Quando si sporge dal parapetto in cemento armato che lo separa dal vuoto, e si affaccia sulla distesa di campi e colline, l’obiettivo di Giuseppe Conte diventa subito nitido: «Questo cantiere è fermo da sette anni. Siamo noi quelli che bloccano tutto? Dobbiamo assumerci la responsabilità di questo? Lo facciamo, ma mi sembra che dal 2012 siano passati un po’ di anni. E di governi».

Ha scelto di inaugurare qui, sul moncone sospeso nel nulla dell’Asti-Cuneo, un’autostrada che langue da trent’anni, un viaggio nell’Italia dei cantieri fermi per rovesciare la narrazione del governo dei No, che frena la crescita e paralizza lo sviluppo. E si è presentato davanti agli amministratori e alle imprese di questo territorio che è patrimonio Unesco promettendo di far ripartire i lavori ad agosto. Se sarà così nell’arco di tre anni i 9 chilometri che oggi mancano per collegare il moncone di Cherasco ad Alba dovrebbero essere terminati. «Ora siamo meno arrabbiati», commenta Claudio Bogetti, da dieci anni sindaco di Cherasco, dove la A33 si interrompe bruscamente. È il suo modo per dire che è stata siglata una tregua, il governo ora ha un credito di fiducia da spendere.

Nella contro-narrazione del presidente del Consiglio, e del ministro delle Infrastrutture Danilo Toninelli, c’è anche un altro elemento: il governo fa ripartire i cantieri, ma fa di tutto per dare l’impressione di dettare le condizioni. Anche a costo di essere rude. Quando un dirigente di Itinera, la società che fa capo al gruppo Gavio, concessionaria della Asti-Cuneo, gli illustra l’accordo raggiunto con l’ex ministro Delrio - il completamento della A33 in cambio della proroga di quattro anni della concessione sulla Torino-Milano - Conte lo interrompe bruscamente: «Quattro anni? Ma quanto volete guadagnare? Basta regali. Non ci sarà nessuna proroga».

La soluzione che il premier e Toninelli annunciano poco dopo, in prefettura a Cuneo, è diversa: la concessione sulla Torino-Milano scadrà, come previsto, nel 2026. Il gruppo Gavio dovrà investire 350 milioni per completare la Asti-Cuneo e se nel 2026 vincerà la gara sulla Torino-Milano saranno tutti soddisfatti. Altrimenti il nuovo concessionario dovrà indennizzare Itinera per il disturbo. «Così lo Stato risparmia 213 milioni», spiega Toninelli.

Come sia stata quantificata la cifra non è chiaro, ma di sicuro nel breve periodo i concessionari ci perdono. Quattro anni di proroga sulla Torino-Milano frutterebbero oltre 700 milioni a fronte di spese per 350 sulla Asti-Cuneo. Con l’opzione del governo i privati nell’immediato non hanno vantaggi ma possono gettare un’ipoteca - non decisiva - sul rinnovo della concessione nel 2026. In prospettiva, dunque, potrebbero guadagnarci di più, ma non è detto.

Di sicuro - almeno, così garantisce Conte - c’è che ad agosto i lavori possono ripartire. Per le imprese è una fiammella di speranza: «Questo è uno dei territori più operosi d’Italia, è incredibile che non si riescano a risolvere questioni storiche che danneggiano la nostra competitività», dice il presidente del Patto per lo sviluppo della Granda Luca Crosetto. «Il deficit di infrastrutture di quest’area è una zavorra per la produttività delle imprese, ci isola dal Paese».

La diffidenza è dura da scalfire. Toninelli assicura che la sua soluzione non dovrà essere sottoposta al vaglio della Commissione europea, cosa che provocherebbe uno stop di quasi due anni. I sindaci ci sperano, il presidente della Regione Sergio Chiamparino si fida poco: «Non sono sicuro che sia così». I rapporti - minati dalla Tav - sono ai minimi termini. Chiamparino lamenta il tempo perso: lo stallo sulla Asti-Cuneo si poteva sbloccare nove mesi fa. Toninelli gli replica gelido: «Finora non ci è stato molto d’aiuto, gli ho chiesto una mano almeno per l’ultimo metro».

Un angolo di Nord attende, da ieri con un po’ di fiducia in più.

BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI

I commenti dei lettori