Le forze armate israeliane hanno colpito «100 obiettivi di Hamas» nella Striscia di Gaza in rappresaglia per il lancio di missili Tel Aviv. «Aerei da combattimento, elicotteri e altri velivoli hanno attaccato questa notte circa 100 bersagli dei terroristi di Hamas nella Striscia di Gaza», ha comunicato l’esercito. «Tra gli altri obiettivi colpiti dal’aviazione israeliana - ha spiegato un portavoce militare - ci sono anche una postazione navale che serve come luogo di costruzione di armi e anche un sito sotterraneo di manifattura dei razzi».

In mattinata gruppi estremisti palestinesi hanno lanciato altri quattro razzi verso la città di Sderot, senza causare né feriti né danni. Il ministero della sanità di Gaza non ha dato finora notizia di vittime o feriti durante gli attacchi israeliani. Sia Hamas sia la Jihad islamica - hanno spiegato media locali - in attesa hanno ritirato in anticipo i propri uomini da molte delle loro basi per il timore della rappresaglia.

La dura risposta israeliana è arrivato dopo che ieri sera due razzi a media gittata sono stati lanciati dalla Striscia verso Tel Aviv, per la prima volta dalla guerra del 2014. Una sfida al premier Benjamin Netanyahu impegnato nella campagna elettorale per il voto del 9 aprile. Erano passate da poco le nove di sera quando la gente nelle strade affollate ha dovuto correre verso i rifugi più vicini, una scena che non si vedeva dalla guerra dell’estate del 2014, anche se nel 2016 le sirene avevano suonato brevemente per un falso allarme. Alcune persone sono state ricoverate per lo choc. Altre hanno raccontato di aver udito «forti esplosioni» nel cielo.

Uno dei due razzi è stato intercettato dal sistema Iron Dome mentre l’altro è andato a schiantarsi in una zona non abitata e per questo è stato lasciato passare dalle difese anti-aeree. Le forze armate hanno indentificato i razzi, del tipo M-75, un modello sviluppato e utilizzato durante il conflitto del 2014, a partire dai Fajir 5 di fabbricazione israeliana, con una portata di almeno 75 chilometri e quindi in grado di colpire in profondità nel territorio israeliano.

Secondo fonti militari citate dai media israeliani a lanciare gli ordigni è stata la Jihad Islamica, un gruppo estremista che opera in competizione con Hamas ed è diventato più oltranzista rispetto al movimento islamico che nel 2007 ha preso il potere nella Striscia. Ma per Israele Hamas, anche se in questo momento impegnata in trattative attraverso la mediazione egiziana, è comunque responsabile perché non tiene sotto controllo gli altri gruppi di militanti.

In effetti sia l’ala militare di Hamas che la Jihad Islamica sono propense a un confronto armato. La situazione nella Striscia è peggiorata di molto dall’inizio delle «marce del ritorno», cominciate il 31 marzo del 2018. Oltre 200 persone sono rimaste uccise al confine dal fuoco dell’esercito, e le proteste sono state intervallate anche da lanci di razzi, palloni incendiari e agguati con cecchini ai militari che hanno condotto a rappresaglie pesanti da parte dell’aviazione. E c’è da credere che la minaccia portata su Tel Aviv avrà conseguenze ancora più dure.

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