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Renato Farina, le sette prove che inchiodano Di Maio e il Pd: vanno insieme e si schiantano

Gino Coala
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Ci risiamo. La sinistra ha rintracciato un' altra sua costola dopo che D' Alema la individuò nella Lega Nord di Umberto Bossi. Stavolta Zingaretti la sta palpando con prudente ingordigia tra le scapole di Di Maio e Fico. Sono in corso prove tecniche di fidanzamento tra Partito Democratico (+ Leu) e Movimento 5 Stelle. Fanno reciprocamente i ritrosi, un po' come certe coppiette in fieri al Grande Fratello Vip, ma i segnali di un' unione di convenienza (l' amore non esiste in politica) ci sono tutti. 1- Lo stato maggiore grillino ha constatato che il matrimonio con Salvini equivale all' accoppiamento con una mantide: ti bacia e poi ti mangia. La cronaca di un anno lo dimostra. Da qui la ricerca di un pretesto per rompere. 2- Il più notevole casus belli è stato e continua ad essere il caso di Armando Siri. Senza neppure leggere un rigo dell' avviso di garanzia Di Maio e Toninelli hanno sospeso le deleghe al sottosegretario leghista, e ora pretendono che Salvini lo costringa alle dimissioni. Tale e quale è stata la richiesta del Pd di Zingaretti. E così si sono specchiati gli uni nel forcaiolismo degli altri, entrambi interpreti di quella doppia morale che da Togliatti in poi è stato costume dei compagni. I grillini con la Raggi e la Appendino hanno infatti valutato l' indagine come una medaglia al merito, invece con l' Armando vale la storia della canzone di Jannacci: l' han buttato giù dalla macchina. CODE DI PAGLIA 3- Improvvisamente, come ha ricordato ieri Lucia Annunziata, i Cinquestelle si sono scoperti partigiani. Un mese fa Di Maio si è scandalizzato per le alleanze europee della Lega. Negli ultimi giorni oltre a Giggino, anche Giuseppe Conte e Virginia Raggi hanno fatto i fenomeni alle manifestazioni del 25 aprile: ne sono stati i protagonisti agitando le loro code di paglia nella sarabanda delle bandiere rosse. 4- Nicola Zingaretti e il suo circo hanno capito che l' opposizione logora molto più del potere. Per risalire la corrente hanno svoltato verso l' antico. E qui hanno trovato sulla stessa rotta i seguaci del comico genovese, che vengono in gran parte dai centri sociali. Basta centro, al diavolo tentazioni di inciuci con Forza Italia, il Pd gioca all' ala sinistra. Ed è a questo punto che Enrico Franceschini, il più rapido della compagnia a cambiare le vele e a girare il timone, ha puntato esplicitamente a un futuro di governo con i grillini. 5- Da un po' di tempo si stavano elaborando giustificazioni ideologiche per la copula politica. Già nel dicembre scorso Micromega aveva riproposto una distinzione tra populismi. Uccidere quello di destra, impalmare quello grillino. Un articolo di Giacomo Russo Spena aveva questo titolo: «Solo il populismo (di sinistra) ci salverà». Ora il Pd - dopo le mosse dell' ultimo mese di Di Maio & C. - sta togliendo le parentesi. Persino un uomo prudente e avveduto come Enrico Letta da mesi aveva intravisto questa possibile congiunzione. Era stato il primo a elogiare come provvedimento sacrosanto e da appoggiare come figlio legittimo dei progressisti il reddito di cittadinanza made in Cinquestelle. ODIO COMUNE 6- Ce la faranno a diventare soci? Dopo anni di botte da orbi intanto stanno abbattendo muri e costruendo ponti, in ossequio agli slogan di moda. Tutto congiura al fatale connubio. Se l' amore in politica, specie nella formazione di alleanze, è un sentimento volubile e poco redditizio, l' odio è un collante formidabile. M5S e Pd+Leu proprio il 25 aprile hanno condotto congiuntamente una esercitazione paramilitare per isolare ed eliminare il Nemico Comune, identificandolo con Salvini. Da qui alla decisione di una fuitina insieme il passo è molto breve. 7- Vediamo ora il versante della Lega. Che fare? A Salvini conviene stare a guardare. I due soggetti, agitandosi all' unisono contro di lui per fargli la pelle, finiranno per incaprettarsi. Qui sta la prevedibile differenza di destino tra il capo della Lega e Renzi. Il Matteo fiorentino diede guerra a tutti, finendo per trafiggersi con il suo stesso spiedo per troppo impeto. Il Matteo milanese lascia che gli avversari affondino nei loro ridicoli appelli partigiani. Ciao, belli. di Renato Farina

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