Nel primo pomeriggio un tweet istituzionale di Telt, annuncia la scadenza del termine per la presentazione delle manifestazioni di interesse per 2,3 miliardi di lavori della Torino-Lione. Per la società incaricata di realizzare l’opera si tratta di normale amministrazione e nulla lascia presagire che da lì a poche ore lo scontro dentro il governo giallo-verde si sarebbe riacceso. Fino al tardo pomeriggio, infatti, il M5S aveva scelto di non replicare agli affondi politici lanciati da Matteo Salvini dopo le elezioni europee e, soprattutto, dopo la conquista del Piemonte. Poi la strategia è cambiata e il ministro delle Infrastrutture, Danilo Toninelli, è andato al contrattacco: «Non cambia assolutamente nulla, i dossier che toccano il mio ministero vengono gestiti oggi come erano gestiti prima delle elezioni».

Toninelli non cita mai Salvini ma è chiaro il riferimento al ministro dell’Interno che da lunedì, giorno della vittoria in Piemonte, la Regione che al centro della mobilitazione delle forze economiche e sindacali e anche delle madamine, continua a ripetere: «Le forze a favore del Tav hanno preso l’80%-85%. Se fosse stato un referendum l’esito mi pare chiaro». Poi aggiunge: «Penso che il progetto possa essere rivisto, rimodulato nel nome del risparmio e dell’impatto ambientale. E sono sicuro che dall’Ue si possano avere altri fondi. Ma poi ieri si è votato in regione Piemonte».

Le affermazioni di Salvini sembrano lasciar spazio ad una possibile mediazione con i Cinquestelle perchè rilanciano la possibilità di modificare il progetto della Torino-Lione, risparmiando dei soldi pubblici italiani, e di ottenere dall’Ue l’aumento del cofinanziamento dal 40 al 50%. Ma la presa di posizione di Toninelli - esternata alla fine della riunione di maggioranza sul decreto sblocca-cantieri - dimostra che il M5S non ha alcuna intenzione di fare retromarcia. Nemmeno Salvini che è pronto ad alzare lo scontro. Dal suo punto di vista, infatti, l’«agenda politica» politica la decidono gli italiani e dunque, come il leader leghista ripetere ai suoi «voglio almeno 6 sì altrimenti sarà difficile andare avanti». In questo ragionamento rientra quindi anche la Tav, insieme alle autonomie regionali e al decreto sicurezza bis, argomenti che il Viminale ha chiesto di esaminare nel prossimo Consiglio dei ministri.

Bruxelles batte il tempo

Al di là della polemica politica, però, una decisione rapida sulla Tav è necessaria se non si vuole correre il rischio di perdere 813 milioni di fondi comunitari. Facciamo un passo indietro. Nei giorni scorsi, l’Inea, ente europeo che gestisce i fondi delle reti transfrontaliere, ha inviato ai due governi una lettera per ricordare la tempistica da rispettare per ottenere le risorse. Il Great Agreement tra Italia e Francia scade il 31 dicembre del 2019 e tre mesi prima, cioè alla fine di settembre, Roma e Parigi, devono inviare all’Ue e all’Inea, il documento emendato. Chi conosce il dossier spiega che per rispettare quei tempi è necessario che i due governi definiscano tra giugno e la metà di luglio, comunque, prima della pausa estiva, i termini dell’accordo politico. Quella lettera accompagnerà la revisione delle scadenze dal punto di vista tecnico a cui sta lavorando Telt che tiene conto del congelamento dei bandi imposto dal governo di Roma la scorsa estate.

Se così stanno le cose i tempi di una decisione si accorciano e il governo italiano dovrà dare una definizione univoca in poco più di un mese e mezzo. E se le scadenze non saranno rispettate Roma e Parigi rischiano non solo di perdere quei fondi, ma anche di restare escluse, a meno di decisione politiche della Commissione, dai tavoli europei dove si discute l’assegnazione dei fondi per le reti di comunicazione a partire dal 2020. Ed è in quei tavoli che si discuterà anche del possibile incremento dei fondi comunitari.

Si vedrà. Intanto il movimento No Tav va all’attacco: «Abbiamo sorriso parecchio nel leggere chi accusava i No Tav di essere diventati filogovernativi. Noi eravamo certi che i nodi sarebbero tutti venuti al pettine. A giudicare dalla dichiarazioni post voto, il Tav si annuncia già da ora come il principale terreno di scontro e di resistenza, anche contro l’avanzata di Matteo Salvini».

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