«Radical chic e snob». Il ministro degli interni Matteo Salvini martedì twitta sulla scrittrice Michela Murgia, etichettandola come intellettuale spocchiosa perché si era rifiutata di rispondere sulla questione migranti al microfono di Quarta Repubblica di Nicola Porro (che intanto le ha dato dell’ignorante). È solo l’ennesimo episodio di una serie di dichiarazioni via social poco lusinghiere, per non dire offensive, nei confronti dell’autrice di Accabadora. Solo che lei questa volta decide di rispondere: «È il suo giochetto preferito quello di far passare chiunque lo critichi per un ricco altolocato che non ha contatto con la gente e con la realtà, che non conosce i problemi veri e che non sa cosa sia la fatica del lavoro, ambiti in cui lui invece si presenta come vero esperto» scrive su Facebook. E propone al ministro un altro gioco, la “sinossi del curriculum”, ovvero le loro esperienze lavorative messe a confronto.

Si parte dagli anni delle scuole superiori, nel 1991 lei è studentessa lavoratrice, cameriera in una pizzeria, lui normale liceale. «Purtroppo feci quasi due mesi di assenza perché la domenica finivo di lavorare troppo tardi e il lunedì mattina non sempre riuscivo ad alzarmi in tempo per prendere l’autobus alle 6:30 per andare a scuola - racconta la scrittrice sarda-. A causa di quelle assenze, alla maturità presi 58/60esimi. Nel 92, mentre lavoravo in una società di assicurazioni per sostenermi gli studi all’istituto di scienze religiose, lei prendeva 48/60 alla maturità classica in uno dei licei di Milano frequentati dai figli della buona borghesia. Sono contenta che non abbia dovuto lavorare per finire il liceo. Nessuno dovrebbe».

Precariato e carriera politica
Per l’autrice sarda inizia un lungo periodo da precaria: sei anni da insegnante; addetta alla consegna delle cartelle esattoriali a domicilio con un contratto co.co.pro. («Ero pagata 4mila lire a cartella e solo se il contribuente moroso accettava di firmarla»); un impiego in una centrale termoelettrica da cui si licenzia («ho scelto di testimoniare in tribunale contro il mio datore di lavoro per un grave caso di inquinamento ambientale»); cameriera in un albergo al passo dello Stelvio con un contratto stagionale a poco più di mille euro. Per Salvini invece comincia da subito la carriera politica: consigliere comunale a Milano; segretario cittadino e poi segretario provinciale della Lega Nord; giornalista facendo pratica alla Padania e a radio Padania («testate di partito che si reggevano sui finanziamenti pubblici, ai quali io non ho nulla in contrario, ma contro i quali lei ha invece costruito la sua retorica») parlamentare europeo a 19mila euro al mese.

Il call center e le assenze a Bruxelles
La Murgia ripercorre poi il periodo, nel 2005, in cui ha lavorato in un call center, «vendendo aspirapolveri al telefono pagata 230 euro lordi al mese più 8 euro per ogni appuntamento che riuscivo a fissare», esperienza raccontata in un blog diventato il libro Il mondo deve sapere, uscito l’anno successivo, che ha segnato l’inizio della svolta professionale per la scrittrice, che ancora faceva il portiere notturno in un hotel per mantenersi. Negli stessi anni ricorda che Salvini era a Bruxelles «bruciava un quarto delle sedute del parlamento ed era già lo zimbello dei parlamentari stranieri, che nelle legislature successive le avrebbero poi detto in faccia quanto era fannullone», per poi decadere da deputato «ma atterrava in piedi come vicesegretario della lega nord e teneva comizi contro i terroni e roma ladrona. Non facendo ancora altro mestiere che la politica, immagino che la politica le passasse uno stipendio».

Il buco della Lega e il presenzialismo social
Il finale ricorda anche la vicenda giudiziaria che vede implicato il partito: «Dal 2007 in poi ho vissuto delle mie parole, della fiducia degli editori e di quella dei lettori e delle lettrici. Negli stessi anni lei ha campato esclusivamente di rappresentanza politica e da dirigente in un partito da dove – tra il 2011 e il 2017 – sono spariti 49 milioni di soldi pubblici senza lasciare traccia». Per la Murgia è Salvini a essere distaccato dalla realtà: «Tra noi due è lei quello che non sa di cosa parla quando parla di vita vera, di problemi e di lavoro, dato che passa gran tempo a scaldare la sedia negli studi televisivi, travestirsi da esponente delle forze dell’ordine e far selfie per i social network a dispetto del delicatissimo incarico che ricopre a spese dei contribuenti. Lasci stare il telefonino e si metta finalmente a fare il ministro, invece che l’assaggiatore alle sagre. Io lavoro da quando avevo 14 anni e non mi faccio dare lezioni di realtà da un uomo che è salito su una ruspa in vita sua solo quando ha avuto davanti una telecamera».

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