Promulgata ed entrata in vigore il 10 aprile, la nuova Costituzione cubana è forse il primo atto di grande impatto istituzionale ed eco internazionale assunto con la nuova presidenza della Repubblica. La Costituzione proclama la continuità storica del sistema cubano con le lotte rivoluzionarie e prerivoluzionarie e il suo carattere socialista, ma apre una possibile strada di modernizzazione economica e un catalogo estremamente moderno di diritti della persona.

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La Repubblica è uno Stato socialista di diritto. Ne sono caratteristiche la giustizia sociale, il fondamento nel lavoro (che deve costituire la fonte «principale» di sostentamento, non la sola), l’umanesimo e la dignità, l’equità, l’uguaglianza, la solidarietà. A questi cardini su cui si fonda la Repubblica, la Carta costituzionale affianca ora all’obiettivo del «benessere» individuale e collettivo anche la «prosperità» dei singoli e della società.

Questa prospettiva – la dignità, la prosperità, oltre a uguaglianza, solidarietà, equità – sembra importante e non trova riscontro nella precedente Carta. Vi si basa l’inedita «costituzione economica» in cui il legislatore traccia una decisa, ancorché solo potenziale (perché rimessa all’indirizzo che assumeranno le leggi attuative), innovazione del sistema. Un sistema fondato sulla pianificazione, ma che deve tener conto, in questo senso si esprime la Carta, anche del mercato. Si riconoscono sette diverse forme di proprietà, tra cui la proprietà statale (la proprietà «di tutto il popolo») è solo la forma principale, mentre lascia aperta la strada a forme ulteriori rispetto alla proprietà personale in cui di solito si esaurisce la proprietà privata nei sistemi socialisti.

La proprietà della terra e quella dei mezzi di produzione (purché non strategici e di interesse generale) potrà far capo a privati, cooperative, enti stranieri, i cui investimenti nel paese vengono promossi e garantiti. La trasmissione della proprietà privata non è più limitata, come in precedenza, agli atti di carattere gratuito. L’impresa statale è solo il soggetto principale dell’economia nazionale, e allo Stato risalgono le funzioni essenziali di carattere sociale e pubblicistico. Ma non si tratta dell’attore esclusivo dell’attività economica, avviata verso un regime misto, in cui coesistano attività pubblicistiche, investimenti stranieri e iniziative cooperative e private, complementari ma non confinate alla microimpresa domestica che l’economia cubana ha già conosciuto.

In definitiva, si apre con decisione all’investimento straniero, e a forme ulteriori di proprietà privata e alla sua trasmissione a titolo oneroso, e, almeno in termini potenziali, alla coesistenza dell’iniziativa economica privata con l’impresa statale pianificata. La società cubana il suo ordinamento giuridico hanno vissuto questi ultimi decenni in uno stato di attesa, tormentato, dopo la stagione di disgelo avviata dalla Presidenza Obama, da perduranti contrapposizioni esterne e da esitazioni e resistenze interne. È indispensabile un rinnovamento delle relazioni internazionali e dell’ordinamento interno per garantire a quel paese il rispetto dei diritti fondamentali, l’accesso all’informazione, ai rapporti transnazionali, allo svolgimento dignitoso dei propri progetti di vita. Un rinnovamento che può intendersi come strumento di realizzazione degli stessi obiettivi e delle conquiste della rivoluzione castrista e che la Carta lega tra l’altro al promovimento della scienza, della tecnologia, e dell’innovazione, individuati come «elementi imprescindibili dello sviluppo economico e sociale».

La modifica costituzionale era quindi attesa da tempo, per mettere mano a le fatiche d’Ercole di un nuovo ordinamento giuridico, alla riscrittura di leggi e codici (il Codice civile, che nel 1987 ha sostituito il precedente codice di tradizione europea, e il Codice di commercio, ancora formalmente in vigore ma svuotato completamente a favore del diritto pubblico dell’economia), su temi cardine del diritto privato: l’autonomia privata, la proprietà, le persone, la famiglia, l’impresa, la concorrenza, il fallimento, il diritto dei consumatori che pure trova esplicita formulazione nella nuova Costituzione (e che è strumento, anche in un ambiente di scarsa o nulla iniziativa privata e concorrenza, di razionalizzazione e di efficienza delle relazioni economiche, e di democrazia economica).

La strada è stata ora aperta, bisognerà verificare con quale convinzione e in che direzione si riuscirà a percorrerla. Non sarà un pranzo di gala.

(*) Andrea Barenghi è professore ordinario di Diritto civile
Università degli Studi del Molise

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