Il futuro delle donne è nel pantastivale

La "provocazione" di Hermès. E da Céline arriva il paltò rigido

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In passerella non c’è nemmeno l’ombra di una borsa Kelly. In compenso abbondano i panta-stivali: un pezzo unico di quelli che se devi toglierti le scarpe resti per forza in slip.

Sfila Hermès disegnato per la prima volta da Christophe Lemaire (46 anni, ex direttore creativo di Lacoste) e la mancanza del suo predecessore, Jean Paul Gaultier, è palpabile. Il debutto avviene nella nuova mega boutique di Hermès, 1400 metri quadrati al 17 di rue de Sevres, famosa piscina negli Anni folli. Oggi store ultra chic a due piani, con caffetteria, biblioteca e pure vasta scelta di mobili. Tema della collezione: nomadismo e forme charleston. Sotto immense capanne di legno scorrono le modelle con cappellini in cuoio da aviatrice, grandi cappe bianche a sacchetto e gilet di shearling. Pochi accessori: un bauletto da viaggio, una pochette e qualche astuccio appeso al collo. Ma forse il tocco in più «in» il prossimo inverno sarà quello di portare a spasso un falco bianco. Come quello appollaiato sul dito di un’indossatrice.

Lemaire è stato arruolato dalla maison perché coniuga rigore, eleganza e praticità. In parte ci riesce. In parte no, forse ha bisogno di tempo per carburare. Sono belle le tuniche di daino, azzeccati i giacconi fatti con i plaid da equitazione. Convincono meno i kimono oversize di seta stampata a motivi geometrici. Poco donanti. Come certi blazer squadrati con cinture a vita bassa.

Per la serie incontri immaginari, da Kenzo si materializzano tre donne intellettuali amanti del Sud America che anche con il loro stile hanno lasciato un segno. Sono Tina Modotti, nota per i suoi clic di denuncia sociale; l’artista americana Georgia O’Keefe e l’eccentrica e sfortunata pittrice Frida Kahlo. Antonio Marras le tuffa in una festa di paese in Messico. E addosso a loro cuce abiti in bilico fra maschile e femminile, conditi da stampe floreali, innesti di ricami e pelliccia. I parka diventano bomber, gli chemisier di chiffon si allungano alla caviglia, i kilt sono mossi da ciuffi sbiechi. Tre le sfumature: verde per la combattiva Modotti, prugna per la bucolica O’Keefe; rosso per la sanguigna Kahlo. Capi portabilissimi, «perché oggi non basta far sognare le consumatrici con modelli fantasmagorici, bisogna tradurre ogni idea nella quotidianità», spiega Antonio Marras. Insomma, l’epoca delle follie alla Galliano è finita. Anche in Francia si fanno i conti con le esigenze di mercato.
Lo stilista sardo che da otto anni disegna Kenzo (griffe del gruppo Lvmh, come Dior) al posto di John Galliano vedrebbe Alber Elbaz. «Ha fatto ridecollare Lanvin, mixa alla perfezione romantico e moderno». L’ha riconfermato l’altro ieri con deliziosi abiti mini che dal nero si tingono di fuxia con spalle gonfie, volant su una sola spalla e ampiezze morbide, un po’ anni Ottanta.

Il toto-Galliano prende la mano un po’ a tutti. Anche Lagerfeld dice la sua: «Da Dior andrà il tandem Riccardo Tisci e Carine Rotfield (ex direttrice di Vogue Francia). E Haider Ackerman rimpiazzerà Tisci da Givenchy». Che lo stilista di Bogotà sia in pole position è risaputo. Ieri due standing ovation hanno salutato l’uscita delle impeccabili giacche di Ackerman.

Gran lavoro di ricerca anche da Costume National, dove Ennio Capasa trova un giusto equilibrio fra anni Sessanta e contemporaneità. Pensando allo chic di Twiggy e ai tic estetici di David Bowie mutua abiti lineari con pannelli colorati alla Mondrian, tagliati al laser, solcati da tasche iniettate di silicone. Per donne a caccia di preziosità poco scontate.

Coda di cavallo e scarpe a punta dappertutto. Cotonatissima, la femme borghese di Celine incede fasciata in pantaloni seconda pelle per coscette-giunco. Sopra, cappotti svasati, striminziti sul busto, oppure paltò di visone nelle tonalità cioccolata dei cremini. Ma tutto è un po’ rigido e punitivo.
Contro il sistema non sfilano Marithé & François Girbaud, che l’altra sera hanno ricevuto in casa presentando alcuni capi trasformabili durante una cena tutta nera. E, colpo di scena discutibile, hanno sguinzagliato in giardino una muta di veri lupi (affittati per l’occasione).