«Se la ricostruzione procede lentamente c'è il rischio di una emorragia demografica che può colpire soprattutto i giovani che scelgono spesso la strada dell'emigrazione». Lo ha detto l’arcivescovo metropolita dell’Aquila, il cardinale Giuseppe Petrocchi, in un’intervista a Tv2000 durante lo speciale sul terremoto che dieci anni fa devastò L’Aquila.

«Gli aquilani – ha aggiunto il cardinale - sono gente di montagna. Persone abituate a confrontarsi con un ambiente a volte ostile. Ogni volta gli aquilani si sono rialzati, il problema oggi è sapere se L’Aquila sarà una città adeguatamente abitata». 

«È commovente il fatto – ha sottolineato Petrocchi - che quando vado nei paesi la gente mi avvicina e mi chiede di riavere la chiesa. È come un bisogno primario. Temiamo purtroppo che la ricostruzione delle chiese possa procedere con una grave lentezza. E per quanto riguarda il Duomo stiamo aspettando che vengano avviati i cantieri».

Cantieri dunque che non sono mai partiti. Le telecamere della emittente della Cei, entrate all’interno del Duomo, mostrano infatti una chiesa lasciata nel degrado totale. Un appalto pubblico rimasto praticamente fermo. E negli anni nel Duomo sono cresciute persino le piante poiché dopo il sisma tutto è stato lasciato a cielo aperto con il tetto scoperchiato ed esposto alle intemperie. Gli affreschi e i beni della chiesa sono esposti a pioggia, neve e sole e con il passare del tempo tutto si sta sgretolando.

L’intervista di Tv2000 a Giuseppe Petrocchi, cardinale e arcivescovo metropolita de L’Aquila

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