Dentro Forza Italia ormai è rivolta, l’ufficio di presidenza convocato per domani da Silvio Berlusconi si annuncia come un vero e proprio processo contro quello che viene definito il «cerchio magico» del presidente. L’ultimatum di Giovanni Toti, che ieri sulla Stampa ha chiesto praticamente di archiviare Forza Italia avviando una fase costituente, viene perlopiù respinto dalla maggior parte dei big del partito: da questo punto di vista per ora il governatore della Liguria non trova grandi consensi. Ma l’offensiva contro i più stretti collaboratori di Berlusconi è ormai lanciata e ieri sera, all’assemblea del gruppo del Senato, raccontano, sono stati in tanti a mettere sotto accusa Licia Ronzulli e Antonio Tajani, e lo stesso accade anche tra i deputati, che se la prendono anche con Giorgio Mulè. Ma, è il timore del vertice di Fi, l’attacco in realtà mette in discussione lo stesso Berlusconi.

Il Cavaliere è furioso, raccontano. Non solo con Toti. Al presidente della Liguria riserva parole sprezzanti: «Ha suoi sentieri personali che a mio parere non porteranno da nessuna parte. Tutti coloro che sono usciti da Fi si sono condannati all’invisibilità». Ma l’ex premier è convinto anche che l’attacco contro lo «staff» partito da diversi coordinatori regionali sia una specie di tentativo di golpe.

I dissidenti, da Mara Carfagna ad Anna Maria Bernini, fino a Paolo Romani e buona parte dei responsabili regionali a cominciare da Gianfranco Micciché, chiedono un organismo dirigente che superi il «cerchio magico». Spiega Jole Santelli, coordinatrice della Calabria: «Toti? Ma lui cosa sta facendo? Io sento solo critiche da lui, ma non capiamo cosa sta facendo per Fi». Ma le cose nel partito devono cambiare, aggiunge: «Berlusconi è il leader, e questo non si discute. Ma noi vogliamo avere a che fare con lui e con un organismo dirigente, non con uno “staff” che filtra tutto».

Mulè, uno dei bersagli dei dissidenti, ribatte: «Con amarezza da neofita della politica constato come il livello del dibattito sia scaduto. Anziché stringerci intorno a un leader che ha ottenuto un grande risultato, è partita la caccia già alle nove di lunedì mattina».

Berlusconi stesso non si fida, teme che l’obiettivo sia proprio lui. Il senatore Luigi Vitali, raccontano, avrebbe cominciato a dirlo in assemblea: «Berlusconi non conta più nulla, io condivido parola per parola quello che dice Toti». Vitali, spiegano, ha praticamente annunciato l’uscita da Fi, ma anche altri hanno messo in discussione il ruolo del Cavaliere. E esponenti come Domenico De Siano, Paolo Romani e Massimo Mallegni avrebbero puntato il dito contro la Ronzulli.

Alla riunione chiedono di partecipare i coordinatori regionali, al momento esclusi. Quel «partito del Sud» che guarda alla Carfagna come possibile leader e che chiede più potere dopo le Europee.

Il leader di Fi proverà a replicare chiedendo conto a tutti dei risultati ottenuti sui territori, sottolineando la propria performance: «Ho preso il 28% delle preferenze di chi ha votato Fi e mi ripagano così…», si sarebbe sfogato. Ognuno risponda del risultato che ha ottenuto, è il ragionamento che farà. Anche al Sud dove il partito è senz’altro andato meglio ma solo perché partiva da percentuali più alte. E, soprattutto, il Cavaliere non ha intenzione di sacrificare Tajani.

Berlusconi – che era capolista ovunque tranne che al Centro – dovrà anche risolvere la questione del seggio all’europarlamento. Deve scegliere se optare per il seggio della circoscrizione Nord-Ovest, lasciando però fuori Lara Comi che è alle prese con guai giudiziari, o se optare per il Sud, escludendo a quel punto Martusciello, molto vicino alla Pascale e anche Lorenzo Cesa, che aveva un accordo pre-elettorale.

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