«È tutto fantastico: un’annata così va oltre i sogni». La voce da migliaia di chilometri di distanza arriva roca. Per la gioia dei festeggiamenti. Per le urla in panchina a bordo campo a incitare la squadra. Stefano Lavarini, 40 anni di Omegna, ha conquistato la Superliga brasiliana femminile: in finale con il suo Minas di Belo Horizonte ha battuto 3-1 il Praia club in gara 2. È l’ennesimo titolo di una stagione di soddisfazioni: ha vinto anche il campionato Mineiro, la coppa di Brasile e soprattutto la coppa Sudamericana (l’equivalente della Champions europa). L’unica sconfitta nella finale del Mondiale per club con il Vakifbank Istanbul.

«E’ stato un duello lungo tutta la stagione tra il nostro club e il Praia - racconta Lavarini -. All’inizio pensavamo di dover rincorrere visti gli investimenti fatti dagli avversari». E invece le convinzioni sono cresciute poco per volta in una sfida infinita sul modello di Igor-Conegliano in Italia. «Abbiamo cominciato a vincere i primi scontri diretti in campionato e in coppa. Gli siamo arrivati davanti nel Mondiale per club. Abbiamo minato le loro certezze, siamo diventati il loro spauracchio».

Il titolo si è giocato tutto in poche ore. «In gara 1 a casa nostra - spiega il tecnico di Omegna - siamo andati avanti 2-0 ma poi ci siamo fatti rimontare. Al tie break quando tutto sembrava perduto abbiamo giocato una pallavolo stupenda». Per alzare il trofeo non c’è voluta la «bella». «E’ stata un’impresa vincere in trasferta davanti a oltre sei mila tifosi che hanno fatto un tifo infernale», racconta. Poi è partita la festa che continuata a Belo Horizonte . «Era pronto il camion dei pompieri che ci ha portati in giro per le vie della città in trionfo», rivela Lavarini che per gioia e adrenalina non ha chiuso occhio tutta la notte.

Cresciuto nell’Omegna di Pedullà e Lo Bianco, Lavarini è passato per Chieri e soprattutto Bergamo dove è stato sette stagioni. Da due anni è in Brasile. «A livello professionale - spiega - questa esperienza mi ha dato molto di più di quanto mi aspettassi. Ma è stata importante anche sul piano umano: mi ha permesso di misurarmi con una nuova cultura e un modo diverso di fare sport. Mi ha fatto crescere». Non sono mancati i momenti duri. «La “saudade” dell’Italia? L’ho sentita la prima stagione. In questa tra mille impegni non ci ho nemmeno pensato». Anche perchè con il suo modo di fare - umiltà, ma anche battuta ironica sempre pronta - ha conquistato i tifosi. «E poi c’è Duda, il mio assistente. Un grande tecnico, ma soprattutto una grande persona: la sua famiglia è diventata la mia in questi mesi».

Lavarini, per ora non conferma, ma la prossima stagione tornerà in panchina in Italia, allenerà a Busto Arsizio. Intanto passerà un’estate alla guida della nazionale della Corea del Sud, con il sogno olimpico di Tokyo 2020 alle porte. «A casa? Passerò solo un giorno: un abbraccio alla mia mamma, uno sguardo alle montagne, alla mia Valle Strona». Perchè la saudade si supera anche con un tuffo negli affetti di un bambino diventato grande in giro per il mondo ma che non dimentica da dove è partito.

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