«Ti ringrazio tanto, prega per noi che siamo tutti peccatori – tutti, eh? – ma vogliamo andare avanti così servendo il Signore». L’ultima parola spetta sempre al Papa a conclusione degli Esercizi Spirituali di Quaresima con la Curia romana che, iniziati la scorsa domenica nella Casa Divin Maestro di Ariccia, sono terminati questa mattina.

Come di consueto, dopo l’ultima meditazione del predicatore, l’abate di San Miniato al Monte di Firenze Bernardo Francesco Maria Gianni, Papa Bergoglio ha preso il microfono e davanti a vescovi e cardinali ha ringraziato il «fratello Bernardo, per il tuo aiuto in questi giorni». «Mi ha colpito – ha detto - il tuo lavoro per farci entrare, come ha fatto il Verbo, nell’umano; e capire che Dio sempre si fa presente nell’umano». 

Il lavoro, adesso, per il Papa e per i suoi collaboratori, è «andare avanti», ha sottolineato Francesco. «Ti ringrazio tanto di questo lavoro. Ti ringrazio di averci parlato di memoria: questa dimensione deuteronomica che dimentichiamo; di averci parlato di speranza, di lavoro, di pazienza, come segnandoci la strada per avere quella memoria del futuro che ci porta sempre avanti».

Bergoglio confessa di aver pensato in più di un’occasione di questi giorni di riflessione e preghiera alla Gaudium et Spes, una delle principali costituzioni del Concilio Vaticano II sulla Chiesa nel mondo contemporaneo. Un documento «che ha trovato più resistenze, anche oggi», ha osservato, «in qualche momento io ti ho visto così: come con il coraggio dei Padre conciliari quando hanno firmato quel documento».

Non risparmia, tuttavia, il Pontefice anche una nota ironica sulle predicazioni dell’abate, confessando di essere rimasto «disorientato» leggendo i titoli delle meditazioni incentrate sul tema “La città dagli ardenti desideri per sguardi e gesti pasquali nella vita del mondo”, ispirato da una poesia di Mario Luzi.

«Mi ha fatto ridere quando hai detto che qualcuno, leggendo i titoli delle meditazioni, forse non capiva cosa ha fatto la Curia», ha detto Bergoglio. «Forse hanno affittato una guida turistica che li portasse per Firenze e i suoi poeti… E anche nella prima meditazione io sono stato un po’ disorientato, poi ho capito il messaggio».

Tra le risate generali, il Papa ha ribadito la gratitudine sua e dei rappresentanti di Curia al benedettino: «Grazie tante e saluta i monaci da parte mia e da parte nostra. Grazie!».

Nella sua ultima meditazione pronunciata di primo mattino dopo la messa del Papa, dom Gianni - riferisce Vatican News -, ha di nuovo preso ispirazione dai versi di Luzi - questa volta era la poesia “La città posta sul monte” - per commentare l’attualità della Chiesa e del mondo. In particolare il monaco ha ricordato l’ultimo attentato terroristico avvenuto ieri in due moschee della Nuova Zelanda per sottolineare che «tante nostre città offrono e generano sensazioni di sradicamento che favoriscono per i tanti problemi della città, della megalopoli contemporanea, comportamenti antisociali e di violenza, aggiungerei di paura». Quanto accaduto nei due luoghi di culto di Christchurch ne è la dimostrazione.

«Tuttavia – ha aggiunto il predicatore citando le parole dello stesso Papa Francesco – mi preme ribadire che l’amore è più forte. Tante persone in queste condizioni sono capaci, nonostante tutto di tessere legami di appartenenza e di convivenza che trasformano l’affollamento in una esperienza comunitaria, in cui si infrangono le pareti dell’io e si superano le barriere dell’egoismo». 

«La Chiesa - ha aggiunto - non può dispensarsi da essere fermento, testimonianza autentica e credibile di questo processo di amore, che accade nelle città se le sappiamo guardare con quell’occhio contemplativo che la stesso Evangelii gaudium che Riccardo di San Vittore, che Giorgio La Pira, che Mario Luzi, ci stanno insegnando in questi giorni».

E proprio sulla scia dei loro insegnamenti, il religioso ha evidenziato che «il compito grande che resta al popolo santo di Dio, ai suoi pastori, a tutti coloro che avvertono la bellezza affidabile, plausibile, ragionevole, di un fine così pieno di senso che Apocalisse oggi ci rivela è un in certo senso misurare la distanza fra qui e quel tempo futuro promesso dal Signore, esiste un solo metro, una sola misura». 

Lo affermava già «con grande passione» il sindaco di Firenze Giorgio La Pira: «Il filtro - diceva - attraverso il quale devono essere filtrati tutti i problemi umani collettivi storici, in ogni tempo, in ogni luogo, in ogni situazione storica. Eccolo qui, la parola viva di Dio, il metro, eccolo, la Sacra Scrittura».

L’abate ha perciò esortato ad «allargare» e «allungare» lo sguardo verso il futuro, precisando tuttavia che «l’attesa di una terra nuova non deve indebolire piuttosto stimolare la sollecitudine nel lavoro relativo alla terra presente». Su di essa «devono collocarsi i nostri piedi per passi di fede, di speranza, di amore, di responsabilità e di comunione, con i gesti di quelle mani che abbiamo già evocato perché si stringano agli altri e di fatto con questa mistica comunione essere il segno la prefigurazione, l’abbozzo della grande speranza che il Signore riserva per l’umanità intera, che non possiamo e non dobbiamo né smentire col calcolo dei nostri individualismi». È questo, ha detto Gianni, «l’orizzonte della Chiesa» e «dell’intera famiglia umana».

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