Le agenzie di stampa che vogliono presentare richiesta per il rinnovo della convenzione annuale con il Comune di Roma dovranno inviare un elenco dettagliato dei propri dipendenti per verificare eventuali parentele («fino al secondo grado») con i dipendenti o i dirigenti del Comune di Roma. Il documento del Campidoglio, reso noto ieri, ha scatenato un vespaio di polemiche: «Invece di controllare i suoi - attacca la presidente di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni - Virginia Raggi preferisce schedare i giornalisti richiedendo alle agenzie di stampa che seguono il Campidoglio una profilazione dei dipendenti. Il pretesto? «Non devono esserci parenti in Comune». Io dico che in Comune non dovrebbe esserci la Raggi».

Per il senatore Antonio Saccone (Udc/Fi), «nel bando per il rinnovo delle agenzie giornalistiche il Campidoglio ha inserito una condizione che ha il sapore di neo bolscevismo: indicare l’organigramma ed eventuali gradi di parentela dei dipendenti dell’Agenzia con dipendenti del Comune di Roma. Solo a pensarla una cosa del genere fa venire i brividi. Si conferma che al Campidoglio oltre al nulla in termini di capacità di governo della Capitale si aggiunge l’assurdo».

E ancora, secondo Maurizio Gasparri, senatore di Forza Italia, «Siamo al delirio. In questi giorni le agenzie di stampa si sono viste recapitare una lettera del direttore dell’ufficio stampa del Comune di Roma Capitale con la quale, in riferimento agli abbonamenti alle stesse agenzie da parte del Comune, si pongono dei quesiti assurdi. Per verificare l’esistenza di eventuali conflitti di interesse, le agenzie dovrebbero recapitare al Comune l’elenco dei propri dipendenti (chi sa perché), specificando se sussistano “rapporti di parentela o affinità” tra un qualsiasi dipendente dell’agenzia e di un qualsiasi dipendente di Roma Capitale. Cioè perché ci sia un conflitto basta anche un lontano rapporto di affinità tra un fattorino di una agenzia e un vigile urbano o un usciere del Campidoglio. Su questo delirio ho presentato una interrogazione alla presidenza del consiglio, per stroncare questa ulteriore farneticazione grillina. Un adempimento assurdo, ingiustificato, impossibile da attuare».

Rincara la dose Mara Carfagna (FI), vicepresidente della Camera, secondo la quale «la documentazione che il Campidoglio ha chiesto alle agenzie di stampa che seguono i lavori dell’Assemblea capitolina è una pazzia mai vista degna di una schedatura da Unione Sovietica», mentre «fa sorridere che a turbare il sonno della sindaca Raggi, siano le eventuali parentele tra i giornalisti e i quasi 30mila impiegati comunali e non la brutta storiaccia di tangenti e corruzione che ha portato all’arresto dell’ex presidente dell’assemblea De Vito e all’iscrizione nel registro degli indagati dell’ex vice sindaco Frongia. Oppure lo stato pietoso in cui ormai versa la nostra bellissima città, di fatto abbandonata da tempo a sé stessa».

Duro anche Michele Anzaldi, deputato Pd: «È evidente che non solo non esiste alcuna norma italiana che giustifichi una richiesta del genere ma che essa si configura come una grave violazione della privacy dei soggetti interessati. Si fa, tra l’altro, fatica a comprendere la logica di una documentazione del genere. Quale conflitto di interessi potrà mai esserci se la moglie di un giornalista di un’agenzia, per esempio, fosse impiegata nell’ufficio anagrafe del Campidoglio?». Anzaldi conclude annunciando che presenterà «un’interrogazione, coinvolgendo anche Agcom e Garante per la privacy, per capire quale sia il senso dell’iniziativa del Campidoglio e, soprattutto, se i dati richiesti non rappresenti una violazione dei regolamenti sulla privacy».

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