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Matteo Salvini "sotto assedio", retroscena: "Lega a pezzi, Maroni sta preparando l'esercito"

Giulio Bucchi
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Fuoco amico su Matteo Salvini. Il leader della Lega non si aspettava l'uscita, molto dura e polemica, di Roberto Maroni che sul caso di Armando Siri ha colpito al cuore il partito. "Il vero problema è Giancarlo Giorgetti", ha spiegato il leghista ex ministro degli Interni ed ex governatore della Lombardia, riferendosi ai rapporti tra il potentissimo sottosegretario e il figlio del faccendiere Arata, coinvolto nell'inchiesta su Siri per corruzione. Come dire: sbaglia chi si concentra su Siri, perché il pesce grosso è il numero due della Lega e, di riflesso, Salvini. Leggi anche: "Perché per colpa loro siamo nel pantano". Maroni devastante, come azzera Di Maio in diretta Più che una difesa, è sembrata a molti una sottile minaccia proprio al Capitano. Non a caso, spiega un retroscena del Giorno, Salvini "inizia a sentirsi sotto assedio", anche perché i governatori leghisti Fontana (Lombardia) e Zaia (Veneto) hanno perso la pazienza sull'autonomia regionale e chiedono alla Lega di andare in pressing sui 5 Stelle. L'uscita di Maroni, è il sospetto, potrebbe essere il primo segnale di insubordinazione dei vertici "nordisti" che si sentirebbero traditi dalla svolta nazionale della Lega, anche alla luce di vicende come reddito di cittadinanza e Tav. Bobo, spiega ancora il retroscena, "punta a creare un movimento autonomista e nordista che sia sì federato e alleato ma anche distinto dalla Lega". Accanto a lui ci sono i bossiani della prima ora (Francesco Speroni e Mario Borghezio) che "sognano di andarsene da una Lega non più padana e ormai romana" e quel movimento "Grande Nord" fondato proprio da Roberto Bernardelli, "tra i precursori della Lega lombarda insieme al Bossi, più altri ex leghisti padani duri e puri (Arrighini, Reguzzoni, Martini, Rossi, tutti ex deputati). Tutti peraltro convinti che se il potere di Giorgetti verrà attaccato, sotto schiaffo ci finirà pure Salvini.

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