«Preghiamo per i medici e il personale umanitario presenti in zone di guerra che rischiano la propria vita per salvare quella degli altri». È la richiesta di Papa Francesco nel videomessaggio per le intenzioni di preghiera per il mese di aprile 2019. 

Nel filmato - promosso dalla Rete mondiale di Apostolato di Preghiera del Papa, e realizzato come sempre dall’agenzia La Machi che lo ha diffuso sul web in sette lingue - il Pontefice definisce come «un segno di speranza» la presenza dei medici degli infermieri e del resto del personale sanitario nelle zone devastate dai conflitti. «Sono persone sagge, coraggiose, buone, che seguendo la loro vocazione lavorano in condizioni estremamente pericolose», dice, mentre scorrono le immagini della grande opera svolta da queste persone nei cinque continenti, specie nelle terre di profonda povertà.

Attualmente - ricorda l’Unhcr - ci sono più di 20 conflitti armati nel mondo, sette dei quali hanno provocato un consistente numero di vittime e sfollati forzati: Yemen, Iraq, Siria, Sud Sudan, Somalia, Afghanistan e Ucraina, oltre alla Repubblica Democratica del Congo e alla Repubblica Centroafricana, che si trovano in una situazione di conflitto costante ormai da anni. E i conflitti armati sono uno dei principali motori delle emergenze umanitarie. Il bisogno di medici, infermieri, ostetriche, altri operatori sanitari, personale ausiliario e di gestione nelle crisi umanitarie è enorme.

Il sito della Santa Sede Vatican News stima che siano 135,7 milioni le persone in tutto il mondo che hanno bisogno di assistenza umanitaria. I fondi necessari per coprire i piani di aiuto sono 25,2 miliardi di dollari, ma quelli raccolti sono solo 15,2 miliardi. Quindi la copertura copre solo il 60,3% del fabbisogno. Una cifra ridicola, se confrontata con i 1739 miliardi di dollari della spesa militare globale di un solo anno, per l’acquisto di armi, carri armati e aerei da guerra. Come denunciano varie organizzazioni umanitarie, nelle guerre di oggi gli ospedali e i centri sanitari non si possono più considerare luoghi sicuri, perché vengono bombardati di routine come obiettivi bellici, contrariamente a quanto stabilito dal Diritto internazionale umanitario.

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