«Sentivi le vibrazioni quando facevi quell’ipotesi...ho vista la zanna che...tac! è venuta fuori come un vampiro, cacchiarola...mamma mia sono tremendi...» Dei vampiri.

Così gli indagati descrivono gli uomini che trafficano come se non ci fosse un domani per ottenere appalti e favori politici in un vortice corruttivo che ricorda, incredibilmente, i sistemi corruttivi di “tangentopoli”. Gli indagati, nell’intercettazione, parlano in particolare di Gioacchino Caianiello, plenipotenziario di Forza Italia a Varese, considerato il boss, non solo politico, del gruppo di affaristi e corruttori che si muoveva in questa nuova zona grigia sotto il bel cielo di Lombardia. Caianiello, scrivono i magistrati, «esercita di fatto funzioni pubbliche nell’ambito di tutte le più importanti società partecipate del varesotto, grazie alla consapevole tolleranza degli amministratori apicali formali che lui stesso ha contribuito a far nominare...». Intercettati, filmati e pedinati, i protagonisti di questa nuova inchiesta che fa tremare anche i vertici del Pirellone, si muovono in particolare sotto le bandiere di Forza Italia, partito legato alla maggioranza in Regione, tanto da avere alcune importanti assessorati. Nonchè alcuni uomini di Fratelli d’Italia: l’imprenditore Daniele D’Alfonso, uno degli arrestati nella «tentacolare» indagine della Dda milanese, «in occasione della campagna 2018 per le consultazioni politiche e regionali», si legge nelle carte, avrebbe corrisposto «sistematici finanziamenti illeciti a soggetti politici», tra cui Fabio Altitonante, consigliere lombardo di FI arrestato, Diego Sozzani, parlamentare di FI (chiesto l’arresto) e Angelo Palumbo, anche lui di FI, «nonché al partito `Fratelli d’Italia´». Lo si legge nell’ordinanza cautelare.

L’inchiesta, portata avanti dai magistrati della Direzione distrettuale antimafia con l’ausilio dei Carabinieri, nata a Busto Arsizio, estesa poi a Varese e Milano, ha messo in luce il passaggio di centinaia di migliaia di euro di tangenti per ottenere appalti regionali, collegamenti con la ’ndrangheta , infiltrazioni nel Pirellone , fino al tentativo, respinto, di corrompere il presidente Attilio Fontana, con Caianiello che cerca di fargli piazzare dei suoi protetti in posti chiave della Regione in particolare alla direzione generale della Formazione, cui finisce però un professionista indipendente.

«Le indagini hanno permesso di cogliere e fotografare un flusso costante di relazioni tra imprenditori, pubblici ufficiali (o incaricati di pubblico servizio) e soggetti politici attraverso il quale i principali indagati procedono sistematicamente a porre in essere condotte illecite al fine di arricchire la propria potenza economica ed imprenditoriale e di incrementare l’influenza su diversi soggetti pubblici ed enti territoriali acquisendo - di fatto - il controllo di molti gangli nevralgici attraverso i quali passa il denaro pubblico in alcune province della regione Lombardia e anche al di fuori di questa».

Così scrive il gip Raffaella Mascarino nelle circa 700 pagine che formano l’ordine di cattura con il quale questa mattina i carabinieri hanno eseguito 28 ordinanze di custodia cautelare e notificato a un’altra ventina di indagati provvedimenti con obbligo di firma o di dimora, per un totale di 48 persone. Nel mirino diversi politici, anche di alto livello nella regione Lombardia e in consiglio comunale, tutti appartenenti al centro destra e in particolare a Forza Italia e Fratelli d’Italia. Si tratta del vice coordinatore regionale Pietro Tatarella (che è anche consigliere comunale e candidato alle prossime Europee per l’area Nord Ovest); Fabio Altitonante, assessore regionale Rigenerazione e sviluppo area Expo nonché sottosegretario in Regione; Diego Sozzani, deputato parlamentare e membro della Commissione permanente trasporti, poste e telecomunicazioni (per lui solo la richiesta su cui dovrà decidere il Parlamento); Carmine Gorrasi, consigliere comunale e coordinatore Forza Italia a Busto Arsizio. Tatarella è stato portato in carcere, gli altri sono ai domiciliari.

Ci sono poi alcuni funzionari pubblici di alto livello come Mauro De Cillis, procuratore e responsabile operativo di Amsa (l’Azienda di raccolta rifiuti di Milano) accusato di aver ricevuto una tangente di almeno 100 mila euro da Daniele d’Alfonso, amministratore della società Ecol Service.

Ma ad inquietare è soprattutto un capitolo che gli stessi giudici intitolano: “Istigazione alla corruzione del presidente Fontana”, e che racconta come questo sottobosco della politica lombarda si muoveva senza timore cercando persino di agganciare la ex moglie di Salvini, Giulia Martinelli che però «fa la cacacazzi» e «non è nostra». Non è un caso infatti che tra le accuse contestate e che la Procura antimafia ritiene provate, vi sia anche l’associazione per delinquere.

Caianiello non era un personaggio qualsiasi: nel 2017 era stato condannato in via definitiva dalla Cassazione per un episodio di concussione risalente al 2005, nel quale aveva chiesto una tangente di 250mila euro all’imprenditore varesino Emilio Paggiaro, in cambio della modifica di destinazione d’uso di un’immobile. Una questione ancora aperta secondo i magistrati, dalla quale era scaturito un ulteriore tentativo di corruzione: «Abbiamo registrato che Caianiello, il concussore dell’epoca, ha barattato con il concusso il risarcimento della sentenza passata in giudicato nel 2017 con l’ottenimento di un nuovo cambio destinazione d’uso di un secondo immobile, un’area sulla quale Paggiaro aveva interesse alla costruzione di un centro commerciale» e per la quale servivano i «permessi» ottenuti dal faccendiere azzurro. In pratica, D’Alfonso avrebbe convinto colui al quale avrebbe dovuto risarcire 125 mila euro più 36 mila di spese legali a non farsi rimborsare la somma, in cambio di un’operazione edilizia che lui avrebbe facilitato. La vicenda surreale della “tangente sulla sentenza per tangenti” ha causato anche nei magistrati “sommo stupore”.

Esulta, non a caso, il ministro degli Interni Matteo Salvini che ringrazia le forze dell’ordine «per la brillante operazione». Mentre già le opposizioni, in particolare del Pd e 5Stelle, chiedono che Fontana riferisca in Consiglio. «Rispetto all’arresto di un sottosegretario della giunta regionale, ci sembra doveroso che il presidente Fontana appena possibile venga a riferire in Aula quello di cui è a conoscenza. Abbiamo letto che sarebbe parte lesa ma per una questione di trasparenza e chiarezza ci aspettiamo una sua comunicazione al più presto». Lo ha detto il capogruppo del Pd, Fabio Pizzul, intervenendo in Consiglio regionale sull’ operazione della dda di Milano per tangenti negli appalti che ha portato all’arresto del sottosegretario della Regione Fabio Altitonante, mentre il governatore Attilio Fontana, che è parte offesa non è indagato, avrebbe subito un tentativo di istigazione alla corruzione. Alla richiesta del Pd si è unito il capogruppo del Movimento 5 Stelle Andrea Fiasconaro: «Fontana ha una grossa responsabilità politica nell’aver scelto Altitonante. Non deve venire quando ha tempo, ma sarebbe già dovuto essere in quest’Aula per riferire non ai 5 Stelle ma ai cittadini lombardi».

I commenti dei lettori