Salvini arriva a palazzo Chigi attorno alle 19.30 e la mette subito giù dura: il Salva-Roma non si fa, è rinviato. Misura concordata con Di Maio?, gli chiedono i cronisti: «Lo stralcio lo concordo con chi c’è. Con gli assenti è difficile concordare» risponde il vicepremier. Negli stessi istanti Di Maio sta registrando un’intervista per «La 7» ed arriva a palazzo Chigi con mezz’ora abbondante di ritardo sull’avvio dei lavori, inizialmente convocati per le 18, poi slittati alle 19 ed infine iniziati solo alle 20. I suoi però si affrettano a far sapere che «per stralciare il Salva-Roma è necessario un voto del Consiglio dei ministri, che al momento non c’è ancora stato». Sia Salvini che Di Maio, in un botta e risposta a distanza, evocano la crisi di governo per poi negarla. Si litiga fuori e dentro il Cdm. E il Pd con Zingaretti va all’attacco: «In Italia non c’è più un esecutivo, spettacolo indecente».

La norma contestata

Il Salva-Roma è in bilico tra passare così com’è stato già annunciato oppure finire in un provvedimento a parte, come chiede la Lega. In forse, al momento di chiudere questa edizione, anche il varo dello stesso decreto crescita che doveva contenerlo. Molto probabile che slitti tutto di nuovo e che il governo si aggiorni a oggi. «Abbiamo chiesto al presidente Conte che tutti i comuni in difficoltà vengano aiutati nella stessa maniera, non qualcuno prima e qualcuno dopo» spiega Salvini. Con un «provvedimento ad hoc per tanti comuni in dissesto, in predissesto, indebitati, in difficoltà economica al nord, centro e sud. Vogliamo aiutare i cittadini romani, savonesi, catanesi e alessandrini». L’obiettivo dei 5 Stelle per evitare nuovi guai di bilancio alla sindaca Raggi è invece quello di chiudere dal 2021 la gestione commissariale che ha ancora in carico 12 miliardi di debito storico della Capitale girandolo allo Stato, ma – assicurano - senza nuovi oneri, anzi liberando almeno 2,5 miliardi a favore dei romani. Un intervento che però subito dopo esser stato annunciato in pompa magna dal viceministro Laura Castelli e dalla sindaca pentastellata ha generato un vespaio di polemiche.

Spunta il RisparmiaItalia

Negli ultimi giorni per annacquare l‘effetto anche mediatico del Salva-Roma (o Salva-Raggi, come qualcuno l’ha poi ribattezzato), rintuzzare gli attacchi di Salvini e togliere un’arma di propaganda alla Lega, la Castelli in realtà ha pure proposto di allargare il campo degli interventi, aggiungendo un pacchetto proposte frutto del confronto con le città metropolitane. Nel suo menù, ribattezzato #RisparmiaItalia la viceministra metteva così una norma interpretativa della sentenza della Corte Costituzionale per spalmare i debiti dei piani di riequilibrio in 20 anni, la sospensione della contabilità economico patrimoniale ai piccoli comuni, norme per consentire alla Cassa depositi di rinegoziare e sospendere per 2 anni i mutui delle città capoluogo e di rinegoziare le anticipazioni per i pagamenti dei debiti della Pa alle stesse, l’utilizzo del piano dismissioni Invimit sui beni delle grandi città ed infine una norma per migliorare il sistema di riscossione della tassa di soggiorno.

Misure in bilico

In bilico il Salva-Roma, in bilico tutto il pacchetto-crescita. Visto il muro contro muro il rischio dopo oltre due ore di consiglio dei ministri infuocato era molto concreto. Si rischia così un ulteriore allungamento dei tempi per l’entrata in vigore delle misure già approvate «salvo intese» il 5 aprile. Dal taglio dell’Ires alle imprese alla maggiorazione della deducibilità dell’Imu su capannoni, sino al ripristino del super ammortamento al 130%. Stessa sorte per i rimborsi ai truffati dalle banche, la conversione in azioni del prestito ponte per Alitalia, le misure per la tutela dei marchi storici italiani ed il rientro dei cervelli e tutto il resto del pacchetto a bagnomaria da quasi un mese.

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