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Immigrati e morti in mare, il grafico che smentisce la sinistra

Fausto Carioti
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Dopo il naufragio di Cutro, il numero di immigrati vittime della traversata verso l’Italia è diventato argomento quotidiano di polemica politica. È stato così anche ieri, nel dibattito alla Camera, quando Nicola Fratoianni, segretario di Sinistra italiana, ha accusato Giorgia Meloni di avere «contribuito ad aumentare i morti nel mar Mediterraneo». I numeri, però, raccontano una storia molto diversa: durante tutti gli ultimi governi della sinistra, il pericolo di morire in mare è stato più alto di quanto lo sia con questo esecutivo. Organizzazioni internazionali come l’Alto commissariato Onu per i rifugiati (Unhcr) danno le cifre “ufficiali”, per quanto approssimative, dei morti e dei dispersi: queste ci dicono quanti disperati perdono la vita durante la traversata, ma nulla ci fanno capire, ad esempio, della pericolosità del loro viaggio, la quale dipende da molte cose, incluso l’impegno profuso dai governi per salvare chi rischia il naufragio.

 


Per comprendere meglio il fenomeno, allora, occorre fare un calcolo diverso, ossia il rapporto tra il numero delle vittime del viaggio e quanti ne sbarcano. Mille morti hanno infatti un certo significato se a partire erano stati in ventimila, e ne hanno uno molto diverso se a tentare la traversata erano stati appena duemila. A fare questa analisi, elaborando i dati dell’Unhcr, sono stati il sociologo Luca Ricolfi e l’analista Luca Princivalle, della Fondazione Hume. Il risultato, pubblicato sul quotidiano La Ragione, smentisce molti luoghi comuni cari alla sinistra. Iniziando da quello che di questi tempi va per la maggiore: «A dispetto della tragedia di Cutro», scrive Ricolfi, «la rischiosità dei viaggi – misurata dal numero dei morti o dispersi per 100 migranti sbarcati – è oggi al minimo storico dai tempi del governo Renzi».


Il semplice calcolo dei migranti scomparsi nel Mediterraneo dice che il governo che ne ha visti di più è proprio quello che fu guidato dall’ex sindaco di Firenze: con lui a palazzo Chigi si contarono, in media, 11,9 morti in mare al giorno. Il dato in apparenza migliore appartiene invece al secondo governo Conte, quello giallorosso, con una media quotidiana di 3,7 vittime. Il governo Meloni, in carica dal 22 ottobre, si colloca a metà, con 6,8 annegati al giorno: meno del governo Gentiloni (7,5), più del governo Draghi (5,9) e del primo governo Conte (5,6). Ma questo, appunto, è solo un modo di raccontare la storia, e non il più completo. Se si tiene conto di quanti immigrati sono partiti in direzione dell’Italia, e dunque del numero degli sbarcati, emerge tutto un altro quadro.

 

 


IL RECORD 
Il primo governo Conte, quello gialloverde, aveva avuto pochi morti perché c’erano state pochissime partenze. Nonostante il basso numero assoluto di vittime, il tasso di mortalità di quelle traversate fu di gran lunga il più alto tra quelli visti durante gli ultimi sei governi: si contarono, in media, 16,6 morti o dispersi in mare ogni cento sbarcati. Con lo stesso parametro, il secondo governo che ha visto annegare più immigrati è l’altro esecutivo guidato dal giurista di Volturara Appula, che riportò il Pd al governo: per ogni cento che giunsero sani e salvi sulle nostre sponde, ne scomparvero 4,6 tra i flutti.


L’esecutivo col quale risulta esserci la quota di morti in mare più bassa è proprio quello in carica: 1,7 vittime ogni cento sbarcati. La fredda analisi dei dati dice che mai, negli ultimi nove anni, i viaggi di chi si imbarca per l’Italia sono stati meno pericolosi di adesso. Da questi numeri Ricolfi trae comunque una morale sconsolante, perché nessuna strategia pare funzionare. «La politica dei porti chiusi», scrive, «fa esplodere la rischiosità dei viaggi e così mantiene alto il numero delle morti nel Mediterraneo. La politica dei porti aperti alimenta il traffico di esseri umani, facendo lievitare un giro di affari che è già dell’ordine dei miliardi di euro. L’apertura di nuovi corridoi umanitari (sicuramente auspicabile) non fermerebbe i trafficanti, che soddisfano una domanda di posti in Europa ben superiore all’offerta. Il blocco delle partenze e i respingimenti assesterebbero un colpo mortale al business dei migranti, ma cozzano con il senso di umanità e il diritto internazionale». Non esistono soluzioni facili, insomma (ma questo già si era capito). 

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