Sognare sempre, sognare in grande, sognare insieme. E come gli «scalpellini» che trasformano pietre grezze in sculture, così trasformare la propria vita, spesso minacciata da discordie, poca speranza e «colonizzazioni ideologiche», in un’opera d’arte. Il volto di Francesco, giunto al penultimo appuntamento del viaggio apostolico in Macedonia del Nord, è visibilmente stanco, ma si riaccende mentre parla con circa 1.500 giovani del Paese balcanico di tutte le confessioni cristiane e di altre religioni.

L’incontro avviene nel Centro pastorale di Skopje dove gruppi di ragazzi si esibiscono in canti e danze. Il Papa applaude e sorride, poi invita un bambino seduto in prima fila a raggiungerlo per abbracciarlo e saluta con la mano gli altri ragazzi. Quindi ascolta con attenzione le tre testimonianze. 

La prima è quella di Dragan e Marija, cattolico lui, ortodossa lei, si sono sposati dopo nove anni di convivenza incoraggiati dalle parole del Papa durante la visita del 2015 a Sarajevo. Segue poi la testimonianza di Bozanka, greco-cattolica, studentessa di medicina, e di Liridona Suma, musulmana, che sogna «un mondo in cui regnano rapporti sinceri e aperti tra i singoli e le comunità, tra i popoli e tra le fedi». «Forse sogno troppo? Possiamo lavorare per il bene comune insieme noi giovani musulmani e cristiani?», domanda la ragazza. 

Un quesito che colpisce nel vivo il Pontefice che ricorda come lo stesso desiderio ha animato la stesura e la firma del “Documento sulla fratellanza umana”, siglato ad Abu Dhabi col grande imam di Al-Azhar: «Liridona, ha sognato in grande… anche io ho fatto un sogno molto simile al tuo con un amico, il grande imam di Al-Azhar Ahmad Al-Tayyeb» e «ci ha portato a volerci impegnare e a firmare insieme un documento che dice che la fede deve portare noi credenti a vedere negli altri dei fratelli che dobbiamo sostenere e amare senza lasciarci manipolare da interessi meschini», dice il Papa.

«Sognare non è mai troppo», prosegue, «uno dei principali problemi di oggi e di tanti giovani è che hanno perso la capacità di sognare». E quando «una persona non sogna, quando un giovane non sogna questo spazio viene occupato dal lamento e dalla rassegnazione». Bergoglio crea una nuova figura: la «dea lamentela». Attenzione, dice ai ragazzi, «è un inganno: ti fa prendere la strada sbagliata».

Agli stessi giovani il Pontefice ribadisce l’invito a diventare artigiani di speranza. «Quale maggior adrenalina che impegnarsi tutti i giorni, con dedizione, ad essere artigiani di sogni, artigiani di speranza? I sogni ci aiutano a mantenere viva la certezza di sapere che un altro mondo è possibile e che siamo chiamati a coinvolgerci in esso e a farne parte col nostro lavoro, col nostro impegno e la nostra azione».

Da qui una nuova metafora che attinge all’antica tradizione della nord Macedonia, quella degli «scalpellini» «abili nel tagliare la pietra e lavorarla». Ecco, «bisogna fare come quegli artisti e diventare bravi scalpellini dei propri sogni. Uno scalpellino prende la pietra nelle sue mani e lentamente comincia a darle forma e trasformarla, con applicazione e sforzo, e specialmente con una gran voglia di vedere come quella pietra, per la quale nessuno avrebbe dato nulla, diventa un’opera d’arte», sottolinea il Pontefice.

L’importante è buttarsi e rischiare: mai bisogna «bloccarsi per insicurezza» o avere paura di «commettere errori». «Anche se sbagli, potrai sempre rialzare la testa e ricominciare, perché nessuno ha il diritto di rubarti la speranza», afferma Papa Francesco. Peggio è «vivere paralizzati, come morti viventi, ridotti a soggetti che non vivono perché non vogliono rischiare, perché non portano avanti i loro impegni o hanno paura di sbagliare».

Madre Teresa - immancabile in tutti i discorsi del Papa di oggi - è un esempio di questo. Lei, che si definiva una «matita di Dio», «quando viveva qui non poteva immaginare come sarebbe stata la sua vita, ma non smise di sognare e di darsi da fare per cercare sempre di scoprire il volto del suo grande amore, Gesù, in tutti coloro che stavano al margine della strada». La santa ha sognato in grande: «Voleva essere “una matita nelle mani di Dio”. E Dio ha cominciato a scrivere con quella matita pagine inedite e stupende».

Il Vescovo di Roma raccomanda anche di sognare insieme: «Non da soli, si rischia di avere dei miraggi. Ma con gli altri, mai contro gli altri». Ed incita al «faccia a faccia» specie in questa «era delle connessioni» in cui però «sappiamo poco di comunicazioni»: «Molto connessi e poco coinvolti gli uni con gli altri. Perché coinvolgersi chiede la vita, esige di esserci e condividere momenti belli... e altri meno belli», annota il Papa.

Lo stesso “faccia a faccia” è fondamentale che avventa tra giovani e anziani: «Ascoltate i lunghi racconti dei vostri nonni, che a volte sembrano fantasiosi, ma, in realtà, sono pieni di un’esperienza preziosa». Perché, spiega Francesco, staccandosi dal discorso preparato, «loro sono le radici della vostra storia, del vostro popolo, delle vostre famiglie. Se ad un albero gli si tagliano le radici, quell’albero muore. Se a voi giovani tagliano le vostre radici, che sono le storie del vostro popolo, voi morirete». 

Ancora a braccio Papa Francesco mette in guardia i giovani dai «vetri colorati». Come gli europei colonizzatori ingannavano gli indiani d’America facendogli acquistare pezzi senza valore spacciandoli per novità, anche oggi «ci sono i conquistatori, i colonizzatori che ci porteranno i vetri colorati: sono le colonizzazioni ideologiche. E verranno da voi e vi diranno: no, voi dovete essere un popolo più moderno, più avanti, andare avanti, voi prendete queste, fate questa strada, dimenticate le cose vecchie». Si deve allora discernere: «Quello che questa persona mi porta, è una cosa buona che è in armonia con la storia del mio popolo? O sono vetri colorati?». 

Prima di concludere, il Papa richiama l’attenzione dei presenti su una giovane donna incinta seduta in prima fila: «Questa donna ha rischiato per portare un bimbo al mondo perché guarda avanti, guarda la storia. Perché lei si sente con la forza delle radici per portare avanti la vita, per portare avanti la Patria, per portare avanti il popolo. E finiamo tutti insieme con un applauso a tutte le giovani, a tutte le donne coraggiose che portano la storia avanti».

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