Quando qualcuno dei novizi della Compagnia di Gesù in Argentina aveva un problema, l’allora provinciale Jorge Mario Bergoglio li mandava da lei, madre Maria Bernadetta dell’Immacolata, a chiederle consiglio. In questa religiosa delle Suore Povere Bonaerensi di San Giuseppe, il cardinale di Buenos Aires vedeva un «tocco profondamente evangelico» e «una grande devozione». 

Virtù riconosciute dalla Chiesa universale che presto eleverà la suora agli onori degli altari. Nell’Aula della Conciliazione del Palazzo Lateranense, domani venerdì 10 maggio, a mezzogiorno, sarà aperta infatti la fase diocesana della causa di beatificazione e canonizzazione di madre Maria Bernadetta, che il Pontefice aveva indicato come modello nella messa per la Giornata della Vita Consacrata. «In questo momento mi viene alla memoria una suora, umile, che aveva proprio il carisma di essere vicina ai sacerdoti e ai seminaristi – erano state le parole di Papa Francesco durante la celebrazione –. Una suora semplice: non aveva grandi luci, ma aveva la saggezza dell’obbedienza, della fedeltà e di non avere paura delle novità. Chiediamo che il Signore, tramite suor Bernardetta, dia a tutti noi la grazia di andare per questa strada».

Il rito di domani sarà presieduto dal cardinale vicario Angelo De Donatis, alla presenza dei membri del Tribunale diocesano: monsignor Slawomir Oder, delegato episcopale; monsignor Giuseppe D’Alonzo, promotore di giustizia; i due notai aggiunti Marcello Terramani e Giancarlo Bracchi. 

Nata nel 1918 a Montella, in provincia di Avellino, nona di dieci figli, suor Maria Bernardetta, al secolo Adele Sesso, inizia già a 17 anni il periodo di postulante a Roma nell’istituto delle Suore Povere Bonaerensi di San Giuseppe, fondato dalla Serva di Dio Camilla Rolon in Argentina nel 1880. Nel Paese sudamericano, la giovane suora - dopo aver professato i voti perpetui il 19 marzo 1943 - viene trasferita nel ’44 e forma parte della Comunità Casa Josefina a Buenos Aires. Tornerà in Italia, per rivedere la madre e la famiglia, solo vent’anni dopo nel ’56. 

Il servizio a lei affidato in Argentina è quello nelle cucine. Tra stoviglie e fornelli si distingue come «esempio per tutti di umiltà, pietà, laboriosità e abbandono alla Provvidenza divina», spiega la postulatrice della causa Silvia Correale. In Argentina la religiosa si sposta tra diverse sedi e, nel 1965, parte per gli Stati Uniti: prima risiede in Pennsylvania, poi a Richmond, infine in Virginia. 

Negli Usa, madre Bernadetta riesce a fondare due Case per il suo Ordine percorrendo il territorio e chiedendo fondi ad istituzioni e privati. Finisce pure per essere arrestata un giorno per accattonaggio, come ricorda il nipote Fausto in una toccante lettera pubblicata su Vino Nuovo. La suora non ha documenti con sé: tramite l’ambasciata italiana telefonano al fratello in Italia per la conferma della sua identità. Nel frattempo lei, divertita dalle circostanze, costringe i poliziotti, conquistati dalla sua umanità, a fare una colletta.

In Virginia la religiosa è attiva presso il seminario di San Giovanni Maria Vianney, dove si fa apprezzare «per i consigli che dava ai seminaristi afflitti, indecisi e dubbiosi nella loro vocazione, incoraggiandoli e consigliando loro la preghiera e la devozione eucaristica», ricorda Correale. 

Per lo stesso motivo, più tardi, nel ’79, diventa una delle colonne portanti della Casa di esercizi Villa Sant’Ignazio della Compagnia di Gesù, a San Miguel. È lì che la strada della futura beata si incrocia con quella del futuro Papa, all’epoca provinciale dei gesuiti. Bergoglio vedeva in questa suora «una figura materna» e la considerava un punto di riferimento, per lui e per i novizi che infatti la chiamavano «mamma».

L’amicizia nata in quegli anni dura nel tempo e supera le distanze. Nel 1986 madre Maria Bernardetta torna infatti in Italia, nella Casa di Roma e si accorge di alcuni segni all’interno del suo corpo che i medici riveleranno essere un tumore. La malattia che la porterà alla morte. “Padre Jorge” è invece in Germania per completare la tesi dottorale, da lì le scrive una lettera in cui continua a ringraziarla per il suo impegno. Negli anni non smette di citare la sua amica: «Sempre parlava di lei, la ricordava nei suoi discorsi», raccontano alcuni testimoni. 

Diventato vescovo nel 1992 - ma anche da arcivescovo e cardinale - in ogni suo viaggio nella Città Eterna Bergoglio passava a salutare la religiosa, e così facevano anche gli altri gesuiti che avevano conosciuto la suora negli anni della formazione. Una foto, diffusa dal nipote, ritrae uno di questi ultimi incontri: è il marzo 2001 e Bergoglio è stato appena eletto cardinale. Indossa il clergyman scuro e accenna un sorriso accanto alla suora.

Segue un’altra visita nel novembre dello stesso anno. In quella occasione madre Maria Bernadetta chiede al cardinale di Buenos Aires l’unzione degli infermi, perché sentiva che le rimaneva poco da vivere. Bergoglio le impartisce il sacramento e il 12 dicembre la suora muore. 

Al nipote Fiore, accanto a lei negli ultimi istanti di vita quasi come un figlio, «zia Adelina» consegna delle fotografie con l’arcivescovo della metropoli porteña. «Conservatele», sussurra, «forse... forse voi lo vedrete Papa». Un auspicio rivelatosi una profezia il 13 marzo del 2013.

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