Il Comune di Cuneo ha introdotto, da poco, un regolamento sull’utilizzo delle sale comunali. Prevede che non possano «essere utilizzate per iniziative che si richiamino all’ideologia fascista». Non è compresa la sala pre-consiliare, stanzetta che ogni consigliere può usare, prenotandosi in segreteria. Così ha fatto Giuseppe Lauria, candidato alle Regionali per CasaPound, ospitando in campagna elettorale Simone Di Stefano, segretario nazionale del partito di estrema destra. Episodio condannato da numerose associazioni ispirate ai valori della Resistenza e che l’altra sera, nel salone Cdt in largo Barale, hanno coinvolto 200 persone in un’assemblea antifascista.

Alle introduzioni di Gigi Garelli (direttore Istituto storico della Resistenza) e Lia Bruna (Ora e Sempre), sulla necessità di combattere il neofascismo, è seguito un «processo in contumacia» a Lauria e CasaPound. La presidente provinciale Anpi, Ughetta Biancotto: «Anche in un luogo democratico, il municipio, c’è una lista fascista, xenofoba e razzista». Ugo Sturlese (minoranza) se l’è presa con il sindaco Federico Borgna («Ha gravi responsabilità») e ha rivendicato il ruolo del Comitato tutela della Costituzione. Così pure Michele Calandri (ex direttore Istituto storico), mentre Carmelo Noto (Pd) ha difeso il primo cittadino: «Lauria aveva diritto di utilizzare quella sala, ma nelle altre CasaPound non potrà entrare». Antonio Pittari (presidente Consiglio comunale) ha promesso di proporre una modifica al regolamento per la sala pre-consiliare; Simone Priola (Pd) ha invocato una svolta nella militanza politica antifascista. Il segretario provinciale Cgil, Davide Masera: «Preoccupa che la maggior parte della popolazione non abbia la percezione del neo fascismo». Netta posizione di Antonio Elia e Giulia Marro (associazione Micò): «Il sindaco valuti l’opportunità di chiudere la sede cittadina di Casa Pound». Beatrice Verri, della Fondazione Nuto Revelli, ha però osservato: «La paura è la grande arma del fascismo, la nostra è la cultura».

Nel finale tensioni, parole grosse, accuse (anche urlate) alle frange più moderate («Voi antifascisti buoni, gli altri antifascisti cattivi») da chi invece vorrebbe una linea più dura: «Mai nessuna conciliazione, né mediazione, con i fascisti».

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