Un governo che cade per un indagato? L’ipotesi ritorna, martellante, per il caso di Armando Siri, sottosegretario leghista sotto inchiesta per corruzione. Il capo del M5S Luigi Di Maio, che da giorni chiede le dimissioni di Siri, invita il collega Matteo Salvini ad evitare la crisi, spingendo il sottosegretario ad un passo indietro. “La Lega - dice Di Maio- non si assuma la responsabilità di arrivare al voto in Consiglio dei ministri”, per forzare Siri a dimettersi.

Salvini, però, non sembra minimamente intenzionato a piegarsi: “Sono abituato a non abbandonare mai gli uomini con cui si è fatto un pezzo di strada insieme, nel bene e nel male, e questo vale a livello anche livello nazionale”, dice durante un comizio in Toscana. Il M5S, spalleggiato dal presidente del Consiglio Giuseppe Conte che chiederà formalmente le dimissioni di Siri, rilancia alzando i toni.

In un post sul ’Blog delle Stelle’, senza troppi fronzoli, viene chiesto al Carroccio di “tirar fuori le palle” e dare il ben servito al sottosegretario, accusato di aver spinto per una norma sull’eolico favorendo un imprenditore forse legato alla mafia. Al leader del Carroccio, poi, vengono ricordate le sue stesse su un altro sottosegretario ai Trasporti indagato per corruzione, Simona Vicari, che lasciò il governo Renzi alla notizia dell’inchiesta. Salvini disse “le dimissioni del sottosegretario non mi soddisfano, non basta chiedere scusa e dimettersi”. Perché, chiedono i pentastellati, adesso Siri deve rimanere al suo posto?

In un primo momento, dalla Toscana, il leader del Carroccio spiega di essersi impegnato “a non ascoltare più le critiche, le bugie e gli insulti di qualcuno che dovrebbe essere mio alleato”. Del caso Siri, insomma, lui non vorrebbe parlare, così come non andrà in tv da Fabio Fazio, a ’Che tempo che fa’. “Sono l’unico segretario di partito che si è rifiutato di andarci”, spiega il vicepremier, da tempo in polemica con il conduttore Rai, bollato come un “chiacchierone di sinistra pagato con i soldi degli italiani”.

Quindi, in una tappa romana del suo tour elettorale, Salvini sbotta dopo aver letto l’invito “machista” sul blog pentastellato, mandando a suo volta un ultimatum: «Gli amici dell’M5s pesino le parole. Se dall’opposizione insulti e critiche sono ovvie, da chi dovrebbe essere alleato no. La mia parola è una e questo governo va avanti cinque anni, basta che la smettano di chiacchierare. Mi dicono ’tiri fuori le palle’? Ricevo buste con proiettili per il mio impegno contro la mafia. A chi mi attacca dico tappatevi la bocca, lavorate e smettete di minacciare il prossimo. È l’ultimo avviso».

Insomma, tutto viene rimandato al Consiglio dei ministri che affronterà il nodo delle dimissioni. Ma in quella riunione, dice Salvini, bisognerebbe affrontare ben altri temi, perché “l’emergenza nazionale di questo Paese” sono le tasse, che vanno abbassate. Di questo dovrebbe occuparsi il Cdm, “non di beghe e manfrine politiche politiche”.

I commenti dei lettori