Due vescovi cinesi, Giuseppe Li Shan (Pechino) e Giuseppe Huang Bingzhang (Shantou), partecipano oggi all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano al convegno sul tema «1919-2019. Speranze di pace tra Oriente e Occidente». La loro presenza testimonia la nuova fase che si è aperta per la cattolicità cinese dopo l’accordo con la Santa Sede. Insieme con loro interverrà il segretario di Stato vaticano, cardinale Pietro Parolin, di cui pubblichiamo uno stralcio del discorso.

Con papa Francesco siamo giunti agli ultimi passi - per ora - del lungo cammino iniziato da Benedetto XV nel 1919. Primo Papa non europeo da molti secoli, Francesco costituisce l’espressione evidente della profonda trasformazione della Chiesa cattolica, il cui baricentro si è progressivamente proiettato dall’Europa verso un orizzonte mondiale. È noto, in particolare, quanto questo Papa abbia proseguito il percorso iniziato con il Vaticano II, accentuando le caratteristiche di una Chiesa «in uscita» e protesa a evangelizzare, secondo le linee da lui indicate nell’Enciclica Evangelii Gaudium.

In tale orizzonte si colloca anche l’approccio di papa Francesco all’unità della famiglia umana [...]. Per costruire compiutamente l’unità della famiglia umana occorrono più solidarietà, più misericordia e più fraternità. Soffermandomi per brevità solo su quest’ultimo tema, ricordo che Francesco vi ha fatto riferimento in numerose occasioni, tra cui la sua visita all’Onu. Durante il suo recente viaggio negli Emirati Arabi Uniti ha detto che solo ispirandosi all’ideale della fraternità è possibile che membri diversi della famiglia umana si custodiscano a vicenda, facendo «prevalere l’inclusione dell’altro sull’esclusione». Tutto ciò presuppone fedeltà alla propria identità ma anche il «coraggio dell’alterità», che spinge a prendersi cura dell’altro e ci ricorda «che niente di ciò che è umano ci può rimanere estraneo».

In questa prospettiva Oriente-Occidente, si inseriscono anche gli sviluppi del rapporto con la Cina durante l’attuale pontificato, che hanno portato alla stipula di un Accordo Provvisorio sulla Nomina dei Vescovi, firmato a Pechino il 22 settembre 2018. Proprio perché ispirato da motivi pastorali, l’Accordo guarda in primo luogo alla vita della Comunità cattolica in quel grande Paese e, di riflesso, incoraggia la Cina a un dialogo sempre più aperto e collaborativo in favore della pace come destino comune della famiglia umana.

In un’intervista ad Asia Times del febbraio 2016, papa Francesco ha affermato: «È una grande sfida mantenere l’equilibrio della pace […]. Il mondo occidentale, il mondo orientale e la Cina hanno tutti la capacità di mantenere l’equilibrio della pace e la forza per farlo. […]. L’incontro si ottiene attraverso il dialogo. Il vero equilibrio della pace si realizza attraverso il dialogo. Dialogo non significa che si finisce con un compromesso, mezza torta a te e l’altra mezza a me. È quello che è accaduto a Yalta e abbiamo visto i risultati. No, dialogo significa: bene, siamo arrivati a questo punto, posso essere o non essere d’accordo, ma camminiamo insieme; è questo che significa costruire».

Sono parole ispirate a quella che si potrebbe definire una «geopolitica della fraternità», incentrata sul rispetto delle identità e sul coraggio dell’alterità. Il Papa invita così a evitare che nella Comunità internazionale insorgano nuove forme di «guerra fredda» ed esorta tutti a considerare il mondo intero come un bene comune, da condividere e conservare, affrontando insieme i problemi.

Io stesso ho avuto modo di dire, nell’agosto 2016, che «molte sono oggi le speranze e le attese per nuovi sviluppi e una nuova stagione nei rapporti tra la Sede Apostolica e la Cina, a beneficio non solo dei cattolici nella terra di Confucio, ma dell’intero Paese, che vanta una delle più grandi civiltà del pianeta». E quando è stato firmato l’Accordo ho sottolineato che tale firma, oltre che importante per la vita della Chiesa cattolica in Cina, lo era anche per il dialogo tra la Santa Sede e le Autorità civili di quel Paese e «per il consolidamento di un orizzonte internazionale di pace, in questo momento in cui stiamo sperimentando tante tensioni a livello mondiale».

Tutti conosciamo i profondi travagli che hanno segnato la vita della Chiesa cattolica in Cina nel corso dell’ultimo secolo. Da tali acute sofferenze, grazie a Dio, però non sono nate due Chiese, perché in tutti i cattolici cinesi, a qualsiasi comunità essi appartenessero, è rimasto vivo il sentimento della piena comunione con il Vescovo di Roma, così come il desiderio di amare e servire la propria Patria. Alla base di tante tensioni non vi sono state, infatti, differenze teologiche, quanto piuttosto due differenti modi di affrontare la complessità del contesto storico e politico.

Oggi, per la prima volta dopo tanti decenni, tutti i vescovi in Cina sono in comunione con il successore di Pietro e molti cattolici pongono gesti di riconciliazione che aiutano a ricomporre l’unità tra vescovi, sacerdoti e fedeli. Ciò che sta avvenendo ora nella Chiesa in Cina scaturisce infatti dalla forza di una comunione che è davvero cattolica, e cioè universale, e da cui viene anche una spinta alla fratellanza tra i popoli. La sempre più feconda integrazione dei cattolici cinesi nella Chiesa universale e il cammino di riconciliazione tra fratelli avviato negli ultimi anni costituiscono certamente una novità di portata storica, di cui nel tempo beneficeranno in molti, non solo in Cina. Infatti, l’auspicio del Santo Padre Francesco e dell’intera Chiesa cattolica è che tutto ciò possa contribuire, con l’aiuto di Dio, all’edificazione di un mondo più giusto e fraterno, ove l’armonia tra i popoli e le nazioni possa davvero contribuire alla causa della pace e all’unità della famiglia umana.

BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI
I commenti dei lettori