Non più tardi di due giorni fa Matteo Salvini minimizzava: «L’esito delle elezioni in Sardegna non cambierà nulla per il governo». E ancora ieri, su Twitter: «Sarà un’ennesima batosta per la sinistra». Quasi a voler far scudo agli alleati grillini. Perché è proprio il M5S che rischia di più in questa domenica alle urne. Voto regionale ma test nazionale. L’incubo dei pentastellati è che si ripeta quanto successo in Abruzzo: arrivare terzi e con un consenso dimezzato rispetto alle politiche di un anno fa. Il 4 marzo sfondarono il 40%, colorando tutti i collegi dell’isola di giallo.

Oggi, nemmeno dodici mesi dopo, il M5S sembra tagliato fuori da una sfida che si annuncia a due: da una parte il candidato del centrodestra Christian Solinas, senatore leghista e segretario del Partito sardo d’azione; dall’altra Massimo Zedda, sindaco di Cagliari e uomo di punta di un centrosinistra allargato dato in rimonta. Le incognite sulle urne - aperte dalle 6,30 alle 22 - sono tante. A partire dal blocco dei seggi minacciato dai pastori che non hanno ancora strappato un accordo sul prezzo del latte. «Nonostante l’impegno del governo i problemi sono rimasti gli stessi. Non so davvero cosa succederà domani (oggi per chi legge, ndr)», dice sibillino Maurizio Sale, pastore del Nuorese . Il Viminale ha fatto sapere che «non ci saranno misure di sicurezza particolari per il voto». Ma sono decine gli agenti dei reparti mobili fatti arrivare nell’isola.

L’umore nelle campagne

È proprio dalla vertenza del latte che bisogna partire per cercare di capire la probabile emorragia di voti grillini. La prova muscolare di Salvini, in campagna permanente in terra sarda nell’ultima settimana, sembra aver fatto colpo tra pastori e contadini. «Sappiamo che la soluzione ancora non c’è - dice Luca Saba, direttore di Coldiretti -, ma l’attenzione ricevuta ha fatto piacere a chi, ogni giorno e ormai da molti anni, deve fronteggiare problemi economici e strutturali. Agricoltori e allevatori hanno voglia di cambiare registro». Meno convincenti sono sembrati i 5 Stelle. «Francamente in campagna elettorale si sono visti poco. Hanno provato a portare il movimento dei pastori dalla loro parte ma questo gli si è rivolto contro», spiega ancora Saba.

Il declino industriale

Il calo di fiducia nei 5 Stelle si percepisce anche nella provincia più povera d’Italia, nel cimitero industriale del Sulcis. Nei collegi Sud-Occidentali dell’isola, il M5S lo scorso 4 marzo sfiorò il 43%. Oggi il bis sembra difficile, se non impossibile. Basta sentire le voci degli operai dell’ex Alcoa. La fabbrica, simbolo dell’agonia economica della regione, è stata acquistata da una multinazionale svizzera, ma l’attività non è ancora ripresa. Intanto a dicembre sono scaduti gli ammortizzatori sociali e in centinaia sono rimasti senza l’assegno mensile. «Il governo doveva approvare un decreto per prorogare la mobilità ma ancora non l’ha fatto», racconta Bruno Usai , uno dei rappresentati sindacali. Che poi critica i 5 Stelle: «La loro idea di chiudere le centrali a carbone entro il 2025 ci preoccupa molto». La Sardegna è l’unica regione d’Italia ancora senza una rete di gas naturale. «Qui non c’è il metano e con una proposta del genere si rischia di condannare per sempre il settore industriale».

La fuga dei giovani

C’è poi un dato che dovrebbe far riflettere chi, come il M5S, ha sempre macinato consenso nelle fasce d’età più giovani. Solo nel 2018 dall’isola sono partiti 3200 sardi per cercare studio e lavoro altrove. È il record dell’ultimo ventennio.

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