«Il nuovo luogo di culto sia un costante richiamo a incontrare il Signore nell’intimità della preghiera per testimoniarlo nella vita quotidiana, diventando testimoni di pace e di fraternità». È quanto auspica Papa Francesco in un telegramma inviato all’Ordinario militare, monsignor Santo Marcianò, in occasione dell’inaugurazione ieri pomeriggio, della chiesa dedicata a San Giovanni XXIII e a Maria Decor Carmeli e degli annessi locali pastorali, nella base Unp 2-3 di Shama, in Libano.

Nella missiva, riportata da Vatican News, il Papa rivolge ai partecipanti il suo «beneaugurante pensiero», esprimendo «apprezzamento per la significativa realizzazione» della chiesa costruita con la partecipazione di cristiani di tutte le confessioni insieme a musulmani sciiti e sunniti.

Proprio 65 anni fa, Roncalli, come Legato Pontificio, si era recato in Libano per incoronare “Maria Regina del Libano”, ricordando anche l’esperienza di comunione e pace fatta in quei giorni alla presenza di patriarchi e vescovi di vari riti: maroniti, greci, siri, armeni, caldei, copti, latini.

«Oggi Papa Giovanni ritorna in Libano da santo e patrono dell’esercito italiano. Il Papa della pace viene in questa sua casa e vuole farci comprendere quanta responsabilità di pace sia affidata alle forze armate», ha detto Marcianò nell’omelia della messa di dedicazione di ieri. L’arcivescovo – riferisce l’agenzia Sir - ha citato le 1nuove tipologie di conflitti che richiedono una difesa internazionale sempre più unita e competente», ma «sempre più attenta a frenare le logiche di odio e vendetta, potere e sopraffazione, esclusione e lesione della dignità umana».

Logiche che, secondo il prelato, sono «capaci di infuocare tanto le guerre mondiali di ieri quanto le lotte interne, la criminalità, il terrorismo fondamentalista, che oggi seminano paura e morte». Ricordando che san Giovanni XXIII è stato cappellano militare e nunzio apostolico in Oriente, l’arcivescovo ha concluso che Papa Giovanni «viene a educare i nostri e i vostri cuori affinché, da operatori di pace, possiate costruire e indicare itinerari di riconciliazione nella pacifica e operosa convivenza tra culture, razze e religioni».

L’Ordinario militare ha rivolto poi l’invito ai militari presenti alla celebrazione a «cercare l’unità tra diritto e amore»: «Una unità sempre possibile e sempre più necessaria, nel nostro mondo che spesso si rifugia in un legalismo escludente e senza carità o in un pacifismo irreale e lontano dai bisogni dei più fragili».

Riferendosi alla missione Unifil, l’arcivescovo l’ha definita una «casa tra le case della gente», che «vuole aiutare questa nazione». Da qui un incoraggiamento al processo di pace «segnato da difficoltà e speranza» e su un luogo in cui si cerca di «custodire e promuovere la pace, grazie alla cooperazione tra militari di tanti Paesi diversi, con diverse culture e religioni». «Tutti – ha aggiunto il presule – avete lavorato insieme alla preparazione di questa chiesa e operate insieme nel quotidiano, armonizzati dal dialogo che si respira nella realtà religiosa del Libano e dalla ricerca comune del bene della pace, via privilegiata per la comunione».

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