciel Maciel non avrebbe potuto abusare per decenni di seminaristi e avere tre o quattro vite, mogli e figli, che sono arrivate ad accusarlo di avere abusato della sua stessa prole».

E «dietro al silenzio, alla mancanza di una comunicazione sana, trasparente, molte volte c’è non solo la paura dello scandalo, la preoccupazione per il buon nome dell’istituzione, ma anche denaro, assegni, doni, permessi per costruire scuole e università in zone dove magari non si poteva costruire. Parlo di quel che ho visto e indagato a fondo». La trasparenza, dunque, «vi aiuterà anche a lottare contro la corruzione nel governo», ha detto Alazraki, che ha poi aggiunto: «È stato grazie ad alcune vittime coraggiose, ad alcuni giornalisti coraggiosi e, penso di doverlo dire, ad un Papa coraggioso come Benedetto XVI, che questo scandalo è stato reso noto e il tumore estirpato».

 

La giornalista messicana ha dato ai vescovi una serie di suggerimenti, anche molto concreti: «Se l’accusa si dimostra credibile, dovete informare sui processi in corso, su ciò che state facendo, dovete dire che avete allontanato il colpevole dalla sua parrocchia o da dove esercitava, dovete dirlo voi, sia nelle diocesi sia in Vaticano». E ancora, «a volte, il bollettino della Sala Stampa della Santa Sede informa su una rinuncia senza spiegarne le ragioni», mentre «la notizia della rinuncia di un sacerdote che ha commesso abusi dovrebbe essere data con chiarezza, in modo esplicito».

I vescovi dovrebbero sapere che «non si può parlare di questo tema se non si è ascoltato le vittime»; la Chiesa «dovrebbe avere, a tutti i livelli, esperti della comunicazione, e ascoltarli quando le dicono che conviene sempre più informare che tacere o addirittura mentire» ed è infine necessario «comunicare meglio», perché «la cattiva informazione, o la scarsa informazione, ha causato danni enormi, ha fatto del male alle vittime e alle loro famiglie, non ha permesso che si facesse giustizia, ha fatto vacillare la fede di molta gente».

 

Valentina Alazraki ha concluso il suo discorso con un ultimo pungolo in merito al tema delle suore e religiose vittime di abusi sessuali: «Vorrei che in questa occasione la Chiesa giocasse all'attacco e non in difesa, com’è avvenuto nel caso degli abusi sui minori. Potrebbe essere una grande opportunità perché la Chiesa prenda l’iniziativa e sia in prima linea nella denuncia di questi abusi, che non sono solo sessuali ma anche di potere».

Lasciata la riunione dei vescovi, la giornalista messicana, accompagnata in Sala Stampa vaticana dal direttore ad interim Alessandro Gisotti è stata accolta dai colleghi presenti con una standing ovation.

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