«Come realizzare gli obiettivi di sviluppo sostenibile adottati dalle Nazioni Unite, a partire dal “grande contributo” che le religioni possono offrire». È questo l’obiettivo principale della Conferenza internazionale “Religions and the Sustainable Development Goals (SDGs): Listening to the cry of the earth and the poor”, promossa e organizzata in Vaticano, presso l’Aula nuova del Sinodo dal 7 al 9 marzo prossimi.

Lo ha affermato il cardinale Peter Kodwo Appiah Turkson, prefetto del Dicastero per il Servizio dello sviluppo umano integrale, promotore dell’evento insieme al Pontificio Consiglio per il Dialogo interreligioso, durante la presentazione di questa mattina in Sala Stampa vaticana.

«Le religioni offrono un grande contribuito per la realizzazione degli Obiettivi del millennio perché sono già coinvolte in tantissimi progetti di sviluppo in moltissimi Paesi», ha detto il cardinale secondo quanto riportato dal Sir. «In un momento in cui l’impegno per la realizzazione degli Obiettivi del millennio si è un po’ raffreddato, bisogna motivare di nuovo la gente, e non c’è nessun gruppo nel mondo che può farlo meglio delle religioni».

«Rilanciare questo progetto e fare appello alla sua realizzazione» è il motivo per cui le religioni sono state convocate, in modo da «suscitare una reale presa di coscienza nella popolazione mondiale e ascoltare col cuore e con la mente il grido del creato e dei poveri», ha detto Turkson.

«Molta gente nel mondo è interessata allo sviluppo, perché ha a cuore le sorti del pianeta», ha fatto eco monsignor Bruno Mario Duffé, segretario del Dicastero per lo Sviluppo umano integrale. «Molte persone si aspettano dalle religioni dei punti di riferimento morali, etici, sociali e politici per considerare la prospettiva dello sviluppo sostenibile, e non solo una visione corta di sviluppo».

«Abbiamo bisogno di un nuovo modello culturale di sviluppo», ha aggiunto Duffé richiamando l’enciclica Laudato si’, in ambiti come «la creazione, l’educazione, la lotta alla povertà, la cultura dei diritti umani». «Ogni religione deve essere chiara con la sua tradizione, la sua memoria, e consentire nello stesso tempo il dialogo con le religioni». Modello di riferimento, in tal senso, è quello utilizzato dal Papa e dal grande iman di Al-Azhar nel firmare la Dichiarazione comune sulla fratellanza umana, durante il viaggio di Francesco negli Emirati Arabi.


«Abbiamo bisogno di religioni, governi e individui per vincere la battaglia contro la fame del mondo», è stato invece l’appello di René Castro, direttore generale della Fao per lo sviluppo, presente in Sala Stampa vaticana, il quale ha ricordato come nel mondo ci siano oggi 800 milioni di persone che soffrono la fame. Per combattere tale piaga sono necessari «una strategia di sviluppo a lungo termine» e «comportamenti altruistici, che comportano un’assunzione di responsabilità a tutti i livelli». Di qui il ruolo delle tradizioni religiose, che ad esempio possono dare un importante contributo «per aiutarci a fermare lo spreco di cibo».

Da parte sua, suor Sheila Kingsley, segretaria della Commissione Giustizia e Pace e Integrità del creato dell’Usg-Uisg, ha sottolineato la necessità di «esaminare la realtà, giudicarla con la prospettive della fede e agire tramite strategie coordinate». Questo, ha detto, è lo schema di ognuna delle sessioni di lavoro in cui è articolato il convegno che sarà aperto dal cardinale Segretario di Stato, Pietro Parolin, e che prevede anche un’udienza con Papa Francesco.

Quattro i principi ispiratori dei lavori, mutuati dalla Evangelii gaudium: «Il tempo è superiore allo spazio, l’unità prevale sul conflitto, la realtà è più importante dell’idea, il tutto è più importante della parte». La Conferenza internazionale prevede anche, il 7 marzo alle 18.30 in Aula Paolo VI, un momento culturale con l’esibizione della Orchestra sinfonica “Simon Bolivar” del Venezuela.

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