Per l’Unione europea la partnership con la Cina è «strategica», ma Bruxelles sottolinea in modo netto che il gigante asiatico è un «concorrente». E dunque, «tutti gli Stati membri hanno una responsabilità». Perché nelle relazioni con Pechino, sul fronte europeo, «serve unità». Il richiamo all’ordine è scritto nero su bianco nella comunicazione che verrà approvata oggi dal collegio dei commissari guidato da Jean-Claude Juncker legata proprio ai rapporti con il gigante asiatico.

Nella bozza del documento, lungo una decina di pagine, non vengono fatti in modo esplicito i nomi degli Stati Ue destinatari del messaggio. La Commissione sta monitorando da tempo il posizionamento di alcuni governi, soprattutto quelli dell’Europa dell’Est e dei Baltici, che già partecipano al formato 16+1 e hanno legami stretti con la Cina. Ma il caso-Italia è certamente all’attenzione di Bruxelles: nella capitale Ue si stanno seguendo con molto interesse gli sviluppi legati alla possibile adesione di Roma alla Nuova Via della Seta. Per questo è probabile che il vice-presidente della Commissione, Jyrki Katainen, si lasci andare a un riferimento più esplicito al nostro Paese. Toccherà infatti al commissario finlandese - che ha le deleghe a crescita, competitività e investimenti - presentare l’iniziativa nel primo pomeriggio da Strasburgo.

La «Comunicazione congiunta» che verrà adottata oggi servirà da base per la discussione sui rapporti con Pechino, che è stata inserita nell’agenda del prossimo Consiglio europeo del 21-22 marzo (al prossimo vertice i leader prepareranno il summit Ue-Cina in programma il 9 aprile a Bruxelles). Nel documento della Commissione sono elencate tutte le aree in cui Europa e Cina devono trovare una qualche forma di collaborazione. Per esempio nella riforma dell’Organizzazione mondiale del commercio. L’Ue punta inoltre a definire i contorni della partnership con Pechino anche nell’ambito della ricerca e soprattutto dell’intelligenza artificiale (Ai), un terreno in cui la Cina è certamente un concorrente. Ma ogni forma di collaborazione dovrà essere portata avanti collettivamente: alle capitali viene richiesta «coerenza con le regole con le politiche dell’Ue».

Una settimana fa l’Italia si era distanziata dai partner europei, astenendosi sulla proposta di introdurre un meccanismo di screening per proteggere i settori strategici dagli investimenti stranieri. Uno scudo voluto in particolare da Emmanuel Macron sul quale l’Italia, con il precedente governo, si era schierata a favore. Ma oggi la posizione è cambiata e così l’esecutivo gialloverde è stato l’unico a non votare a favore della proposta. Il sottosegretario Michele Geraci (Sviluppo Economico), che tesse le relazioni con la Cina, aveva criticato questo progetto già nei mesi scorsi. Ma nonostante le riserve italiane, le nuove norme sono state adottate in via definitiva dall’Ue (anche il Parlamento le aveva approvate un mese fa, pure in questo caso con l’astensione di Lega e M5S).

Il voto di Strasburgo

Sempre oggi il tema Cina finirà nell’Aula dell’Europarlamento, anche se per una questione specifica. L’emiciclo discuterà delle «minacce alla sicurezza legate alla presenza tecnologica cinese nell’Ue». Gli eurodeputati voteranno una risoluzione che parte dalle preoccupazioni legate alla sicurezza della rete 5G in Europa, di cui la società Huawei è un pilastro.

BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI

I commenti dei lettori