Il giorno dopo c’è qualcosa che, ostinatamente, non torna. La Critical Mass è una protesta che più volte all’anno viene organizzata in molte città. Lo scopo è disturbare le auto per sollevare l’attenzione sulla necessità di promuovere forme alternative di mobilità. Pacificamente. Talvolta bloccando il traffico. È accaduto giovedì sera tra corso Vittorio e corso Re Umberto: ne sono nati tafferugli con la polizia, intervenuta per sgomberare chi occupava l’incrocio, e quattro denunce. Ironia della sorte, l’incidente con la polizia - che voleva liberare subito l’incrocio - ha finito per paralizzare il traffico per un’ora.

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Non era mai successo, eppure questa manifestazione non è una novità. «Eravamo un gruppo di ciclisti, di amici, che per una sera cercavano di rivendicare lo spazio della città che spetta anche a loro» racconta Elisa Gallo, uno degli organizzatori. «Le cariche, le tenute antisommossa, il bloccare il traffico per un’ora (loro, non noi) sono una reazione sproporzionata e una repressione a una manifestazione pacifica che non possiamo né dobbiamo accettare». Sulla stessa linea Bike Pride Torino, che annuncia per giovedì una nuova pedalata collettiva: l’appuntamento è per le 19 davanti al Municipio.

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Le contraddizioni, come spesso accade in questa fase della vita di Torino, stridono. C’è una sindaca sotto minaccia degli anarchici (e sotto scorta) che preferisce non commentare. E c’è la sua maggioranza che invece accusa in maniera esplicita con toni durissimi. Ma lo fa contestando una legge varata dal governo di cui fa parte il Movimento 5 Stelle. L’azione muscolare della polizia applica - in maniera rigida ma formalmente corretta - il reato di blocco stradale introdotto dal decreto sicurezza firmato dal ministro Salvini, che prevede il carcere da 2 a 12 anni.

Un cortocircuito. L’ennesimo, nella Torino a Cinque Stelle. Come lo è lo smarcarsi dei grillini torinesi che non esitano a contestare pubblicamente la gestione dell’ordine pubblico in città - Asilo sgomberato, celere sui tram e a scuola - e dunque, per osmosi, il ministero dell’Interno. «Qui si sta uscendo fuori di testa, non esiste giustificazione per la violenza messa in atto dalla polizia» dice la consigliera Cinque Stelle Maura Paoli. «È inaccettabile e vergognosa questa violenza gratuita» aggiunge Daniela Albano. La vicepresidente del Consiglio comunale Viviana Ferrero esagera e parla di «prove generali di dittatura».

Una nota ufficiale del Movimento 5 Stelle chiede chiarezza. Critiche arrivano anche da Sinistra Italiana e Cantiere Civico. Anche gli esponenti più moderati della galassia grillina, come l’ex presidente della Sala Rossa Fabio Versaci, sono in ebollizione: «La critical mass è una forma di protesta pacifica. Tutte le proteste creano disturbo sennò a cosa servono? Anche i No Ztl lunedì sera hanno bloccato il traffico in via Milano dove passa il 4». E a nessuno è venuto in mente di farli sloggiare. Il senatore Alberto Airola parla di «aggressione» . E stoppa subito chi parla di esponenti dei centri sociali presenti in strada: «Se anche ci fossero stati non è giustificata».

Già, perché il tutto accade in una Torino che non ha ancora archiviato le tensioni per lo sgombero dell’Asilo occupato di via Alessandria, che ha portato alle scene di guerriglia urbana vissute la sera del 9 febbraio. In questo clima proprio il quartiere Aurora si prepara ad accogliere, la prossima settimana, la kermesse di Biennale Democrazia: una riflessione sulla marginalità sociale che non a caso ha scelto uno dei borghi più multietnici e delicati di Torino. Sabato 30, però, è in programma un altro evento «per resistere contro i padroni della città che fanno la guerra ai poveri e la chiamano riqualificazione». Non ci sono dettagli, ma lo slogan è piuttosto chiaro: «Blocchiamo la città».

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