Gentile dottor Lepri,

può darsi che nella fretta di approvare il reddito di cittadinanza il governo abbia fatto qualche pasticcio. Di leggi mal scritte ne abbiamo viste più d’una. Ma perché i giornali sono tanto negativi? Si potrà imparare dall’esperienza, modificare strada facendo le norme che non funzionano. Intanto si può far qualcosa di concreto a favore di chi ha urgente bisogno; e se all’inizio la mira non è tanto precisa, se si intrufolerà qualche furbo, pazienza, si vedrà poi come provvedere. Cordialmente.
Michela Lombardo

Cara signora,

fa piacere ascoltare qualcuno che teme una mancanza di solidarietà verso i più deboli, piuttosto che un eccesso. Su Twitter, Facebook o simili, di questi tempi capita quasi sempre il contrario. È vero che in Italia mancava uno strumento efficace e rapido di intervento contro la povertà. Però qui c’è il rischio di sbagliarla di grosso, la mira. La legge che è stata approvata combina (in modo che a molti esperti pare maldestro) due scopi molto differenti: soccorrere chi non ce la fa e avviare al lavoro. Non tutti i poveri sono disoccupati; non tutti i poveri sono in grado di lavorare; la povertà spesso colpisce famiglie numerose, alle quali i parametri scelti non sono favorevoli. Concordo con lei che solo l’esperienza pratica dell’applicazione, più che i numeri della statistica o le analisi sociologiche, ci potrà insegnare come raggiungere i veri bisognosi; pur se sarà poi arduo, come sempre è, togliere a chi non merita ciò su cui ormai fa conto.

Il pericolo maggiore lo vedo altrove: incentivare il lavoro nero, che non è affatto limitato al Mezzogiorno. Finora, il lavoratore aveva tutto l’interesse a insistere per essere assunto secondo le regole, con tutele e contributi. Ora - già mi hanno raccontato qualche episodio - potrà essere il lavoratore stesso a voler essere impiegato in nero, per non perdere il reddito di cittadinanza. Il sussidio, come sa, dovrà essere tolto a chi rifiuta le offerte di lavoro: ma si può bene immaginare un circolo vizioso in cui non arrivano offerte di impiego legale perché si assume in nero, mentre si lavora in nero percependo il reddito di cittadinanza che non può essere tolto in mancanza di offerte di impiego.

Stefano Lepri, nato a Firenze nel 1950, lavora a La Stampa dal 1981. Ha scritto di politica economica seguendo tra l’altro la crisi di bilancio italiana del 1992, la nascita dell’euro, i vertici del G-7 e le proteste contro la globalizzazione, la grande recessione del 2008 e le sue conseguenze in Europa.

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