Dal j’accuse dell’ex nunzio Viganò e il caso McCarrick alla spinosa questione del vescovo argentino Zanchetta. Dai processi in corso su Pell e Barbarin all’operato di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI sulla vicenda Maciel. E ancora temi “curiali” come il Consiglio dei cardinali che da 9 si è ridotto a 6, o socio-politici come il ruolo delle donne e i femminicidi, i migranti, la loro integrazione e i porti chiusi. Fino alla rivelazione del sogno di andare in Cina, suggellando così il dialogo aperto con l’Accordo per le nomine dei vescovi del settembre 2018.

Parecchie domande rimaste in sospeso in questi ultimi mesi di pontificato trovano risposta nella lunghissima intervista rilasciata da Papa Francesco a Valentina Alazraki per la tv messicana Televisa. Con la giornalista superstar, istituzione per la comunicazione vaticana con all’attivo oltre 150 viaggi papali, chiamata al banco dei relatori durante il Summit dei vescovi di febbraio sul tema degli abusi, Papa Bergoglio dialoga per oltre un’ora rispondendo - con evidente confidenza e fiducia verso la sua interlocutrice - ai quesiti che non avevano trovato spazio né tempo durante i colloqui in aereo con la stampa.

McCarrick: “Non sapevo nulla, altrimenti non avrei taciuto”

Una domanda dell’intervista – che andrà in onda domenica sera ma che è stata anticipata in diverse lingue dai media vaticani, Vatican News e L’Osservatore Romano - riguarda il caso McCarrick, l’ex arcivescovo di Washington colpevole di abusi su giovani e minori, spretato da Francesco nel febbraio scorso. Al Papa viene ricordato l’infuocato “comunicato” di monsignor Carlo Maria Viganò in cui si chiedevano le dimissioni del Pontefice in quanto, informato delle malefatte del porporato proprio dallo stesso ex nunzio durante un colloquio in Vaticano, avrebbe “riabilitato” McCarrick da presunte restrizioni imposte da Papa Ratzinger. La domanda – insistente in questi mesi da parte della frangia opposta al pontificato che ha contribuito a mettere in piedi l’operazione politico-mediatica di Viganò – è quindi: il Papa sapeva di McCarrick, si o no? Francesco spazza via ogni dubbio: «L’ho detto più volte che non lo sapevo, non ne avevo idea. E quando costui dice che mi ha parlato quel giorno, che è venuto... E non ricordo se me ne ha parlato. Che sia vero o no. Non ne ho idea! Ma sai che non sapevo nulla di McCarrick, altrimenti non avrei taciuto, no?».

Il silenzio sul dossier Viganò: “Di fronte a un clima di accanimento non si può rispondere”

Dinanzi alle pesanti accuse del prelato il Pontefice però ha scelto di opporre proprio il silenzio. Perché? «Quelli che hanno fatto il diritto romano – risponde - dicono che il silenzio è un modo di parlare... Ho pensato che confidavo nell’onestà dei giornalisti e vi ho detto: “Guardate, qui avete tutto, studiate e traete voi le conclusioni”. E questo avete fatto, perché il lavoro l’avete fatto voi, e in questo caso è stato fantastico. Ho fatto molta attenzione a non dire cose che non erano lì ma poi le ha dette, tre o quattro mesi dopo, un giudice di Milano quando lo ha condannato».

Il riferimento è alla sentenza del novembre 2018 di un Tribunale civile di Milano che condannava il prelato ad un risarcimento milionario al fratello sacerdote Lorenzo. «Ho taciuto, perché avrei dovuto gettare fango», spiega il Papa. «Che siano i giornalisti a scoprirlo. E voi l’avete scoperto, avete trovato tutto quel mondo. È stato un silenzio basato sulla fiducia in voi. Non solo, ma vi ho anche detto: “tenete, studiatelo, è tutto”. E il risultato è stato buono, meglio che se mi fossi messo a spiegare, a difendermi. Voi giudicate prove alla mano». «Di fronte a un clima di accanimento non si può rispondere», aggiunge il Papa. E la lettera di Viganò «era un accanimento, come voi stessi vi siete resi conti dai risultati. Alcuni di voi hanno persino scritto che era pagato, non so, non mi risulta però».

Il caso Zanchetta: su di lui ho fatto aprire un processo

Con la stessa schiettezza il Pontefice risponde ad un altro caso critico, quello del vescovo argentino Gustavo Zanchetta, assessore all’Apsa, sotto indagine per abusi sessuali. In Argentina, alcuni media affermano che Bergoglio fosse informato delle accuse sul presule. «C’era stata un’accusa e, prima di chiedergli la rinuncia, l’ho fatto venire subito qui con la persona che lo accusava. Un’accusa con telefono…», chiarisce Francesco. «Alla fine si è difeso dicendo che lo avevano hackerato, e si è difeso bene. Allora di fronte all’evidenza e a una buona difesa resta il dubbio, ma in dubio pro reo. Ed è venuto il cardinale di Buenos Aires per essere testimone di tutto. E l’ho continuato a seguire in modo particolare. Certo, aveva un modo di trattare, a detta di alcuni, dispotico, autoritario, una gestione economica delle cose non del tutto chiara, sembra, ma ciò non è stato dimostrato. È indubbio che il clero non si sentiva trattato bene da lui. Si sono lamentati, finché hanno fatto come clero una denuncia alla Nunziatura. Io ho chiamato la Nunziatura e il nunzio mi ha detto: “Guardi, la questione della denuncia per maltrattamenti è seria”, abuso di potere, potremmo dire. Non l’hanno chiamata così, ma questo era. L’ho fatto venire qui e gli ho chiesto la rinuncia. Bello e chiaro».

Due anni e mezzo dopo la sua rinuncia il vescovo dimissionario di Oràn è ricomparso a Madrid. «L’ho mandato in Spagna a fare un test psichiatrico», spiega , «il risultato del test è stato nella norma... L’ho tenuto qui perché il test diceva che aveva capacità di diagnosi di gestione, di consulenza. Alcuni lo hanno interpretato qui in Italia come un “parcheggio”». Ma perché creare un posto ad hoc nell’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica? «Economicamente era disordinato, ma non ha gestito male economicamente le opere che ha fatto. Era disordinato ma la visione è buona», spiega Francesco. Ribadisce comunque di non essere mai «rimasto fermo rimasto a guardare» in questo caso e che è stata sua volontà avviare un processo nella Congregazione per la Dottrina della Fede di cui ora si attende la conclusione: «Lo lascio nelle loro mani. Di fatto, come vescovo, devo giudicarlo io, ma in questo caso ho detto no. Facciano un processo, emettano una sentenza e io la promulgo».

Le condanne a Pell e Barbarin

Diverso l’approccio del Papa alle vicende giudiziarie dei cardinali Pell e Barbarin, il primo dietro le sbarre per presunti abusi su minori, il secondo condannato a sei mesi per occultamenti. Il Papa - ripetendo che «la Chiesa deve punire, deve imporre pene serie» per i crimini di abusi - ribadisce la «presunzione d’innocenza» per l’arcivescovo di Lione. Mentre sull’ex prefetto della Segreteria per l’Economia spiega: «Il cardinale Pell lavorava qui nella Curia e l’ho scelto io perché me lo avevano chiesto. Stava per essere nominato qui già prima, c’era stato qualche indizio, ma c’era anche stato un processo dal quale era uscito pulito».

La riduzione del C9: in sei funzioniamo bene, nessun nuovo membro

Pell, insieme ad Errazuriz e Monswengo, è da mesi ormai fuori dal C9, il Consiglio dei porporati che coadiuva il Papa nella riforma della Curia, ridotto da nove membri a sei. «Il cardinale Pell ovviamente è in carcere ed è stato condannato. È ricorso in appello, ma è stato condannato. Il cardinale Errázuriz non poteva continuare, era ovvio. E il cardinale Monsengwo aveva compiuto 80 anni. Allora è andato via per motivi di età», spiega Bergoglio, chiarendo che non verranno sostituiti: «Stiamo funzionando bene in sei, per cui perché aggiungere altri se sta funzionando bene in questa fase?».

Sul cardinale Maradiaga tante “calunnie”

Sui due ultrasettantacinquenni rimasti nel Consiglio, Bertello e Rodríguez Maradiaga, il Pontefice taglia corto: «Non posso prescindere dal governatore e dal coordinatore». In particolare su Maradiaga, anche lui al centro di polemiche nel suo Paese, l’Honduras, spezza più di una lancia: «Gli dicono di tutto ma non c’è nulla di certo, no, è onesto e mi sono preoccupato di esaminare bene le cose. Si tratta di calunnie. Sì. Perché nessuno ha potuto provare nulla. Può essersi sbagliato in qualcosa, può aver commesso qualche errore, ma non del livello che gli vogliono addossare. Questo è l’importante, perciò lo difendo».

“La Curia, l’ultima corte europea di una monarchia assoluta”

Interpellato sulle crisi nella Chiesa, il Papa rassicura: «Le crisi sono anche di crescita... dove bisogna aggiustare certe cose, promuoverne altre e andare avanti, avanti in questo aspetto». Loda quindi il gesto del nuovo vescovo di Lucca, Paolo Giulietti, che ha deciso di fare il suo ingresso in diocesi camminando, vestito da semplice prete, con a fianco oltre duemila giovani: «È fantastico! Questa non è una Chiesa in crisi, è una Chiesa in crescita!», dice. «Ad essere in crisi – spiega - sono le modalità che formano la Chiesa, che devono cadere. Siamone consapevoli. Lo Stato della Città del Vaticano come forma di governo, la Curia, quello che è, è l’ultima corte europea di una monarchia assoluta. L’ultima. Le altre sono ormai monarchie costituzionali. La corte si diluisce. Qui ci sono ancora strutture di corte, che sono ciò che deve cadere».

Gli abusi di Maciel: Ratzinger coraggioso, Wojtyla a volte ingannato

Non manca nell’intervista un tributo ai suoi predecessori per il lavoro svolto sulla drammatica vicenda di Marcial Maciel, il fondatore dei Legionari di Cristo rivelatosi tossicodipendente e abusatore seriale. «In questo Ratzinger è stato coraggioso», afferma; su Giovanni Paolo II dice invece: «Bisogna capire certi atteggiamenti perché veniva da un mondo chiuso, dalla cortina di ferro, dove ancora vigeva tutto il comunismo. E c’era una mentalità difensiva. Dobbiamo comprendere bene, nessuno può dubitare della santità di questo uomo e della sua buona volontà. È stato un grande, è stato un grande». Peraltro, «anche Giovanni Paolo II a volte è stato ingannato, è certo. Lo è stato nel caso dell’Austria, per esempio, del primate di Vienna, quel monaco benedettino che sembrava in un modo e poi si è scoperchiata la pentola...».

“Sul caso Barros in Cile ho sbagliato, i giornalisti mi hanno aiutato”

D’altronde anche i Papi sbagliano: «Gli errori si fanno sempre. Mi confesso ogni quindici giorni, segno che commetto sbagli», ammette Bergoglio. Uno di questi è stata la gestione del caso Barros, il vescovo cileno di Osorno, figlio spirituale dell’ex sacerdote Fernando Karadima, anche lui colpevole di centinaia di violenze sessuali. Francesco lo aveva difeso durante il travagliato viaggio in Cile del gennaio 2018. «Nel viaggio mi sono reso conto che l’informazione che avevo non coincideva con quello che avevo visto. E credo che sono state alcune delle domande poste con molta educazione durante il viaggio di ritorno a farmelo capire».

“Sogno di andare in Cina. Le relazioni sono molto buone

In tema di viaggi il Vescovo di Roma rivela il desiderio di recarsi in Cina: «Il mio sogno è la Cina. Voglio molto bene ai cinesi.... Con la Cina le relazioni sono molto buone, molto buone. Con l’accordo che c’è stato...». E a chi critica l’intesa sulle nomine episcopali in quanto strumento per svendere la Chiesa cattolica al governo di Pechino, risponde: «I cattolici sono felici ora di essere uniti, sono sempre stati uniti loro. Qualche dirigente forse, ed è normale. È successo lo stesso nel caso dell’Ungheria, penso a Mindszenty. Alcuni hanno pensato che si stava negoziando il cardinale Mindszenty, che Paolo VI lo stava negoziando, ma non era così. Con tutta la politica estera dei piccoli passi, è normale che qualcuno si senta fuori, questo è vero, ma è una minoranza. Di fatto la Pasqua l’hanno celebrata tutti insieme, tutti insieme e in tutte le chiese. Quest’anno non ci sono stati problemi».

Le donne vittime di femminicidi o schiave di prostituzione anche nella “colta Roma”

Nel colloquio, ampio spazio viene dedicato al tema delle donne, maltrattate o vittime di femminicidi e schiavitù. «Il mondo senza le donne non funziona», chiosa il Pontefice. «Non perché è la donna a fare i figli, mettiamo da parte la procreazione. Una casa senza una donna non funziona. C’è una parola che sta per uscire dal vocabolario, perché fa paura a tutti: tenerezza. È patrimonio della donna. Ora, da qui al femminicidio, alla schiavitù, il passo è breve. Come si crea quest’odio, uccidere donne è un’avventura? Non lo so spiegare. Ma è evidente che la donna continua a essere in secondo piano e l’espressione di sorpresa quando una donna ha successo lo indica bene».

E «dall’essere in secondo piano ad essere oggetto di schiavitù basta poco. Basta andare alla stazione Termini, per le strade di Roma - annota Papa Francesco -. E sono donne in Europa, nella colta Roma. Sono donne schiave. Perché questo sono. Ebbene, da qui ad ucciderle... Quando ho visitato un centro di recupero per ragazze nell’Anno della Misericordia, una aveva un orecchio mozzato, perché non aveva portato abbastanza soldi. Hanno un controllo speciale sui clienti, allora se la ragazza non fa il suo dovere la picchiano o la puniscono come è successo a quella. Donne schiave».

Ancora muri dopo Berlino? “L’uomo l’unico animale che cade due volte nella stessa buca”

Il tema offre da spunto per denunciare le orribili condizioni in cui versano molti migranti nei lager libici testimoniati da diversi filmati. A proposito di migranti, il Papa esprime tristezza per i «porti chiusi» alle navi che trasportano profughi e dolore per il Mediterraneo divenuto un «cimitero». Chiede poi di fare attenzione ai rimpatri senza sicurezza: «Anche per rimpatriare occorre un dialogo con il Paese di origine e non semplicemente alzare un muro o chiudere le porte di casa». E proprio sui muri ribadisce la sua condanna: «Non so che cosa succede quando entra questa nuova cultura di difendere territori facendo muri. Già ne abbiamo conosciuto uno, quello di Berlino, che ci ha portato tanti mal di testa e tanta sofferenza. Ma sembra che quello che fa l’uomo è quello che non fanno gli animali. L’uomo è l’unico animale che cade due volte nella stessa buca. Rifacciamo le stesse cose»

“Non ho mai voluto dire di mandare i figli gay dallo psichiatra”

Di fronte alle telecamere di Televisa Francesco - che dice di prendere come un «complimento» la critica che a lui piacciano «più quelli lontani dei suoi» - si toglie un sassolino dalla scarpa verso i giornali che hanno travisato le sue parole in aereo da Dublino sui genitori che dovrebbero mandare i figli omosessuali da uno psichiatra. «Le persone omosessuali hanno diritto a stare nella famiglia... Un’altra cosa che ho detto è: quando si vede qualche segno nei ragazzi che stanno crescendo bisogna mandarli, avrei dovuto dire da un professionista, e invece mi è uscito psichiatra. Titolo di quel giornale: “Il Papa manda gli omosessuali dallo psichiatra”. Non è vero! Mi hanno fatto un’altra volta la stessa domanda e ho ripetuto: sono figli di Dio, hanno diritto a una famiglia, e basta».

È una “incongruenza” parlare di matrimonio omosessuale

Da qui a “benedire” il matrimonio tra persone dello stesso sesso c’è però un po’ di differenza: «È un’incongruenza parlare di matrimonio omosessuale», afferma il Pontefice, chiarendo che sulla dottrina - benché, fa notare la giornalista, molti dicano il contrario - lui è un «conservatore».

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