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Reddito di cittadinanza, ecco che fine faranno i nostri soldi: a fancazzisti e stranieri

Gino Coala
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Il massimo paradosso è che rischieremo di ospitare, in massa, i cittadini di quegli Stati europei che non ci aiutano per nulla nell' accoglienza degli immigrati extracomunitari: arriveranno da noi, a frotte, poveri di altri Paesi Ue, sfaticati e scrocconi, manodopera di basso livello o con scarsa volontà di lavorare, o addirittura veri e propri disoccupati. E questo proprio grazie a un provvedimento che pure dice di voler aiutare «gli italiani» e venire in sostegno ai «nostri» poveri. Leggi anche: Di Maio vuol già fare fuori il primo ministro: chi rischia di andarsene a casa Uno dei tanti cortocircuiti del reddito di cittadinanza preteso da Di Maio - oltre a quello di voler combattere la povertà sfasciando i conti pubblici, e a quello di incentivare l' assistenzialismo e il parassitismo sociale - è di favorire l' arrivo in Italia di disperati di altri Paesi comunitari, che potrebbero cogliere l' occasione per godere del nostro sussidio di Stato, senza contribuire né alla crescita economica né all' aumento del gettito fiscale. PARERE AUTOREVOLE A dirlo non siamo noi cattivi di Libero, ma il presidente emerito della Corte Costituzionale Cesare Mirabelli: intervistato dal Corriere della Sera, fa notare che l' intenzione di Di Maio di concedere il reddito di cittadinanza «solo agli italiani» non è realizzabile perché violerebbe la Costituzione. In sostanza, terrebbe fuori sia gli immigrati extracomunitari regolari, dotati di permesso di lungo soggiorno, che gli stranieri comunitari, equiparati - grazie all' appartenenza all' Ue - ai cittadini italiani. Ergo, lungi dal favorire solo i nostri concittadini, «una misura di questo tipo», sottolinea Mirabelli, «potrebbe essere attrattiva per i cittadini di alcuni Paesi dell' Unione europea verso quello con il sistema più generoso». È ragionevole cioè che i cittadini dei Paesi più poveri dell' Ue - Bulgaria, Romania, Croazia, Lettonia, Grecia, secondo le classifiche 2018 del Pil procapite (fonte: Cia World Factbook) - attratti dalla prospettiva del massimo guadagno col minimo sforzo si riversino in Italia a batter cassa. Ottenendo una condizione economica, con 780 euro al mese da nullafacenti, che nei loro Paesi si possono sognare. E con la possibilità, una volta rifiutato il primo, il secondo e il terzo impiego, come prevede il reddito di cittadinanza grillino, di tornare nel loro Paese col gruzzolo incassato a spese nostre. E peraltro senza aver lavorato un giorno della loro vita in Italia né versato un euro di tasse per la loro (in)attività. Una pacchia, direbbe Salvini. Il mito del reddito di cittadinanza selettivo in base alla nazionalità è dunque una bufala perché sarebbe discriminatorio molto più di quanto già non lo è su base economica (un vero reddito di cittadinanza dovrebbe essere esteso a tutti, a prescindere che si sia ricchi o meno, occupati o non). La verità dunque, se non si vuole che il provvedimento venga bocciato dalla Corte Costituzionale, è che esso deve essere un sussidio a pioggia per tutti i poveri: italiani, comunitari e non comunitari regolarmente residenti. E che il suo impatto sulle casse pubbliche rischia di sforare di molto i 10 miliardi ipotizzati da Di Maio. MILIARDI BUTTATI Per ogni cittadino comunitario semi-povero che venisse a risiedere in Italia dal 2019, insomma, il reddito ci costerebbe circa 10mila euro in più all' anno. Ipotizziamo che ne arrivino 100mila: la misura ci costerebbe un miliardo in più. Con un milione di cittadini europei scrocconi, altri dieci miliardi di spesa. E così via. Certo, è uno scenario apocalittico. Ma sarebbe la beffa, per un governo che si dice stanco di fare gli interessi dell' Europa, portarsi in Italia migliaia di europei straccioni da sfamare. Senza peraltro avere i soldi. di Gianluca Veneziani

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