Non è solo bramosia di potere. È l’idea di poterlo strappare via a qualcuno. Di azzannare chi si era innalzato sopra tutti gli altri, ora che è a terra. «Gli anziani stanno tramando contro Luigi Di Maio», sussurra uno degli uomini più vicini al leader. Si passa una mano sugli occhi, scavati dalle poche ore di sonno. «Non è solo la corrente di sinistra – prosegue - quella vicina a Roberto Fico. Questi sono altri, diversi, e sono appoggiati dall’esterno».

Gli “anziani” di cui si parla sono i senatori del Movimento 5 stelle. È sufficiente passeggiare tra i corridoi solitamente silenziosi di palazzo Madama per assistere a piccoli conciliaboli di veleno puro, stillato contro il capo. E l’uomo che li sta fomentando dall’esterno – dicono i “mandarini” di Di Maio – sembra essere Alessandro Di Battista. «Ci sono troppe cose che non tornano», è il ragionamento. Come gli attacchi calcolati dei senatori, fino a ieri considerati cani sciolti e adesso, invece, stranamente “coordinati”. Le dimissioni di Primo De Nicola da vice capogruppo al Senato; O le uscite di Paragone.

Difficile, per gli uomini che vogliono proteggere Di Maio, riuscire a sedare il desiderio di veder scorrere il sangue. Sono troppi i rivoli della protesta. Lo capisce Beppe Grillo, costretto a intervenire con un post sul blog per non veder franare tutto. Ma i toni sono freddi, lontani dall’ironia sferzante con cui solitamente combatte le battaglie in cui crede davvero. «Luigi non ha commesso un reato, non è esposto in uno scandalo di nessun genere - scrive il fondatore -. Deve continuare la battaglia che stava combattendo prima». Una difesa d’ufficio, niente di più, con cui si prepara il terreno per indirizzare il voto degli attivisti. Stesso solco arato dalla comunicazione grillina, quando nel pomeriggio dirama un ordine di servizio ai suoi parlamentari: «Potete pubblicare questo testo in difesa di Luigi?». Si cerca di cambiare la direzione del vento.

L’assemblea di deputati e senatori M5S che si riunisce alla Camera in serata è solo un passaggio utile a formalizzare la rivolta interna. Il capo, sul patibolo, cita Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio, poi Di Battista e Roberto Fico, entrambi presenti. Apre alla «riorganizzazione del partito, ma – dice – ci vuole fiducia». Per questo alza la posta e mette in gioco l’intera legislatura: «Dobbiamo decidere se sostenere o no questo governo, Conte vuole saperlo». «A me non me ne frega nulla della poltrona. Non sto attaccato al ruolo di capo politico. Quando va tutto bene e vinciamo, il merito è di tutti; il problema è che, se si perde, prendo schiaffi solo io. Il M5S non perde mai, o vince o impara», dice. Ma gli schiaffi arrivano comunque e l’atmosfera è tesissima, tanto che 15 parlamentari chiedono (e ottengono) l’allontanamento dalla riunione del potente Staff della Comunicazione.

La vicepresidente del Senato Paola Taverna è “furiosa” per la decisione di affidare oggi, al voto su Rousseau, la riconferma di Di Maio come capo politico. Viene considerata una farsa dall’esito scontato. «Cosa pensa di risolvere? – avrebbe commentato Taverna con i suoi -. Crede di poter lavare via ogni responsabilità con un voto in Rete e di essere assolto per acclamazione?». I toni contro il leader e i suoi consiglieri sono durissimi. Persino da chi lo difende vengono sottolineati senza pietà gli errori e la necessità di far saltare qualche testa. «Il problema non è Di Maio, ma quelli che lo circondano, i lecchini, gli yes man», punge il deputato Andrea Colletti. Interviene anche Emilio Carelli, considerato da sempre vicino ai vertici M5S. Invita a votare compatti la conferma di Di Maio, ma punta anche il dito contro ministri e sottosegretari inadatti; contro nomine decise secondo logiche di spartizione interna tra correnti e non per merito. Il ministro dei Trasporti Danilo Toninelli, più di tutti, finisce nel mirino per la «gestione scellerata del crollo del Ponte Morandi». E chiede di pensare davvero a una crisi di governo, perché è un ingenuo - sostiene Carelli - «chi pensa che Salvini sarà rispettoso del contratto, senza crearci problemi, senza provare a dividerci e danneggiarci ogni giorno».

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