Un’altra nave delle armi carica in un porto italiano con destinazione finale verso l’Arabia Saudita. Dopo il caso Bahri Yanbu, il mercantile finito al centro di una querelle internazionale con boicottaggi a Le Havre e Genova, un carico di nuovi ordigni prodotti in Sardegna e diretti in Arabia Saudita che poi li usa per sganciare bombe a pioggia sul cielo dello Yemen.

Secondo la ricostruzione della Rete Italiana per il Disarmo, stamattina attorno alle 7.30 sono stati scortati nel Porto Canale di Cagliari 4 container che sono stati poi caricati sul cargo saudita Bahri Tabuk. Il trasporto è stato fatto con uso di aziende private di sicurezza e agendo con percorsi e procedure al di fuori delle normali regole e del porto, di fatto by-passando il controllo dei lavoratori portuali e utilizzando personale marittimo della nave per evitare proteste e boicottaggi.

Sui container non erano presenti evidenti segni di riconoscimento di materiale esplosivo, ma viste le tempistiche delle operazioni di carico e lo spiegamento di strutture di sicurezza è alto il sospetto che si sia trattato di un carico.

A supporto ci sono le immagini (scattate da Kevin McElvaney) degli eventi avvenuti questa mattina: la nave Bahri Tabuk è giunta nel porto canale di Cagliari attorno alle 06.40 (con un attracco inizialmente non dichiarato alla partenza da Marsiglia il 29 maggio sera), alle ore 7.30 circa sono poi giunti i 4 container da trenta tonnellate su camion con seguito di scorta privata. Container che sono poi stati caricati sulla Bahri Tabuk circa alle 8.30.

Ma era solo la prima parte di oltre 40 di container movimentati in tutta la giornata. Una dozzina di container -secondo la onlus- arrivano dalla fabbrica Rwm Italia Spa (sede operativa a Domusnovas, nel cagliaritano) dove sono partite, a partire dal 2015, oltre cinquemila bombe che Ryad usa nella guerra in Yemen.

Nel 2016 mimetizzata tra le macerie di un palazzo della capitale Saana, a soli cinquanta chilometri dal confine, è stata scoperta la prova dell’utilizzo di ordigni made in Italy da parte della coalizione a guida saudita. Così partecipiamo indirettamente alla guerra tra i ribelli sciiti Houthi, graditi all’Iran, e le forze governative appoggiate dal potente vicino sunnita che ha dispiegato aerei, truppe di terra e imposto il blocco navale.

Rete Italiana per il Disarmo chiede a Prefetto e Questore e alle autorità portuali di Cagliari e al Governo di chiarire se il carico di questa mattina sul cargo battente bandiera saudita sia stato legato o meno all’export di bombe verso Paesi coinvolti nel conflitto Yemenita, e quali siano state le condizioni di sicurezza del trasporto (e in caso di conferma come mai i container non avevano segni evidenti legati a materiale esplosivo). Chiedono anche conto del fatto che il carico sia avvenuto di primo mattino (con ingresso praticamente notturno della nave in porto e attracco non segnalato preventivamente ed esplicitamente da Bahri) e di fatto non seguendo le normali procedure, impedendo quindi ai lavoratori portuali di Cagliari di attivarsi per evitare eventuale export di armamenti (come avvenuto in diversi porti italiani ed europei di recente).

«Ancora una volta facciamo appello al Governo affinché abbia il coraggio di fermare il flusso di armi verso una delle catastrofi umanitarie più grandi, e chiediamo alle autorità locali tutti i dettagli di un carico che sembra al di fuori di tutte le normali procedure e regole di questo tipo di trasporti», sottolinea Francesco Vignarca di Rete Disarmo.

L’export verso lo yemen

La guerra in Yemen, lontana dagli occhi, è però vicina agli interessi nazionali. Nella relazione governativa sull’export italiano di armamenti non figurano provvedimenti relativi a sospensioni, revoche o dinieghi per esportazioni di armamenti verso l’Arabia Saudita posti in atto nel 2018 dal Governo Conte. Sono invece riportate nell’allegato del MAECI 11 autorizzazioni per l’Arabia Saudita del valore totale di 13.350.266 euro e, nell’allegato dell’Agenzia delle Dogane (Mef) 816, esportazioni effettuate nel 2018 per un valore di 108.700.337 euro.

Tra queste si evidenziano tre forniture del valore complessivo di oltre 42 milioni di euro che sono attribuibili alle bombe aeree della classe MK80 prodotte dalla Rwm Italia che risalgono a un’autorizzazione rilasciata nel 2016 dal governo Renzi per la fornitura all’Arabia Saudita di 19.675 bombe aeree del valore di oltre 411 milioni di euro. Si tratta delle micidiali bombe aeree della serie MK prodotte a Domusnovas in Sardegna dall’azienda tedesca Rwm Italia, che ha la sua sede legale a Ghedi (Brescia). Questo bombe vengono impiegate dall’aeronautica militare saudita per bombardare indiscriminatamente lo Yemen.

Un rapporto dell’Onu del gennaio del 2017 ha documentato l’utilizzo di queste bombe sulle zone abitate da civili in Yemen e un secondo rapporto redatto da un gruppo di esperti delle Nazioni Unite ha dichiarato che questi bombardamenti possono costituire «crimini di guerra».

Secondo il centro legale per i diritti e lo sviluppo - una ong locale yemenita - si contano già più di 15 mila morti, quasi 26 mila vittime tra i civili e oltre 3 milioni gli sfollati. Fuori da questi numeri ci sono ventisei milioni di persone che necessitano di urgenti aiuti.

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