C’è un «martirio rosso», che è quello subito ancora oggi da credenti di tante zone del mondo trucidati solo perché fedeli alla religione cristiana. E c’è un «martirio bianco» che è quello che si registra nelle comunità di tanti Paesi anche democratici dove i cristiani sono costretti a pregare o celebrare messe di nascosto, a non esibire croci o altri oggetti sacri, per non subire multe e restrizioni o, peggio, essere sbattuti in carcere o in campi di lavoro forzato

Entrambi sono frutto di quella persecuzione che è una costante di tutta la storia del cristianesimo che, come un lungo filo rosso, unisce i seguaci di Cristo dei primi secoli, crocifissi o fatti sbranare dai leoni, alle tante vittime dell’estremismo del nostro tempo di cui il web riporta foto e video dei loro sgozzamenti, delle impiccagioni e lapidazioni. 

Il videomessaggio con le intenzioni di preghiera del Papa per il mese di marzo

Proprio a costoro si rivolge l’intenzione di preghiera del Papa del mese di marzo, diffusa - come ormai da circa due anni a questa parte - tramite un videomessaggio promosso dalla Rete Mondiale di Preghiera del Papa in sette lingue. «Preghiamo per le comunità cristiane, in particolare quelle che sono perseguitate, perché sentano la vicinanza di Cristo e perché i loro diritti siano riconosciuti», è la richiesta che Bergoglio chiede di condividere tramite la rete di  preghiera diffusa in 98 Paesi del mondo.

«Forse sembrerà difficile da credere ma oggi ci sono più martiri che nei primi secoli», recita il Papa in spagnolo nel filmato, scandito intanto da musica e immagini di gruppi di persone che si riuniscono per una processione sorvegliate dai militari o che provano a ricostruire luoghi sacri sfigurati da attentati terroristici. 

In particolare il pensiero di Francesco va a coloro che oggi soffrono persecuzioni «perché - spiega - dicono la verità e annunciano Gesù Cristo a questa società». Secondo recenti stime, in particolare l’ultimo rapporto curato dalla fondazione pontificia “Aiuto alla Chiesa che soffre” che ha collaborato alla realizzazione del videomessaggio, sono 300 milioni le persone perseguitate per fede e 38 gli Stati in cui si registrano gravi o estreme violazioni della libertà religiosa

Drammi che, tuttavia, osserva il Papa, si verificano non solo in posti in cui tale fondamentale diritto non è garantito, ma anche in Paesi «che in teoria e sulla carta tutelano la libertà e i diritti umani», dove però, in parallelo, si moltiplicano manifestazioni di odio da parte di gruppi nazionalisti estremisti o di movimenti fondamentalisti, specie quelli di matrice islamica.

Il Papa richiama allora i credenti alle “armi” della preghiera e della vicinanza a queste comunità cristiane perseguitate, affinché - dice, ricalcando una delle richieste contenute nella Dichiarazione sulla fratellanza umana firmata ad Abu Dhabi con il grande imam di Al-Azhar - «i loro diritti siano riconosciuti». 

Il videomessaggio di preghiera di marzo è l’ennesimo appello di Francesco contro le difficili condizioni in cui versano moltitudini di cristiani del mondo, contrariamente a quanto affermato da alcune falde di detrattori che lamentano una scarsa attenzione da parte del Pontefice sul delicato tema (spesso, purtroppo, trattato al pari di uno slogan) dei «cristiani perseguitati». 

In più occasioni, dalle messe a Santa Marta alle catechesi durante le udienze generali ai discorsi agli episcopati e alle organizzazioni provenienti da zone di guerra, Jorge Mario Bergoglio ha lanciato appelli in favore dei credenti che «in numero sempre crescente» vengono oppressi e uccisi e spesso «di fronte al mondo intero, che troppe volte volge lo sguardo dall’altra parte». 

«La persecuzione è un po’ l’aria della quale vive il cristiano anche oggi, perché ci sono tanti martiri, tanti perseguitati per amore a Cristo», ha affermato Francesco. «In tanti Paesi i cristiani non hanno diritti. Se porti una croce, vai in galera e c’è gente in galera; c’è gente condannata a morire per essere cristiana o uccisa e il numero è più alto dei martiri dei primi tempi».

In particolare questa frase, «ci sono più martiri oggi che nei primi secoli del cristianesimo», è divenuta quasi un mantra nella predicazione del Pontefice argentino. E le statistiche e le notizie di cronaca confermano questa triste realtà: senza tornare troppo indietro nel tempo, è dell’inizio del 2019 l’attentato durante la messa nella cattedrale di Jolo, nelle Filippine, che ha inaugurato il nuovo anno con il sangue di 23 innocenti. Come se già non fosse bastato il massacro sul finire del 2018 nel campo profughi di Alindao, nella Repubblica Centrafricana, con l’uccisione di 80 fedeli tra cui due sacerdoti. 

Non si dimenticano poi le costanti violenze registrate negli scorsi mesi alla comunità copta in Egitto, il caso eclatante di Asia Bibi e di altri 25 cristiani come lei detenuti da anni in carcere, senza neanche un equo processo, a causa della legge sulla blasfemia in Pakistan, le violenze dei radicali indu in India, la mattanza di missionari in Africa e Medio Oriente, e chissà quanti altri casi di migliaia di persecuzione e discriminazione che passano inosservati solo perché non segnalati dai media. Magari verso gente “colpevole” di aver fatto il segno della croce o aver partecipato ad una messa.

Un accanimento diffuso e crescente, dietro al quale, secondo il Papa, non ci sono solo estremismi e false interpretazioni di testi sacri, bensì il demonio, il «padre della menzogna». «Dietro ogni persecuzione sia a cristiani sia agli umani c’è il diavolo», ha detto Bergoglio in una messa a Santa Marta, «c’è il demonio che cerca di distruggere la confessione di Cristo nei cristiani e l’immagine di Dio nell’uomo e nella donna. Dall’inizio ha cercato di fare questo… ed è riuscito a farlo con l’inganno».

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