TORINO. «La società sta vincendo». All’anteprima del Festival delle Migrazioni scopriamo che c’è una partita tra la coscienza cittadina e l’indifferenza e forse persino un torneo in cui si gioca spazio personale contro logica da multinazionale, scelta sostenibile sfida sfruttamento intensivo e integrazione se la vede con discriminazione strisciante. Non solo starebbero vincendo i buoni, sta succedendo pure qui, a Torino. Lo dice Abderrahmane Amajou, Ab per gli amici. Lui lavora dentro Slow Food sul fronte delle questioni migratorie: «Persino le grandi catene di hamburger, considerate sintesi di tutti i mali, devono rivedere la filiera per essere più eque e attente. Sembra che decidano solo i giganti senza scrupoli, ma la gente sa pretendere cambiamenti». Tutto il Festival spinge a guardare al meglio e lui racconta di un progetto per chi crede nei sapori come linguaggio comune, promuove un concorso per mediatori gastronomici con l’obiettivo di trasformare Aurora «nel quartiere del cibo di tutto il mondo». Provocato a cariche di scetticismo, non cede però ammette: «Certo, la politica resta il limite, si potrebbe fare molto di più». La società sta vincendo, solo non tanti a pochi e c’è da capire quando fischiano la fine.