Alle prime ore del mattino il tram giallo è già qui, avanti e indietro come ogni giorno sulle rotaie che attraversano piazza 24 Ottobre, il crocevia dell’attentato di lunedì indicato adesso da mazzi di fiori, foto, disegni, un silenzio tacito tra i passeggeri che guardano dal finestrino l’improvvisato monumento a gente come loro, tre morti, tre feriti ancora gravi.

Le prime pagine dei giornali sono tutte per la mattanza di Gokmen Tanis, anche se nessuna parla esplicitamente di terrorismo a eccezione di un cauto «allarme» del “Telegraaf”. Per ore infatti, durante la caccia all’uomo, la polizia ha imposto alle indagini un profilo bassissimo per rassicurare la popolazione, rivelando la foto e l’identità del 37enne di origine turca per facilitarne il riconoscimento, ma lasciando che la pista familiare prevalesse su quella, pur non esclusa, terroristica. Oggi, invece, sappiamo dagli inquirenti che la 19enne uccisa per prima «non aveva alcun rapporto di parentela» con Gokmen Tanis, che come aveva ripetuto l’esperta di terrorismo Beatrice de Graaf c’era un foglio «con contenuti jihadisti» appeso allo specchietto della Clio rossa abbandonata dall’assassino e che in virtù di quel foglio viene «preso seriamente in considerazione il movente terroristico», che il killer è stato tracciato grazie a un’operazione d’internet-banking con la quale dal cellulare di un amico stava trasferendo «una somma di denaro» sul suo conto e sappiamo che ieri notte è stato arrestato un nuovo sospetto (i due fratelli di 23 e 27 anni, non parenti di Tanis, fermati lunedì notte, sono stati invece rilasciati).

«Il nostro compito è assicurare la calma e la tranquillità» insiste il ministro della giustizia Ferd Grapperhaus, mentre Utrecht si guarda intorno confusa. Di certo Gokmen Tanis sapeva sparare, lo confermano l’arresto del 2014 per porto illegale di armi e gli abitanti del suo quartiere, Oudenoord, case a due piani, grandi finestre sulla strada, giardinetti dove si continuano a ricordarne i crimini, furti con scasso, aggressioni, «uno psicopatico cocainomane e senza alcun Dio» secondo l’ex moglie Angelique, a cui si deve la sua condanna per stupro del 2017 non ancora del tutto scontata.

Doveva essere in carcere Gokmen Tanis. Invece era fuori, rabbioso e «sempre più barbuto», dice qualcuno lungo Kanalstraat, l’arteria del grande quartiere turco che parte dalla moschea Ulu Camii e finisce con la parrocchia di Sant’Antonio da Padova. La comunità, devotissima a Erdogan, lo sconfessa, «lui e quel suo fratello partito per la jihad in Cecenia», e confida nell’inchiesta per terrorismo annunciata da Ankara. Le voci che girano, secondo cui sul foglio nella Clio ci sarebbero la volontà di vendicare i musulmani neozelandesi e l’invocazione ad Allah, lasciano freddi i connazionali della diaspora: se è terrorismo, non è in loro nome.

«Il modus operandi è insolito per un attentato, il tram, gli spari mirati, l’attentatore di origine turca, è una storia strana con tanti interrogativi» ragiona l’esperto di sicurezza Teu van Dongen. Resta dubbioso ma ammette che il problema della radicalizzazione esiste eccome: la piccola Olanda ha «donato» allo Stato Islamico circa 300 foreign fighter.

Cala la sera e i giornali preparano titoli diversi da ieri, molto è stato taciuto, molto è da chiarire. «Il governo ha reagito in modo sproporzionato, isterico, forse aveva la testa alle elezioni e voleva mostrarsi forte» nota Arnoud van Doorn, ex membro del PVV di Gert Wilders da cui ruppe nel 2011 per farsi musulmano e fondare il partito di centro-destra islamico PvdE. Altri, diversamente da Van Doorn, criticatissimo per essersi detto troppo presto contento che non si trattasse di terrorismo, ritengono invece che governo e polizia siano stati troppo soft, quasi svianti per non urtare nessuna sensibilità. Stamattina gli olandesi vanno alle urne, è un voto regionale ma riflette il mood nazionale e ha visto una campagna elettorale tutta puntata su clima e terrorismo. I sondaggi avevano scommesso finora su un arretramento del premier Rutte e un grosso successo dei Verdi: dopo l’attentato, dicono ora, le quotazioni dell’estrema destra di Forum for Democracy, che rosicchia consensi a Gert Wilders, sono alle stelle.

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