Un barcone con settanta persone a bordo (inizialmente si era parlato di una novantina) è stato intercettato nella tarda mattinata nel tratto di mare tra Malta e la Sicilia mentre si dirigeva verso le coste dell’Agrigentino. Motovedette della Guardia costiera e della Guardia di finanza l’hanno raggiunto quando era già sul limite delle acque territoriali. A bordo c’era un gruppo di migranti, quasi tutti uomini e una sola donna, formato da 53 tunisini e 17 libici: probabilmente l’ennesimo «sbarco fantasma» sulle coste meridionali della Sicilia, visto che l’imbarcazione pare fosse diretta verso una spiaggia di Licata, a est di Agrigento, zona che come buona per parte delle coste agrigentine, da un anno e mezzo è diventata mèta di piccoli sbarchi autonomi su cui da tempo indaga la procura.

Tuttavia, una volta intercettato il barcone, la destinazione finale dei migranti è stata quella di Lampedusa. Il gruppo, infatti, è stato trasbordato su due motovedette che hanno fatto rotta verso la maggiore delle isole delle Pelagie dove l’arrivo è avvenuto in serata, con il successivo trasferimento nell’hotspot di contrada Imbriacola.

Stando a indiscrezioni, la barca avrebbe chiamato la sala operativa della Guardia costiera di Roma per chiedere aiuto ma l’operazione di soccorso non è scattata. Le autorità italiane hanno invece deciso di intercettare il barcone; in questo modo giuridicamente l’arrivo dell’imbarcazione può essere considerata come un tentativo di ingresso clandestino nel Paese. Dal Viminale si fa sapere che la decisione di portare i migranti a Lampedusa è stata fatta per «velocizzare le identificazioni, individuare gli scafisti e per far scattare le procedure di espulsione». Proposito sul quale è intervenuto anche lo stesso ministro dell’Interno Matteo Salvini: «In Italia si entra rispettando le regole. Siamo già al lavoro affinché i clandestini arrivati a Lampedusa vengano rispediti a casa loro nelle prossime ore». Difficile però pensare che le espulsioni possano essere rapide. E se con la Tunisia esiste comunque un accordo per i rimpatri, con la Libia ciò è impensabile. Anzi, la presenza di libici su un barcone presumibilmente partito dalla Tunisia fa immaginare scenari nuovi: la fuga di civili dalla Libia per il conflitto in corso. Il Viminale comunque assicura che «non si teme, al momento, un incremento delle partenze di immigrati ma la situazione è costantemente monitorata».

Al largo di Malta prosegue intanto l’attesa della nave «Alan Kurdi» della Ong tedesca Sea-Eye che a bordo ha 62 dei 64 migranti salvati in mare, al largo della Libia, mercoledì della scorsa settimana. Come avvenuto anche due giorni prima, la notte scorsa un’altra giovane donna, 23 anni, incinta, è stata trasferita in ospedale a Malta con una motovedetta della Marina maltese. Al marito non è stato consentito di accompagnarla ed è dovuto rimanere sulla nave umanitaria. Oggi Unhcr, Oim e Unicef con una nota congiunta hanno chiesto che alla «Alan Kurdi» venga assegnato subito un «porto sicuro» dove sbarcare i migranti. Dalla Commissione Ue, che da giorni tratta con i membri dell’Unione su richiesta della Germania (Stato di appartenenza di nave e Ong) per il ricollocamento dei migranti, si assicura che l’accordo con alcuni Paesi è ormai vicino.

Ieri all’alba un gruppo di migranti su una barca in legno senza motore aveva lanciato un allarme mentre si trovava al largo tra Libia e Tunisia, riferendo al servizio «Alarm Phone» che 8 di loro erano caduti in mare e risultavano dispersi. Dopo una giornata di richieste di intervento da parte delle Ong, solo in serata la barca è stata raggiunta dalla Guardia costiera libica che ha recuperato i migranti, 26 tra cui una donna e un bambino, riportandoli indietro e sbarcandoli a Zuara. Dure le proteste delle organizzazioni umanitarie perchè la Libia, soprattutto adesso con i venti di guerra civile che soffiano, non può essere considerata un «porto sicuro».

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