Il Papa arriva a Bucarest, capitale di un paese ora libero dai regimi che lo opprimevano, ma in cui restano «scogli da superare». Francesco inizia il suo 30° viaggio internazionale sottolineando che i romeni emigrati sono una ricchezza per le nazioni in cui arrivano. 

Sull’aereo che da Roma lo ha portato in Romania Bergoglio riceve un libro con le memorie del cardinale Iuliu Hossu, vittima del comunismo, che verrà beatificato dal Papa in questi giorni: glielo donano i giornalisti rumeni. Mentre il cronista ungherese regala a Francesco un disegno realizzato da bambini rom e una maglia della nazionale di calcio ungherese, con il numero 10 e con il nome “Francesco”. Sia i rom che gli ungheresi sono tra le minoranze in Romania che papa Francesco incontrerà in questo viaggio. «Grazie del vostro lavoro e della vostra compagnia», dice il Vescovo di Roma rivolgendosi ai giornalisti e salutandoli uno a uno personalmente.

Arrivato a Bucarest, dopo l'accoglienza ufficiale all'aeroporto si svolge la cerimonia di benvenuto al palazzo presidenziale, quindi la visita di cortesia al presidente romeno Klaus Werner Iohannis, e l'incontro con il primo ministro Vasilica Viorica Dancila; a seguire, l'incontro con le autorità, la società civile e il corpo diplomatico, nel corso del quale il Papa tiene il suo primo discorso.

Nel Palazzo Cotroceni, davanti alle autorità dello Stato che presiede in questo semestre il Consiglio europeo, il Pontefice ricorda che questa visita segue quella effettuata da papa san Giovanni Paolo II vent'anni fa. È questo «un momento propizio - evidenzia - per rivolgere uno sguardo d'insieme ai trent'anni ormai trascorsi da quando la Romania si liberò da un regime che opprimeva la libertà civile e religiosa e la isolava rispetto agli altri Paesi europei, e che inoltre aveva portato alla stagnazione della sua economia e all'esaurirsi delle sue forze creative». Durante questo periodo «la Romania si è impegnata nella costruzione di un progetto democratico attraverso il pluralismo delle forze politiche e sociali e il loro reciproco dialogo, per il fondamentale riconoscimento della libertà religiosa e per il pieno inserimento del Paese nel più ampio scenario internazionale». Sono stati compiuti «molti passi avanti» ma «occorre, al tempo stesso, riconoscere che le trasformazioni rese necessarie dall'apertura di una nuova era hanno comportato, insieme alle positive conquiste, il sorgere di inevitabili scogli da superare e di conseguenze non sempre facili da gestire per la stabilità sociale e per la stessa amministrazione del territorio».

Il Papa parla del fenomeno dell'emigrazione «che ha coinvolto diversi milioni di persone che hanno lasciato la casa e la Patria per cercare nuove opportunità di lavoro e di vita dignitosa». Francesco rende omaggio «ai sacrifici di tanti figli e figlie della Romania che, con la loro cultura, il loro patrimonio di valori e il loro lavoro, arricchiscono i Paesi in cui sono emigrati, e con il frutto del loro impegno aiutano le loro famiglie rimaste in patria».

Il Pontefice pensa «allo spopolamento di tanti villaggi che hanno visto in pochi anni partire una considerevole parte dei loro abitanti; penso alle conseguenze che tutto questo può avere sulla qualità della vita in quei territori e all'indebolimento delle vostre più ricche radici culturali e spirituali che vi hanno sostenuto nelle avversità». Poi esorta: «Pensare ai fratelli che sono all'estero è un atto di fratellanza e di giustizia, continuate a farlo».

Francesco afferma che «quanto più una società si prende a cuore la sorte dei più svantaggiati, tanto più può dirsi veramente civile», e la «vocazione più nobile a cui uno Stato deve aspirare» è «farsi carico del bene comune del suo popolo». È necessario «costruire una società inclusiva, dove i più deboli, i più poveri e gli ultimi non sono visti come indesiderati, come intralci che impediscono alla “macchina” di camminare, ma come cittadini e fratelli da inserire a pieno titolo nella vita civile».

Per costruire un nuovo modello di sviluppo occorrono «un'anima e un cuore e una chiara direzione di marcia, non imposta da considerazioni estrinseche o dal dilagante potere dei centri dell'alta finanza, ma dalla consapevolezza della centralità della persona umana e dei suoi diritti inalienabili».

Avverte inoltre il Papa: «Per un armonioso sviluppo sostenibile, per la concreta attivazione della solidarietà e della carità, per la sensibilizzazione delle forze sociali, civili e politiche verso il bene comune, non è sufficiente aggiornare le teorie economiche, né bastano le pur necessarie tecniche e abilità professionali». Si tratta infatti di «sviluppare, insieme alle condizioni materiali, l'anima del vostro popolo».

I commenti dei lettori