«Quando la malattia arriva a turbare e a volte a sconvolgere la nostra vita, allora sentiamo forte il bisogno di avere accanto a noi un fratello o una sorella compassionevole e anche competente, che ci consola, ci sostiene, ci aiuta a recuperare il bene prezioso della salute, oppure che ci accompagna fino alle soglie del nostro incontro finale con Dio». Ai religiosi camilliani, ricevuti oggi in Vaticano, Papa Francesco rinnova l’incoraggiamento a perseguire la «missione preziosa» svolta da circa cinquecento anni «nella Chiesa e nella società» accanto agli infermi e ai sofferenti. 

«Tutta la Chiesa nel suo insieme» ha il mandato di curare i malati, ma a San Camillo de Lellis e ai suoi seguaci, sottolinea il Papa, «Dio ha elargito il dono di rivivere e testimoniare l’amore misericordioso di Cristo verso i malati». Un «autentico carisma dello Spirito» che i religiosi vivono «in maniera esemplare, traducendolo in vita secondo il doppio binario dell’assistere direttamente i malati, specialmente i più poveri, nei loro bisogni corporali e spirituali, e dell’insegnare ad altri il modo migliore di servirli, a beneficio della Chiesa e dell’umanità». 

«Nel corso degli anni - afferma il Pontefice -, voi vi siete sforzati di incarnare con fedeltà il vostro carisma, traducendolo in una molteplicità di opere apostoliche e in servizio pastorale a beneficio dell’umanità sofferente in tutto il mondo». Un servizio che bisogna proseguire e farlo «in maniera profetica»: «Si tratta di guardare al futuro - ha detto il Papa -, aperti alle forme nuove di apostolato che lo Spirito vi ispira e che i segni dei tempi e le necessità del mondo e della Chiesa richiedono. Il grande dono che avete ricevuto è ancora attuale e necessario anche per questa nostra epoca, perché è fondato sulla carità che non avrà mai fine». 

Soprattutto, ha evidenziato Bergoglio, «in ascolto delle tante forme di sofferenza e di povertà dell’umanità di oggi, saprete in tal modo far risplendere di luce sempre nuova il dono ricevuto; e tante e tanti giovani di tutto il mondo potranno sentirsi da esso attirati e unirsi a voi, per continuare a testimoniare la tenerezza di Dio».

Tenerezza, ha aggiunto il Papa a braccio, che è «una parola che rischia di cadere dal dizionario». «Dobbiamo riprenderla e riattuarla, il cristianesimo senza tenerezza non va, è un atteggiamento cristiano e il metodo dell’incontro nostro con le persone che soffrono».

Infine il Pontefice, ringraziando il superiore generale della Famiglia carismatica camilliana, il brasiliano padre Leocir Pessini per le sue parole nel saluto iniziale, condito anche da alcune battute, ha chiesto di «conservare sempre il senso dell’umorismo» perché quello aiuterà a «non avere mai l’ulcera allo stomaco».

I commenti dei lettori