Sul sito ufficiale non c’è ancora il programma dettagliato degli «interventi delle personalità». Quelle che non mancano però, intorno al 13esimo Congresso mondiale delle famiglie che si svolgerà a Verona dal 29 al 31 marzo, sono le polemiche. Tant’è che Palazzo Chigi oggi ha deciso di revocare il logo della Presidenza del Consiglio al summit. L’evento è promosso dal Word Congress of Families (Wfc), una lobby nata negli Stati Uniti nel 1997, con lo scopo di portare avanti istanze comuni di stampo conservatore. Tradotto: il gruppo di pressione promuove campagne contro l’aborto, la pornografia e le unioni tra persone dello stesso sesso sostenendo, invece, la cosiddetta «famiglia naturale».

L’imbarazzo del governo
Nei giorni scorsi il governo aveva preso le distanze dall’iniziativa di associazioni conservatrici, appoggiata dal ministro leghista della Famiglia Lorenzo Fontana, negando che fosse stato concesso il patrocinio. «Si tratta di un’iniziativa autonoma del ministro per la Famiglia Lorenzo Fontana - era scritto in una nota di Palazzo Chigi -, attraverso procedure interne che non hanno coinvolto direttamente gli uffici del presidente del Consiglio». Oggi la revoca del simbolo per il patrocinio. Fatto sta che nei manifesti e nei banner ufficiali della manifestazione quel logo si vede ancora.

In serata il ministero della Famiglia ha fatto trapelare che «non risulta alcuna richiesta di revoca del patrocinio al World Congress of families di Verona».

(Un fermo immagine del 12 marzo dal sito del Congresso internazionale delle famiglie, in basso a sinistra il logo della Presidenza del Consiglio)

Tra i relatori del Congresso spicca anche il nome di Matteo Salvini, il vicepremier che all’ultima conferenza, svolta a Chisinau (in Moldavia) lo scorso settembre, aveva fatto recapitare un suo messaggio in difesa della «famiglia naturale» definendola «un elemento vitale per la sopravvivenza e lo sviluppo dell’umanità».

I casi di Fontana e Bussetti
Oltre ai casi del vicepremier Salvini e del ministro Fontana, fino a giugno 2018 vicesindaco di Verona - il Comune che nel 40esimo anniversario della legge 194 del 1978 si è autoproclamato «città a favore della vita» - a destare polemiche nei giorni scorsi era stato un altro ministro: il titolare del dicastero all’Istruzione, Marco Bussetti, anche lui tra i relatori del Congresso. Cosa che non è passata inosservata alla più grande organizzazione di studenti, la Rete della Conoscenza, che aveva sottolineato come «scuole e università devono essere libere da omotransfobia e discriminazioni». Tra i partecipanti della tre giorni veronese ci saranno poi il senatore Simone Pillon, il promotore del contestato decreto sulla riforma del diritto di famiglia, il governatore del Veneto, Luca Zaia, e quello della Lombardia, Attilio Fontana. Non mancheranno anche politici dell’opposizione parlamentare come Giorgia Meloni (Fratelli d’Italia) e Antonio Tajani (Forza Italia).

La contro-manifestazione
Gli organizzatori del Congresso hanno convocato venerdì una conferenza stampa per fare «chiarezza» e «smontare la macchina del fango» che si è sollevata intorno all’evento. «Ci hanno dato dei fascisti, omofobi e anti-Lgtb, ma non è vero. Noi siamo a favore della famiglia e della vita», sostiene Jacopo Coghe, vicepresidente della kermesse. Ma in tanti non la pensano così. A partire dalle associazioni per i diritti umani e dai movimenti che contrastano «il meeting della famiglia sovranista». “Non una di meno” ha intenzione di organizzare una manifestazione parallela, una sorta di «internazionale femminista», con tanto di corteo che sfilerà per le vie di Verona sabato 30 marzo.

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