La Conferenza episcopale italiana ha approvato l’obbligo di denuncia alle autorità civile dei casi appurati di abuso sessuale compiuto in ambito ecclesiastico sui minori. La svolta arriva con l’approvazione delle linee-guida aggiornate sulla tutela dei minori da parte dell’assemblea generale, riunita da lunedì a oggi in Vaticano, che nella serata di ieri ha ascoltato una donna che era stata vittima. Prospettata la creazione di una indagine di studio sulla situazione storica degli abusi sessuali nelle diocesi italiane.

La Santa Sede al tempo di Benedetto XVI, nel 2010, richiese a tutte gli episcopati del mondo di adottare linee guida per il contrasto e la prevenzione della pedofilia. Una prima versione venne adottata dalla Cei sotto la presidente del cardinale Angelo Bagnasco. Ora, sotto la guida del suo successore, il cardinale Gualtiero Bassetti, la Cei ha adottato una nuova versione, elaborata dalla commissione per la tutela dei minori guidata dall’arcivescovo di Ravenna, Lorenzo Ghizzoni. Il testo, che verrà prossimamente pubblicato, include anche le novità contenute nel motu proprio promulgato nei giorni scorsi da Papa Francesco Vos estis lux mundi.

L’obbligo di denuncia «è stato secondo me il vero passo in avanti di queste linee guida rispetto a quelle che avevamo prima», ha spiegato lo stesso Ghizzoni nella conferenza stampa conclusiva dell’assemblea Cei che si è svolta da lunedì a oggi in Vaticano, affiancato dal cardinale presidente Gualtiero Bassetti e dal portavoce monsignor Ivan Maffeis. Nella nuova versione delle linee guida, ha proseguito l’arcivescovo di Ravenna, dopo la prima parte dedicata ai principi generali, nella seconda parte delle indicazioni operative, «al numero 8, dichiariamo che siamo disposti alla massima collaborazione con le autorità civile e poi entriamo nel merito dei fatti: benché l’autorità ecclesiastica non abbia un obbligo giuridico di denunciare, però noi abbiamo deciso, e l’assemblea ha approvato, di vincolarci ad un obbligo morale. Per cui, dopo aver ricevuto una segnalazione, presentiamo un esposto e lo trasmettiamo all’autorità competente», ha detto Ghizzoni.

«Con alcune avvertenze: prima lo diciamo alla persona che viene a fare la denuncia o la segnalazione, e chiediamo che questa persona ci faccia una descrizione minimamente dettagliata per avere i fatti precisi. Li scriviamo, sottoscriviamo, e questo diventa la base dell’esposto. Nella collaborazione con l’autorità – ha proseguito il presule – noi ci premuniamo di due passaggi: il primo è che vogliamo verificare la verosimiglianza di quello che ci viene detto, il numero 9 delle linee guida riguarda infatti le false accuse, perché esistono anche quelle; e qui ci può aiutare il referente (diocesano), che di solito è uno psicologo, un medico che ha competenza in materia. Se viene accertata la verosimiglianza, per noi, chierici e religiosi, parte obbligatoriamente l’indagine previa: vengono raccolti i vari elementi, che vengono comunicati alla Congregazione per la Dottrina della fede, la quale darà disposizioni su come avviare, o non avviare, il processo».

«Noi però, una volta fatta l’indagine previa – ha precisato Ghizzoni – non comunichiamo la vicenda solo alla Congregazione per la Dottrina della fede, ma siamo chiamati a fare esposto all’autorità civile. Diverso se la persona dicesse “io non voglio”: a quel punto vogliamo incoraggiare la vittima stessa, o se minorenne la vittima con i suoi genitori o tutori, a fare la denuncia. Se comunque si opponesse, sia la vittima sia i genitori sia i tutori, noi chiediamo che questa opposizione alla denuncia sia scritta, e debitamente documentata, perché la teniamo come documento che, quando in secondo tempo ritornasse la vicenda, possiamo sempre esibire. Non solo: chiediamo che l’opposizione sia ragionevolmente giustificata, perché ci possono essere casi in cui il minorenne è disponibile alla denuncia, ma i genitori non vogliono: perché si vergognano? Perché non vogliono finire in tribunale? O perché hanno interessi non corretti su vicende? Sappiamo che ci sono casi in cui (gli abusi, ndr) sono fonti di guadagno anche da parte dei genitori. Ecco, in caso in cui l’opposizione non fosse giustificata, facciamo l’esposto lo stesso. Abbiamo deciso di mettere al primo posto l’interesse del minore. Questo richiede un bell’impegno. Il vescovo avrà il suo consulente, il suo vicario giudiziario, che lo aiutano a fare questo compito. Ma questo è il passo sul quale ci siamo impegnati».

Quanto ai vescovi colpevoli di insabbiare le denunce, «la risposta – ha ricordato Ghizzoni – si trova nell’ultimo motu proprio di Papa Francesco, che indica la copertura come uno dei reati. Dopo ci sono le normali procedure canoniche, anche penali, per chi compisse il reato di occultamento. E noi recepiamo questo testo, lo abbiamo inserito nelle linee guida».

Il presidente della commissione Cei per la tutela dei minori ha anche prospettato la creazione di una indagine di studio sulla situazione storica degli abusi sessuali nelle diocesi italiane. «Quando dieci anni fa abbiamo iniziato a lavorare sul tema, la prima cosa che ci siamo chiesti è quanti casi ci sono. Abbiamo difficoltà oggettive a reperire questi dati», ha detto l’arcivescovo di Ravenna, che ha evidenziato, innanzitutto, come manchi un data base generale di questi casi a livello di Stato italiano, e che, per quanto riguarda lo specifico della Chiesa cattolica, «stiamo pensando, come servizio nazionale per la tutela dei minori, di mettere in cantiere una specie di questionario che ci deve dire nelle varie diocesi cosa succede, quante sono le segnalazioni, quanti indagine previe, quante di queste indagini previe sono andate a processo, quanto processi si sono conclusi con la condanna. Sono cifre diverse. Abbiamo bisogno di sapere anche le condizioni in cui questi fatti sono avvenuti: chi sono le persone dentro questi reati, il tipo di condanna, il motivo, le personalità, le tendenze, le caratteristiche. Per fare un esempio, un conto è un abusatore che in 40 anni di servizio ha compiuto un solo abuso, comunque gravissimo, un conto è un abusatore seriale con decine di vittime. Vorremmo elaborare un’inchiesta per dare anche noi le cifre come hanno fatto i vescovi tedeschi, che pure hanno avuto difficoltà a raccogliere tutti i numeri».

Più in generale, le nuove linee guida vogliono mettere «al primo posto la cura e la protezione dei più piccoli e dei più vulnerabili», ha detto Ghizzoni, «vogliamo aprirci all’ascolto delle vittime: ieri abbiamo ascoltato una signora, una vittima», ha reso noto l’arcivescovo. Ogni regione ecclesiastica ha nominato un vescovo referente e vi è già stata una riunione di incontro.

Sempre in tema di abusi, il cardinale Gualtiero Bassetti ha spiegato, in risposta ad una domanda su un caso avvenuto alla diocesi di Milano per il quale l’arcivescovo Mario Delpini è stato accusato di negligenza, che non è un tema affrontato e che non è di competenza dalla Cei. Per quanto riguarda invece le nuve linee guida, «avremo molti più strumenti per fare le verifiche interne ai seminari, ci serviremo molto più delle scienze umane psicologia, psichiatria, pedagogia, per vedere di capire le persone, non avremo criteri facili al sacerdozio perché c’è bisogno di preti ma il bisogno ti rovina e rischi di rendere più larghi i fori del vaglio. E quindi questa prevenzione molto forte, e anche la severità e il consigliare la denuncia, è chiaro che non posso imporla se i genitori si rifiutano, ma devo dichiarare che posso denunciare all’autorità civile. Mi sembra che questo clima di grande serietà nei confronti di un problema enorme ancora prima della ratifica delle norme stia già portando i suoi frutti in Italia. Mi sembra che anche dalla cronaca ci siano meno casi».

Nel corso della conferenza stampa, sono stati affrontati diversi altri temi ecclesiastici. Per quanto riguarda la riforma dei tribunali ecclesiastici sollecitata dal Papa in apertura di assemblea, monsignor Giuseppe Baturi, sottosegretario ed ex direttore del’ufficio giuridico della Cei, ha spiegato che «in questi anni la Cei si è fatta carica del 91% dei costi dei tribunali e dunque delle cause» sulla nullità matrimoniale, garantendo «esenzione e rateizzazione» per gli altri casi, e nei confronti dei professionisti del sistema è stata stabilito un «sistema tabellare con minimo e massimo». Inoltre, «da 18 tribunali che c’erano nel 2015 siamo passati a 36 tribunali diocesani, interdiocesani: al di là del numero, la spinta è creare sedi decentrate e servizi capaci di garantire raggiungibilità e facilità in modo che nessuno sia distolto dal rivolgersi al tribunale per ragioni economiche».

Quanto all’annoso tema della riduzione delle numerose diocesi italiane, il cardinale Gualtiero Bassetti ha confermato che il Papa ha scelto un metodo da seguire che è già stato applicato quattro o cinque volte, ossia non già un accorpamento che faccia scomparire alcune diocesi, ma l’appaiamento di due diocesi diverse, che rimangono giuridicamente autonome, sotto un solo vescovo. «Le difficoltà ci sono perché naturalmente nessuna diocesi vuole rinunciare alla figura del vescovo: perdendo il vescovo si ha l’impressione di un decadimento di tutto il tessuto sociale. Quando andai via da Massa Marittima – ha raccontato Bassetti – le logge massoniche furono le prime a ribellarsi: se va via il vescovo, dissero, la diocesi non conta niente! O vicino Perugia il sindaco di Rifondazione comunista andò da Papa Benedetto a perorare in tutti i modi» la causa della sopravvivenza della sua diocesi.

Ora, «credo che il Papa ha trovato la strada giusta: accorparle sotto la figura di una stesso vescovo, con diocesi che hanno parità di dignità. Il nuovo vescovo ha il compito di arrivare a una fusione, ma questo è un cammino più lungo. Il Papa ha deciso così, vuole dire che va bene così per noi». Bassetti ha notato che ci sono stati già «quattro o cinque casi» del genere e «altri in fieri», non solo tra diocesi piccole: «Se c’è una diocesi piccolina e accanto una diocesi grande, si mette la piccola con la grande con la stessa dignità, sotto la stessa persona del vescovo».

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