Dopo la rinuncia di Benedetto XVI, il principale pronostico per la successione è un duello Scola-Scherer. Con l’Arcivescovo di Milano favorito sul brasiliano. Invece, il risultato della prima votazione del Conclave chiarisce subito che non sarà così: l’allievo italiano di Ratzinger riceve 30 voti, ma non la quarantina che molti si aspettavano; ed è incalzato da un certo Bergoglio«la sorpresa», scelto da 26 porporati. L’Arcivescovo di San Paolo si ferma a 4. Dunque, significa che gli elettori italiani sarebbero divisi sul loro connazionale, e che, come dice il cardinale Gracias, «lo Spirito Santo ci stava guidando in una particolare direzione». Lo rende noto Gerard O’Connell, vaticanista di America, la rivista newyorkese dei Gesuiti, autore di una straordinaria opera di 270 pagine, «The Election of Pope Francis: An Inside Account of the Conclave That Changed History» (Orbis Books, 2019), in uscita il 12 aprile. Questi retroscena emergono da un brano del libro pubblicato sul sito di America.

Tra l’altro, O’Connell seguì il Conclave che elegge papa Francesco anche per Vatican Insider, citato più volte nel libro.

Ecco l’esito del primo scrutinio segreto, la sera del 12 marzo 2013: Angelo Scola 30, Jorge Mario Bergoglio 26, Marc Ouellet 22, Sean Patrick O'Malley 10, Odilo Pedro Scherer 4. Poi, cinque cardinali a 2: Timothy Dolan, Laurent Monswengo Pasinya, Christoph Schönborn, Peter Turkson, George Pell. Altri prendono un voto: Ennio Antonelli, Audrys Backis, Carlo Caffarra, Thomas Collins, Oswald Gracias, Mauro Piacenza, Gianfranco Ravasi, Óscar Rodríguez Maradiaga, Leonardo Sandri, Robert Sarah, Luis Antonio Tagle, André Vingt-Trois.

«La grande sorpresa è Jorge Mario Bergoglio», dice O’Connell: l’Arcivescovo di Buenos Aires avrebbe addirittura ricevuto 27 voti, se un elettore non avesse sbagliato a digitare il suo nome, scrivendo «Broglio» sulla scheda. 

«Quel primo voto disperso avrebbe potuto dare l'impressione di grande incertezza - spiega O’Connell - ma gli elettori lo hanno visto in una luce molto diversa. Il cardinale Gracias, per esempio, mi ha detto di leggerlo in questo modo: “Lo Spirito Santo stava già indicando, lo Spirito Santo ci stava guidando in una particolare direzione. Dio era lì”».

Riflette l’autore: «Il voto ha confermato ciò che molti già sapevano o sospettavano: i 28 elettori italiani erano profondamente divisi su Scola». E, come «ha mostrato la storia degli ultimi due Conclavi (ottobre 1978 e aprile 2005), quando gli italiani sono divisi, un italiano non sarà eletto. La storia stava per ripetersi?». 

Nessuno raggiunge i due terzi, e così le schede vengono bruciate, come da tradizione, e arriva la fumata nera.

Scherer quindi non è in corsa, che si prospetta a tre: Scola, Bergoglio, Ouellet. Quest’ultimo è canadese, prefetto della Congregazione per i Vescovi, figura gradita all’ala conservatrice che non vuole Scola papa. Ouellet viene «portato» platealmente dal cardinale Joachim Meissner, arcivescovo di Colonia.

Sebbene molto apprezzato - soprattutto per aver risollevato la sua diocesi dall'enorme piaga della pedofilia insabbiata dal predecessore Bernard Law - non appare papabile invece l’arcivescovo di Boston O’Malley, anche perché, secondo O’Connell, «pochi volevano un Papa dalla superpotenza mondiale», cioè gli Stati Uniti. 

Per Bergoglio si spendono soprattutto Gracias, Walter Kasper, Monswengo Pasinya, Rodríguez Maradiaga, Jean-Louis Tauran, Turkson.

Di certo, quel primo «ballottaggio sembrava indicare a molti elettori che il prossimo papa non sarebbe stato europeo».

E infatti, la sera dopo, dalla loggia centrale della basilica di San Pietro si affaccia un argentino.

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