Le tracce delle stesse scarpe, isolate lungo il percorso che l’assassino ha compiuto per pedinare brevemente la vittima e colpirla alle spalle; le impronte digitali «con ogni probabilità» riconducibili al killer; sette mozziconi di sigaretta, lasciati forse da chi ha ucciso. Gli inquirenti che indagano sull’omicidio di Orazio Pino, l’ex pentito di 62 anni freddato con un colpo alla nuca nel garage d’un supermarket a Chiavari martedì sera, hanno individuato il punto nel quale l’omicida si è appostato in attesa di entrare in azione. E, si scopre adesso, sul fronte del movente l’indagine incrocia la pista della droga: durante una perquisizione a casa di Esmeralda, l’ex socia con cui Pino in passato aveva avuto una relazione e con la quale era da tempo in conflitto, gli agenti della squadra mobile coordinati dal pm Silvia Saracino e dal dirigente Marco Calì hanno trovato stupefacenti e sostanze da taglio. L’alloggio era insomma una piccola centrale dello spaccio, ma non è chiaro chi la gestisse o vi potesse accedere e come può collegarsi la scoperta con la morte del sessantenne.

Così si è appostato l’assassino
La polizia ritiene invece sempre più «residuale» l’ipotesi d’una ritorsione dei clan siciliani a distanza di molti anni (Pino era stato collaboratore di giustizia dal 1994 al 2012). Tuttavia sul sito Estreme conseguenze la giornalista Raffaella Fanelli ha riferito ieri d’un colloquio avvenuto nelle scorse settimane a Chiavari, durante il quale l’ex luogotenente della cosca Pulvirenti le avrebbe confidato il timore di spedizioni punitive dal Sud. Non è escluso, anche sulla base di alcune dichiarazioni rese dai figli della vittima, che Orazio Pino avesse maturato negli ultimi tempi qualche timore; ma agli occhi di chi indaga erano legati alle nuove frequentazioni e ai nuovi affari, e lui potrebbe averli opportunisticamente ricondotti al passato.

Il dato più importante è rappresentato dagli accertamenti scientifici, che consentono di fissare con una certa precisione la dinamica del blitz. La vittima è stata attesa dal suo carnefice dopo che s’era allontanata dall’oreficeria di famiglia nel caruggio dritto di Chiavari. Stava raggiungendo l’auto e non si è accorta della presenza alle spalle di chi l’ha ammazzato. Come? La Tac di mercoledì sera, in attesa dell’autopsia che sarà eseguita nelle prossime ore, ha permesso di rilevare tracce metalliche e però non un proiettile, ma l’ipotesi prevalente fra chi indaga resta quella d’una pistola calibro 22. Fondamentale, sempre secondo gli inquirenti, il dettaglio sulle impronte delle scarpe: sono tre paia, una di seguito all’altra, identiche. Non solo: ricomponendone il tragitto si è fissato con buona certezza il punto in cui il killer era nascosto. E qui sono stati a loro volta individuati parziali segni delle mani verosimilmente appoggiate al muro, che andranno completati con i software a disposizione della Scientifica, e mozziconi di sigarette della stessa marca.

L’ultimo colloquio: “Ho paura”
Con chi poteva avere contrasti tanto profondi, Orazio Pino? La pista che prevale con forza è quella dei nuovi interessi, legati alle conoscenze maturate con la gestione dell’oreficeria. Non a caso le perquisizioni della polizia sono avvenute a casa della donna con cui il rapporto era stato tormentato, sia privato sia lavorativo, e che nel 2018 lo aveva denunciato per furto. Dall’alloggio sono saltati fuori hashish, cocaina e mannite (usata normalmente per allungare le dosi) e ora si cerca di capire quanto questa scoperta s’intrecci con l’inchiesta sul delitto. E il passato del sessantenne, che fino ai primi Anni 90 era stato un ricco e potente sicario di Cosa Nostra nel Catanese? Come premesso, il sito Estreme conseguenze ha riferito oggi d’un confronto con Pino avvenuto in precedenza a Chiavari. Lui si lamentava del fatto che non gli avessero cambiato il nome, ma alle forze dell’ordine risulta che avesse rifiutato una nuova identità per non complicare eventuali questioni ereditarie, e non è un dettaglio irrilevante. Inoltre, aggiunge di nuovo Estreme conseguenze, avrebbe paventato una riorganizzazione dei gruppi di Misterbianco (Catania), che avrebbero potuto fargliela pagare per le vecchie rivelazioni in veste di pentito. Che da qualche tempo avesse un presentimento strano è possibile. Ma, insistono gli investigatori, tutto lascia pensare che fosse legato alla sua seconda vita, non alla prima.

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