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Cronaca
14.05.2018 - 16:550
Aggiornamento: 19.06.2018 - 15:41

"Speriamo che il buonismo e il “politicamente corretto” non facciano capolino in aula. Stavolta sarebbe davvero imperdonabile". Stefano Piazza "presenta" il processo contro Nicolas Blancho che si terrà a Bellinzona

Il 16-17 maggio saranno giudicati dal Tribunale penale federale i leader del Consiglio centrale islamico svizzero. L'esperto di terrorismo islamico: "Vi racconto la loro storia e i motivi per i quali andranno alla sbarra"

di Stefano Piazza*

 

Violazione della legge federale che vieta i gruppi ‘al-Qaida’, ‘Stato Islamico’ e organizzazioni associate. È questo il pesante reato per il quale verranno giudicati il prossimo 16-17 maggio 2018 i convertiti svizzeri Nicolas Andrev Blancho - Abdullah al Swissri, Patrick Jerome Illi- Qassim Illi, e Naim Cherni tunisino di passaporto tedesco a capo del “Dipartimento per la produzione culturale”del gruppo.

 

I tre sono membri del Consiglio centrale islamico svizzero (Islamische Zentralrat Schweiz- IZRS) che venne fondato il 25 Ottobre 2009 proprio da Blancho e Illi e che fin dall’inizio sono stati i“dominus” del gruppo salafita. Il Consiglio centrale islamico svizzero venne fondato come riposta alla votazione popolare (novembre 2009) che impedì con il 57% dei votanti, la costruzione dei minareti in Svizzera. Il voto popolare elvetico all’epoca venne pesantemente criticato in tutto il mondo, sulla stampa apparvero articoli con titoli come “il voto della vergogna” e i commenti contro il popolo svizzero furono moltissimi. “Scioccato” si disse il ministro degli Esteri francese Kouchner, “turbato” il Consiglio d’Europa, Gianfranco Fini all’epoca esponente di rilievo del centrodestra italiano oggi alla prese con grandi problemi giudiziari disse “che era un formidabile regalo all’islamismo radicale”.

 

Per il presidente svedese dell’Ue Bildt fu “un “segnale negativo”. Gli strali arrivarono anche dalla “Conferenza dei vescovi svizzeri” e con queste parole ; “ questo risultato è un ostacolo sulla via dell'integrazione e del dialogo interreligioso nel mutuo rispetto”. Non abbiamo saputo rispondere ad alcune paure legate all'integrazione di diverse religioni e culture in Svizzera”. Il partito svizzero dei Verdi già all’epoca piu’ interessato ai musulmani che all’ambiente (lo stesso accade in molti paesi europei), si scaglio’ contro la volontà popolare; ”I musulmani non hanno ricevuto solo una sberla, ma addirittura un pugno in faccia”.

 

Cosi il convertito Nicholas Blancho che voleva costruire una grande moschea a Berna con un minareto di 30 metri, sfrutto’ questa occasione per accreditarsi in Egitto, Qatar, Emirati Arabi, Arabia Saudita e in Kuwait come il difensore dei “musulmani oppressi in Svizzera”. Non si contano piu’ le sue apparizioni sulle tv del Golfo Persico dove parlando in arabo classico e qualificandosi come rappresentante dei musulmani in Svizzera, si lancia in lunghi e vittimistici monologhi dove descrive la Svizzera come un paese “islamofobo”. In questo modo ha attratto quei finanziamenti che gli hanno consentito fino ad oggi, di svolgere molte attività di proselitismo ma non solo.

 

Nicolas Blancho oltre al vittimismo ama le provocazioni verbali e per questo ha spinto negli anni il suo gruppo ad osare sempre di più; manifestazioni di piazza, conferenze stampa surreali e vere e proprie azioni di protesta come quelle di Nora Illi (moglie svizzera di Qassim Illi) che è venuta più volte in Canton Ticino per protestare contro la legge che vieta la dissimulazione del volto facendosi fermare dalla polizia in “total burka”.

 

Durante una di queste manifestazioni arrivò il 1°luglio del 2016 a Locarno persino l'imprenditore algerino Rachid Nekkaz. Costui è’ famoso per essere colui che paga le multe in tutta Europa alle donne che nascondono il volto e da anni tenta senza fortuna, di diventare presidente dell’Algeria. Sotto i 38 gradi di “Piazza Grande” Nekkaz tenne anche un’ improvvisata conferenza stampa a sostegno di Nora Illi mentre a pochi metri di distanza l’attivista ticinese Giorgio Ghiringhelli, raccoglieva senza farsi in alcun modo intimorire dal gruppo di islamisti arrivati a supporto della Illi ( lo insultarono), le firme per estendere il divieto di dissimulazione del volto a livello nazionale.

 

Per tornare al processo presso il Tribunale penale federale di Bellinzona l’impianto accusatorio si fonda su azioni dirette commesse dai tre. Tutto ruota attorno al video-intervista ( 38 minuti) girato da Naim Cherni tra fine la settembre e la metà ottobre del 2015 in Siria. Ad essere intervistato Abdallah al-Muhaysini, leader di “Jaish al-Fatah” (‘Esercito della conquista) gruppo contiguo a “Jabhat al Nusra” oggi “Ayat Tahrir al-Sham” ("Organizzazione per la liberazione del Levante).

 

Nel video visto su YouTube da 125mila persone, Abdallah al-Muhaysini rivolgendosi ai giovani musulmani occidentali tra le molte cose , “incitava alla jihad violenta, alla fustigazione e alla lapidazione dei miscredenti”. Nicholas Blancho è accusato di aver supportato queste organizzazioni terroristiche e a suo carico, c’è anche un video del dicembre 2015 girato in un Hotel di Winterthur dove promuove il filmato.

 

Qassimi Illi invece, è accusato di aver autorizzato a pubblicare i video e in seguito di averli promossi sule piattaforme social del gruppo. Ai tre viene contestato di essersi messi a disposizione di Abdallah al-Muhaysini e dei gruppi di Al Qaeda ad essi collegati, offrendo piattaforme multimediali “consentendogli di esibire la sua persona e fare la propaganda dell’ideologia dell’organizzazione terroristica”.

 

Secondo l’accusa “ è dimostrato che al-Qaida ha potuto in tal modo rafforzare la sua attrattiva a livello mondiale per i suoi membri e sostenitori, acquisiti o potenziali”, e di conseguenza “promuovere lo sviluppo delle sue attività criminali”. L’IZRS negli scorsi giorni ha prodotto un video intitolato “Nasheed OPERATION JUSTITIA”realizzato da alcuni attivisti. Il filmato si fa beffe del processo descritto come “politico”, “senza fondamento” e a ritmo di musica rap-islamica nega ogni accusa.

 

Saranno ovviamente i giudici a decidere sulla base delle prove raccolte, del destino dei tre accusati che rischiano una pena fino a cinque anni di reclusione. In ogni caso si presenta alle istituzioni l’occasione di chiudere e una volta per tutte la partita con Nicholas Blancho (che ha la denuncia facile), e il suo gruppo che negli anni non ha prodotto se non polemiche, divisioni, e provocazioni. Senza dimenticare gli importanti costi causati alla Confederazione in materia di sicurezza.

 

Speriamo che il buonismo e il “politicamente corretto” non facciano capolino in aula. Stavolta sarebbe davvero imperdonabile.

 

*Presidente Amici Forze di Polizia

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