Il padre, Mehmet Tanis, ripete che non si parlavano da 11 anni, grossomodo da quando Gokmen aveva lasciato la provincia natale di Yogat, nel cuore di quell’Anatolia da cui proviene la stragande maggioranza delle famiglie turche immigrate in Olanda e soprattutto a Utrecht e a Rotterdam.

In realtà sembra che Gokmen Tanis, il 37enne arrestato per la mattanza di piazza 24 Ottobre, parlasse poco anche con gli abitanti di Kanaleneiland, il quartiere dove viveva e dove ieri mattina ha ucciso a sangue freddo facendo fuoco sul tram giallo che collega la Stazione centrale di Utrecht a questa periferia popolare nota come «piccolo Marocco» perché l’80% degli abitanti è di origine straniera.

«So che per un periodo aveva lavorato come lavapiatti in un ristorante, voleva mostrarsi tanto religioso ma ha sempre avuto guai con la giustizia, non è esattamente il tipo d’uomo che vorrei frequentasse le mie figlie» racconta una connazionale velata e sui 50 anni che curiosa dal marciapiede davanti al numero 384 di Maeshallaan, dove la polizia setaccia uno degli ultimi indirizzi dell’assassino.

A prima vista l’identikit di Gokenem Tanis ricalca quello dei tanti lupi solitari che da anni terrorizzano l’Europa, criminalità comune, droga, una rapina a Best nel 2012 e un tentato omicidio l’anno successivo, risse con la polizia, guida in stato di ebbrezza, una catena di violenza sublimata a un certo punto in un accenno di barba devota, come l’attentatore di Strasburgo Cherif Chekatt o come Salman Ramadan Abedi, quello di Manchester. Secondo la Bbc sarebbe stato anche arrestato per connivenze con il terrorismo islamico e poi rilasciato. Un imprenditore riferisce alle agenzie di stampa turche di un suo viaggio in Cecenia in odor di jihad, ma anche questo resta sospeso.

«La nostra comunità protegge i suoi figli, facciamo in modo che i giovani turchi stiano lontani dagli ambienti radicalizzati» spiega un guardiano della nuova moschea Ulu Camii, la più grande della città, quella spesso messa all’indice dal partito islamofobo Pvv, dove di Gokenem Tanis non vogliono sentir parlare. Qualcuno nell’adiacente Kebap Factory cita piuttosto le controversie con le forze dell’ordine sin dal 2012 e la storia della ex moglie che dopo la rottura un paio di anni fa l’ha portato in tribunale per violenza domestica e stupro, il processo in cui è comparso per la prima volta due settimane fa.

Il passato e il presente di Gokenem Tanis intrecciano una storia ambigua. L’intelligence olandese mantiene il riserbo ma i media parlano di un regolamento di conti in famiglia, colpi sparati direttamente a una delle tre vittime che potrebbe essere la cognata e poi ai passeggeri del tram che la soccorrevano, qualcosa di più simile ai delitti d’onore che nelle comunità immigrate nei Paesi Bassi sono in aumento da quasi dieci anni. Eppure la donna che ha riconosciuto come quella del killer la Renault Clio rossa a motore acceso in Amerikalaan, a 5 chilometri dall’attentato, dice che c’era un foglio appeso allo specchietto retrovisore di cui non può parlare. Poche righe appena, lasciate bene in vista li.

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